25 ottobre 2008
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 27 OTTOBRE 2008
«Sarà come un raggio di sole in un momento piuttosto delicato per l’economia italiana»: così la settimana scorsa Domenico Dolce (Dolce&Gabbana) ha commentato la notizia che David Beckham, «il più bello, il più ricco e il più celebre calciatore del mondo», vestirà da gennaio la maglia del Milan. «Avrà un grande impatto mediatico, il suo modo di vestire farà tendenza e anche dal punto di vista sportivo ci saranno conseguenze importanti, allo stadio andranno più persone. David è come una rock star, è un personaggio trasversale: piace agli uomini, alle donne e ai gay», ha spiegato lo stilista. [1] Il professor Chadwick del Centre for the International Business of Sport dell’Università di Coventry: «Il marchio Beckham è ancora un fenomeno globale e anche in questa fase di crisi finanziaria la sua stella in regioni come il Medio Oriente e l’Asia farà guadagnare al Milan nei pochi mesi del prestito almeno 10 milioni di sterline (13 milioni di euro)». [2]
Figlio di un montatore di cucine e di una parrucchiera [3], Beckham nacque il 2 maggio 1975 nel popoloso quartiere di Leytonstone, Londra Est. La Gazzetta dello Sport (Giancarlo Galavotti) parlò per la prima volta di lui in occasione dell’esordio in prima squadra, addirittura in Champions League, il 7 dicembre 1994 contro il Galatasaray. Elio Trifari: «Il Manchester tenta la disperata impresa di scavalcare il Göteborg, poi fallita, e butta dentro i ragazzini: David, entrato nella rosa a 17 anni, segna uno degli inutili 4 gol con i quali l’United seppellisce i turchi». [4] Col Manchester United giocò in tutto (ultima stagione la 2002/2003) 391 partite segnando 79 reti, in bacheca 6 campionati inglesi, una Champions League e un’Intercontinentale. [5]
Nel 1999 Beckham finì al secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro, preceduto solo dal brasiliano Rivaldo. Per capirsi, è meglio di quanto abbiano fatto nella loro intera carriera alcuni miti del calcio italiano come Maldini (al massimo 3°), Del Piero (4°), Totti (5°). Anche negli anni migliori, però, ha dovuto combattere la fama di ”sopravvalutato”. Giampiero Mughini. «Beckham è al livello di Zambrotta, solo che ha una moglie diversa e comunica con le adolescenti». [6] Carlo Tecce: «Beckham ha sfruttato alla perfezione le sue opportunità. Perché da giovane proletario, più bello che bravo, più furbo che talentuoso, s’è inventato icona pop del calcio e della moda, dei pettegolezzi e delle fantasie erotiche. Fortunato a giocare nel Manchester United di Roy Keane, Giggs e Sheringham, benedetto da un destro preciso e teatrale, intelligente a sposare - chissà se per amore - Victoria Adams, la più kitsch delle Spice Girls». [7]
Anche i colleghi gli hanno spesso riservato critiche feroci. George Best, altra leggendaria ala del Manchester United: «Non calcia di sinistro, non segna molto, non colpisce di testa e non va in tackle. A parte questo, è a posto». [8] Maradona: «Beckham è troppo carino per un campo da calcio. tanto carino che sembra una donna». [9] Lui ha sempre ammesso: «Scatto e velocità non sono mai state le mie armi migliori. Ma so sempre spedire il pallone dove fa danni». [10] Spiegò nel 2003 Claudio Ranieri, all’epoca sulla panchina del Chelsea, oggi su quella della Juve: «Il suo è un ruolo quasi unico: Beckham fa il regista, ma invece di giocare al centro si muove sulla linea di destra. Tu gli dai la palla e lui sa già dove calciarla: trenta, quaranta metri di lancio perfetti. Gioca ad occhi chiusi e mette il pallone dove vuole». [11]
Il personaggio Beckham ha rovinato il calciatore Beckham nello stesso modo in cui la bolla finanziaria ha piegato l’economia reale. Massimo Gramellini: «Non era affatto spiacevole vederlo correre a testa alta sulla zona destra del campo per poi spennellare delizie al centro dell’area. Se si fosse limitato a produrre assist, punizioni e calci d’angolo (l’economia reale del calcio), avrebbe avuto una carriera ricca di successi e un posto d’onore nella memoria dei tifosi. Invece ha preteso sempre di più: le sfilate di moda, le foto di copertina, la vita dispendiosa e vuota delle star hollywoodiane. Il personaggio si è mangiato un po’ alla volta il calciatore». [12] Giulia Zonca: «Fino al 2003 ha giocato a calcio poi ha giocato con il calcio e ha vinto spesso». [13]
Le quattro stagioni al Real Madrid furono avare di soddisfazioni sul campo, non dal punto di vista economico. Mario Sconcerti: «Beckham nel Real non ha mai reso molto dal punto di vista tecnico, ma ha portato 24 milioni di euro l’anno in diritti d’immagine, una cifra equivalente al fatturato di almeno dieci società della nostra serie A. Negli anni di Beckham i guadagni del Real sono cresciuti del 73%». [14] Non tutti i soci però gradirono questa politica. Una lamentela tra le tante lette e ascoltate in quegli anni: «Siamo diventati una rivendita di magliette, non un club vincente. Basti pensare che avevamo in mano Ronaldinho e Beckham era del Barcellona, poi è cambiato tutto: ora il Barcellona con Ronaldinho vince, ma noi ci consoliamo perché la maglietta di Beckham è la più venduta...». [15]
