Fabio Monti, Corriere della Sera 25/10/2008, 25 ottobre 2008
MILANO – È
il derby n. 223, centouno anni dopo il primo: 13 gennaio 1907, 2-1 per il Toro. È un derby diverso, con le due squadre lontano dalla testa della classifica e dagli anni Settanta, la stagione d’oro di Torino, quando la sfida fra bianconeri e granata, come nel secondo dopoguerra (il Grande Torino contro la prima Juve di Boniperti) valeva per lo scudetto.
Il segno della rinascita torinista coincide con il 26 marzo ’72: da una parte c’è Gustavo Giagnoni, l’uomo del colbacco, dall’altra Cestmir Vyckpalek. La Juve si presenta da prima in classifica e con tre punti di vantaggio; segna Anastasi, pareggia Claudio Sala, Agroppi firma il sorpasso. Il vantaggio scende a un punto, viene azzerato il 9 aprile e, una settimana dopo, i granata operano il sorpasso: 1-0 all’Atalanta, con la Juve che pareggia a Mantova (1-1). Ma la svolta del campionato è dietro l’angolo: il 23 aprile, la Juve travolge l’Inter (tris di Causio) e il Torino perde in casa del Milan. il primo scudetto dell’era Boniperti.
Passano tre anni. Carlo Parola, che ha vinto il campionato, guida la Juve, prima in classifica, ma al Torino è arrivato Gigi Radice, che interpreta come pochi altri allenatori lo spirito del derby. Così non soltanto vince quello di andata (7 dicembre: 2-0, Graziani e Pulici) e il Torino che arriva a un punto dai rivali, ma mette le mani sullo scudetto in quello di ritorno. La Juve che ha cinque punti di vantaggio, perde a Cesena (21 marzo) e perde il derby (1-2, 28 marzo), prima sul campo e poi a tavolino (un petardo ha colpito Castellini). Il Torino deve soltanto aspettare una settimana per il sorpasso (4 aprile), che alla fine vale il titolo: batte il Milan 2-1, mentre la Juve cade a San Siro contro l’Inter (0-1).
Parola lascia, Boniperti sceglie Giovanni Trapattoni: il derby del 5 dicembre ’76 è anche una sfida fra due amici veri, che hanno giocato insieme nel Milan campione d’Italia (’62) e d’Europa (’63). Un’amicizia nata il giorno in cui Radice, rivolgendosi a Trapattoni, appena promosso in prima squadra, gli dice: «Eh, biondino, ho visto che stai dalle mie parti, ti do un passaggio». Scarica Trapattoni davanti alla casa di Cusano, prima di proseguire per Cesano. Però Radix non fa sconti all’amico nel primo faccia a faccia: 2-0 per il Torino, 5 dicembre ’76, sempre Graziani e Pulici. Nasce la convinzione che la Juve soffra il derby e che il Torino vincerà anche al ritorno. La Juve è in testa di un punto. Prima ancora di cominciare, la classifica mette in evidenza lo strapotere del calcio torinese: 73 punti contro i 44 di Inter e Milan, i 43 di Roma e Lazio, i 38 di Genoa e Samp. Trapattoni ha imparato la lezione: il derby finisce 1-1 (Causio e Pulici), ma a comandare il gioco stavolta è la Juve, che alla fine vince lo scudetto con 51 punti, uno in più dei granata, ai quali era riuscito l’aggancio (24 aprile ’77), durato soltanto una settimana. Anche in quel 3 aprile ’77, Trapattoni e Radice tornano a casa insieme e non in 500.
La grandeur torinese ha un’appendice all’inizio degli anni Ottanta, in coincidenza con la presidenza granata di Sergio Rossi, che ridà forza al Torino, dopoché Orfeo Pianelli si è svenato per tenere in piedi la società. Bersellini perde il primo derby e l’imbattibilità (Platini, 21 novembre ’82), ma si vendica al ritorno (27 marzo ’83) con i tre gol in rimonta in tre minuti (3-2, scudetto alla Roma) e nel derby del 23 ottobre ’83 (2-1, espulso Boniek). Al ritorno, Platini dipinge due punizioni, dopo il gol di Selvaggi (2-1, 26 febbraio ’84) e la Juve vince lo scudetto. Torna Radice, in tempo per vincere il primo derby al 90’, con Serena (18 novembre ’84). Il Torino alla fine arriva secondo, davanti alla Juve. Ma non è più come una volta.
Fabio Monti