Sergio Romano, Corriere della Sera 24/10/2008, 24 ottobre 2008
Mi è veramente difficile immaginare un Saddam Hussein a fianco dell’Occidente nella lotta al terrorismo islamico
Mi è veramente difficile immaginare un Saddam Hussein a fianco dell’Occidente nella lotta al terrorismo islamico. Che interesse avrebbe avuto, visto che il 95% degli iracheni sono islamici? E poi in cambio di che cosa si sarebbe impegnato? Della bomba atomica? Luca Cremaschi lucacremaschi@inwind.it Caro Cremaschi, Lei si riferisce a una risposta in cui ho scritto che Saddam Hussein avrebbe potuto essere un efficace alleato degli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo e che l’invasione del-l’Iraq, se questo era effettivamente il principale obiettivo della politica di Bush, fu un errore. Il Paese, come lei osserva, è prevalentemente musulmano. Ma il partito Baath, di cui Saddam fu il principale esponente iracheno, venne fondato nel 1940 da un cristiano della Siria e fu sempre detestato dai movimenti islamici del Medio Oriente. Il fondatore si chiamava Michel Aflaq. Negli anni Trenta, con una borsa di studio, andò a Parigi, si iscrisse alla Sorbona, lesse voracemente le opere dei maggiori pensatori delle generazioni precedenti, da Marx a Nietzsche, da Mazzini a Lenin. Erano gli anni in cui gli studenti socialisti e comunisti si scontravano nelle vie del Quartiere Latino con i militanti delle Leghe d’ispirazione nazionalista e fascista. Nel fascismo italiano e nel nazional- socialismo tedesco Aflaq credette di trovare tutti gli ingredienti necessari alla modernizzazione delle società arabe e alla nascita di un grande movimento pan-arabo: un partito di massa, un apparato composto da militanti laici, una società militarizzata e pronta a difendere la patria contro le potenze coloniali, una economia diretta dall’alto con una forte partecipazione dello Stato, capace di dare lavoro e prosperità ai ceti più miserabili della popolazione. Quando tornò in patria, nel 1934, divenne insegnante nelle scuole medie, ma non smise di agitare progetti politici e di lavorare alla creazione di un grande movimento. Il Baath (in arabo, risorgimento o rinascita) fu costituito nel 1940 e divenne partito dopo la fine della guerra, nel 1947. Lo slogan preferito da Aflaq in quegli anni era: «Il socialismo è il corpo, l’unità araba è l’anima». Odiato dagli islamisti, il Baath si divise ben presto in diverse fazioni. I panarabisti erano favorevoli all’unione della Siria con l’Egitto di Gamal Abdel Nasser. I nazionalisti preferivano puntare sulla creazione di un forte Stato siriano. I massimalisti predicavano l’intervento massiccio dello Stato nell’economia. I moderati preferivano un sistema in cui le aziende dello Stato avrebbero convissuto con l’economia del bazar. Queste divisioni non impedirono tuttavia al Baath iracheno e al Baath siriano di conquistare il potere, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. Deluso dal prevalere delle tendenze nazionaliste, Aflaq perdette il controllo del movimento, ma conservò il rispetto e l’amicizia fedele di Saddam Hussein che lo volle accanto a sé per alcuni anni. Morì, probabilmente a Bagdad, nel 1989. Anche Saddam tradì l’ispirazione ideale di Aflaq. Il suo regime divenne tirannico, clientelare, poliziesco e duramente repressivo, soprattutto verso la maggioranza sciita e il gruppo nazionale curdo. Ma lo stile dello Stato fu quello del Baath, vale a dire nazionalista, laico e socialista. E gli islamisti detestarono Saddam quanto detestavano l’America di Bush. La tesi secondo cui i servizi segreti iracheni avevano relazioni cordiali con Al Qaeda, di cui gli Stati Uniti si servirono per giustificare la guerra irachena, si dimostrò del tutto infondata. Debbo quindi insistere, caro Cremaschi. Per la guerra al terrore, se era questa la maggiore preoccupazione di Bush, Saddam sarebbe stato un buon alleato, non un nemico da distruggere.