«David Beckham è un’icona dei tempi moderni. La sua fama va ben oltre il mondo del calcio: rappresenta oggi il concetto di uomo moderno: eroe sportivo, marito e padre, e possiede anche un gran senso dello stile» ha detto Giorgio Armani, che l’ha scelto come testimonial di punta. [16] Beckham e la moglie sono gli alfieri del ”co-marketing”, l’archetipo della coppia Velina-Calciatore che tanto spazio s’è presa nell’immaginario occidentale degli ultimi anni. Raffalla Silipo: «Si sono sposati nel 1999, hanno tre figli, un castello in Gran Bretagna e probabilmente si detestano da un pezzo, ma nonostante le continue voci di divorzio imminente ci pensano bene prima di separare - economicamente - le loro vite. La loro infatti è una joint venture dal potere contrattuale enorme, partita dalle periferie britanniche e dilagata su scala mondiale». [17] Maria Laura Rodotà: «Se Andy Warhol fosse vivo, di fronte ai Beckham sarebbe colpito da ictus». [18]
«Beckham potrebbe essere visto come il Tony Blair del calcio, un uomo che ha cambiato qualcosa ma rimane incapace di mantenere le grandi promesse», ha scritto Paolo Hewitt, autore di The fashion of football. [19] Più che di calciatore, nel suo caso è giusto parlare di «calciattore» (Gianni Mura). [20] Nel 2004 www.celebritystudy.com condusse un sondaggio per scoprire chi fosse l’’eroe” preferito dai giovani britannici (2500 intervistati): Beckham arrivò primo, 123mi e ultimi Gesù e Bush. [21] Nello stesso 2004 il marocchino Mohamed Bekkali, supertifoso di Beckham in carcere per la strage di Madrid, confidò che tra i più bei giorni della sua vita c’era il 5 giugno 2003, quando il capitano della nazionale inglese gli aveva autografato un biglietto di buon compleanno. [22]
Dal 2007 Beckham gioca con i Los Angeles Galaxy. Enrico Franceschini: «Ha scelto l’America, probabilmente perché i Galaxy gli hanno presentato la proposta economicamente più allettante: un contratto quinquennale da 270 milioni di dollari (210 milioni di euro), 54 milioni di dollari a stagione, che ne fanno il calciatore più pagato del mondo (e uno dei top ten di tutti gli sport), senza contare le ricche sponsorizzazioni che lo attendono se riuscirà a conquistare gli Usa, in campo e fuori, come ha fatto finora nel resto del pianeta». [23] Gli americani lo hanno accolto da subito con scetticismo. Charles Barkley, ex star della Nba: «Dicono che farà diventare il calcio uno sport di massa ma qui non c’è riuscito neanche Pelé e Beckham non è Pelé». [24] «La cheerleader più costosa del mondo – e pensare che non ha neanche le tette», fu il commento di uno dei programmi radio più seguiti dagli sportivi americani. [25]
Con Beckham in rosa, i Galaxy hanno ottenuto 14 vittorie, 11 pareggi e 22 sconfitte. In 29 partite, il suo contributo è stato pari a 5 gol e 11 assist. Riccardo Romani: «Quando arrivò a Los Angeles per la prima volta, lo fece con sollievo: ”Qui non mi considerano l’uomo più famoso della terra. Il mio amico Tom Cruise lo è molto più di me. Posso persino andare al supermercato da solo, senza trovarmi circondato dai paparazzi”. La seconda scoperta della sua vita californiana, David Beckham non la trovò particolarmente piacevole: fu quando si accorse che oltre che al supermarket, poteva passeggiare pure a metà campo del suo stadio di Carson, senza che praticamente nessuno lo notasse». [26]
Il prestito al Milan durante la pausa del campionato Usa sarebbe un’idea di Fabio Capello, ct dell’Inghilterra (ma tutti gli interessati smentiscono questa versione). Galavotti: «Un mese fa, prima di Croazia-Inghilterra, Beckham ha chiesto a Capello se gli bastava allenarsi in gennaio per la convocazione contro la Spagna, nell’amichevole dell’11 febbraio 2009. ”Se non giochi in campionato, niente da fare”, la risposta. Arsenal e Manchester United erano pronti ad aiutarlo, ma non a farlo giocare. Così è partita la telefonata per il Milan. Il Milan che aveva cercato in tutti i modi di prendere Beckham nel maggio 2007. Galliani si è subito detto entusiasta». [27] Tesserabile dal 7 gennaio, Beckham dovrebbe seguire il Milan nel ritiro invernale di Dubai per protrarre la sua avventura italiana fino alla fine di marzo. [28] Kakà: «Magari in quei due mesi l’ambiente gli piacerà talmente che deciderà di rimanere, chissà». [29]
Il Milan di Berlusconi è stata la prima società sportiva italiana ad essere fortemente anche società di comunicazione e di business collegato al calcio. Antonello Capone: «David Beckham è stato il primo campione dello sport a diventare star di grandezza assoluta capace di competere con quelle del pop e del cinema, diventando testimonial dei più prestigiosi marchi mondiali: il matrimonio con la Spice Girl, Victoria Adams, ha allargato ancor più le sfere dell’immagine ed ha aperto i sogni di milioni di persone in tutto il mondo a nuove favole con re e regine moderni. Il Milan e Beckham hanno portato due rivoluzioni che hanno aperto ere nuove. Magari è singolare che si incontrino soltanto adesso. Hanno deciso di farlo finché sono ancora in tempo di centuplicare, unendosi, risorse che già da sole sono da primato». [30]