Alberta Marzotto, Affari & Finanza 20/10/2008, 20 ottobre 2008
Affari & Finanza, lunedì 20 ottobre Viste e sentite in riva al Tamigi. Mentre la City si lecca le ferite sempre più profonde inferte dalla crisi finanziaria, a due chilometri di distanza, da Annabel’s, il club più esclusivo di Mayfair, si parlava di come si dovesse nominare il cesso
Affari & Finanza, lunedì 20 ottobre Viste e sentite in riva al Tamigi. Mentre la City si lecca le ferite sempre più profonde inferte dalla crisi finanziaria, a due chilometri di distanza, da Annabel’s, il club più esclusivo di Mayfair, si parlava di come si dovesse nominare il cesso. Naturalmente non era l’unico argomento delle conversazioni all’ora dell’aperitivo quando è d’obbligo prendere seriamente le cose leggere e con leggerezza quelle serie. Si accennava anche, per esempio, alla curiosa coincidenza di come a Londra, proprio nel giorno del fallimento della Lehman Brothers, 50 Ferrari fossero state puntualmente messe in vendita. E tuttavia per un po’ il nome del cesso ha tenuto banco benché non fosse un argomento veramente nuovo. A porre il problema, infatti, era stata qualche tempo fa nientemeno che la regina Elisabetta. Sua Maestà, dicono, si era tanto stupita quando la mamma di Kate Middleton, fidanzata del nipote William, aveva chiesto del cesso di Buckingham Palace chiamandolo toilet. Quell’espressione così common, a parere dei royal watchers, era la prova della mancanza di classe dei Middleton: il segnale che avrebbe dovuto sconsigliare all’erede dell’erede al trono la prosecuzione del fidanzamento. Nell’eterno duello tra gli snob e i molto snob, essere considerati common, ovvero ordinari, banali, è il peggiore degli insulti. E però la bella Kate e il giovane William si sono lasciati e poi rimessi assieme come capita ai giovani innamorati, disattenti alle maldicenze dei vecchi. Ragion per cui toilet sarà una parola pronunciabile nella famiglia reale. Ci si potrebbe scommettere. E si potrebbe pure costruire un’opzione future sull’accettazione a termine del modo di dire da parte dell’upper class che, del resto, a suo tempo accettò il risvolto dei pantaloni. Ma probabilmente lo sdoganamento è già in atto. Anche da Annabel’s. Nel Regno Unito, nelle classi alte s’intende, per decenni il cesso è stato indicato in un’infinità di modi diversi, ma mai con il suo nome esatto: toilet. Chissà, forse perché troppo diretto o perché troppo francese, a toilet si preferiva loo, wc, lavatory, john (che, in verità, vuol dire anche un’altra cosa…), bog, bathroom, powderroom, ladies, gents e perfino la più piccola stanza della casa o, all’americana, rest room. Ma la globalizzazione detta le nuove regole. Raccontano che un anziano gentiluomo un po’ prostatico, socio del club, ha rischiato il peggio chiedendo del loo in un ristorante elegante sì ma con i camerieri rumeni, estoni e birmani che continuavano a sorridere senza capire e ha trovato finalmente l’agognato sollievo quando dal loo è passato a toilet. Un minuto di vera necessità può più di mille anni di snobismo. Alberta Marzotto