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 2008  ottobre 25 Sabato calendario

MILANO

Centotrenta pagine. Tante ne sono servite, alla dottoressa Kastner, per disporre sul tavolo tutti i frammenti del rompicapo che porta il nome di Josef Fritzl. L’uomo che, per 24 anni, ha tenuto prigioniera in cantina la figlia Elisabeth, oggi 42enne. Con il padre, Elisabeth ha concepito 7 bambini; uno è morto, tre hanno condiviso il suo destino di murata viva.
Adelheid Kastner si è trovata per sei volte faccia a faccia con il «mostro di Amstetten». La sua perizia, depositata pochi giorni fa al tribunale di Sankt Pölten, è l’ultimo tassello dell’inchiesta; il processo inizierà entro fine anno. Perché se pure la psichiatra non sa spiegare quale sia stato il cortocircuito che ha innescato uno dei casi di cronaca più spaventosi vissuti dall’Austria moderna, alla fine del suo rapporto ci sono due parole: voll zurechnungsfähig.
«Pienamente capace di intendere e volere». Processabile.
Doveva restare riservata, la perizia della dottoressa Kastner. E invece, quelle 130 pagine in tedesco asettico, ad arginare un orrore durato un quarto di secolo, sono finite sui tavoli da cucina di tutte le famiglie austriache. Ampi stralci pubblicati dai tabloid
sterreich e Kronen-Zeitung,
«il mercato della curiosità », polemizzava ieri la Süddeutsche Zeitung. Seguiva domanda retorica: come sono finite, quelle carte, nelle mani dei giornalisti? «Vorremmo saperlo anche noi», è sbottato Gerhard Sedlacek, portavoce della procura.
Il caso Fritzl, del resto, aveva scatenato da subito una concorrenza spietata tra i media scandalistici. L’avvocato di Fritzl, Rudolf Mayer, che pure aveva dato loro in pasto la confessione del suo cliente, nega di essere la «talpa ». Sta di fatto che le riflessioni di Adelheid Kastner sono passate dai fascicoli dei pm alle rotative, senza esitazioni né censure. I lettori sono avvertiti: «Questo testo non è per nervi fragili», scrive la sterreich.
Josef Fritzl, annota la psichiatra nella sua relazione, «è come un vulcano. Si sente lacerato, ha dichiarato di avere una vena maligna ». Grazie a un’intelligenza sopra la norma, ha condotto la sua doppia vita senza soccombere all’ansia. «Sono nato per stuprare », proclama, prima di raccontare la sua infanzia di bambino indesiderato e maltrattato, la madre che ne ignorava i bisogni più elementari, la mancanza della figura paterna. E ancora, la sessualità disturbata, i primi tentativi di stupro nell’adolescenza. Elisabeth era la vittima predestinata di quest’uomo dalla personalità narcisista, «emotivamente instabile e immaturo». Dal momento in cui riuscì a rinchiuderla in quella cantina, ricorda Josef, «non ebbi più rapporti con mia moglie Rosi», perché «finalmente avevo un essere umano tutto per me». «Non l’ho mai guardata in faccia, mentre facevamo sesso – aggiunge ”. Le ho fatto fare tanti figli perché rimanesse con me». E «ai miei figli ho offerto, date le circostanze, una buona vita. Gli portavo materiale scolastico... giocattoli, altalene, animali domestici ». Nella sua mente, nessun sadismo. Neanche quando li lascia senza luce, o senza cibo. Sulla Rete, l’Austria si scatena. E la parola d’ordine sembra una sola: pena capitale. «Mi basterebbe un albero per far passare questo mostro dalla vita alla morte», scrive Manfred1953. «Peccato che non siamo in California », aggiunge Karibik007. L’unica a tacere, nella ridda frenetica di sussurri e grida, è la dottoressa Kastner; «Quel che avevo da dire, l’ho scritto», ha dichiarato alla SZ. Nella perizia si legge: «Fritzl sogna di poter trascorrere il crepuscolo della sua vita con Rosi». Su questo, però, Sedlacek ha già messo un punto fermo: la procura dà per assodato che Josef resterà rinchiuso per il resto dei suoi giorni. La Kastner è d’accordo: «C’è da temere che possa ancora commettere atti molto gravi». Si raccomanda l’internamento in istituto psichiatrico per detenuti ad alta pericolosità; data l’età, 73 anni, ogni guarigione è improbabile. E ora, che il processo inizi.
Gabriela Jacomella