Alessandro Capponi, Corriere della Sera 24/10/2008, 24 ottobre 2008
DAL NOSTRO INVIATO
PERUGIA – Niente più sogni, Amanda Knox. L’unico che fa è un incubo, con il giudice che le dice di rimanere in prigione e lei che non trova parole, solo un’esclamazione: «Ah». in carcere a Perugia da quasi un anno, accusata di aver violentato e assassinato – insieme con Rudy Guede e Raffaele Sollecito – la sua coinquilina inglese, Meredith Kercher. Il pm nella requisitoria ha detto che è stata Amanda: lei aveva il coltello, lei ha ucciso. Durante un gioco erotico finito male. Una storia terribile. Lei, Amanda Marie Knox, ha ventun’anni: nelle parole che scambia con i suoi familiari, nei colloqui in prigione, racconta quest’esperienza – «in carcere l’unica cosa da fare è sopravvivere, farsi i fatti propri» – ma soprattutto se stessa. «Vorrei fare due tatuaggi. Uno piccolo su una spalla, e sul polso vorrei le parole di una canzone di Jovanotti, "io lo so che non sono solo anche quando sono solo" ». Desideri tipici dell’età, certo: ma niente più sogni, Amanda Knox.
Scrive lettere una dopo l’altra, in prigione: «Per risparmiare, ne metto tre per la stessa persona nella stessa busta». Il 23 aprile, per lei, è stato un giorno importante: «Ho fatto la prima telefonata a casa, dieci minuti. A un certo punto una voce ha detto "terminato" ed è caduta la linea». Le è mancata la musica: «Sono stata senza per cinque mesi. Poi mi hanno dato un lettore cd». La passione per Jovanotti è nata così. «Ma ho imparato anche "Je so’ pazzo" di Pino Daniele». Anche se quando spiega alla mamma dei dialetti italiani ride perché «il napoletano, per me, è quasi incomprensibile ». La sua vita, adesso, ha ritmi precisi: «Vado a dormire alle dieci, ogni sera. La tv e le luci accese non mi danno fastidio, crollo. Una volta mi hanno dato una pillola ma non ne prenderò mai più: non riuscivo ad alzarmi dal letto». Non ne ha bisogno: «Ora va meglio – dice a maggio – ho smesso di pensare al peggio». dentro da un anno, passato a segnare sul calendario le date delle udienze, dei ricorsi. La prossima scadenza è martedì, quando il giudice deciderà se proscioglierla o, molto più probabilmente, processarla. «Io spero che non ci vogliano vent’anni. Se è uno, un anno, allora okay, meglio di venti ».
Lì dentro si tiene in forma, non solo quella del corpo: «Suono la chitarra col maestro Michele, studio cinese, tedesco e italiano. Mangio verdure e formaggio, vado pazza per il parmigiano, non tocco né pasta né pane, sono diventata vegetariana». Pesa sessanta chili, è dimagrita, ora è una taglia 38. Il suo è un caso anche mediatico: per fare un esempio noto, dopo l’arresto ha ricevuto «migliaia di lettere di ammiratori». Lei, in ogni caso, guarda poca tv, quasi niente: «Dicono solo bullshit », idiozie. Giusto «il Grande Fratello il lunedì sera, lo commento con le vicine di cella». E però «i media mi intimoriscono. Una delle preoccupazioni per quando uscirò è cosa dire ai giornalisti: non posso dire solo "vado a casa, grazie"». sempre preoccupata di quello che dice la gente: quando le raccontano la versione americana della storia – l’onda innocentista che arriva da Seattle – lei chiede sempre come reagiscono gli altri, gli amici ma anche l’opinione pubblica. A ventun’anni, ha le speranze di quell’età lì, progetti senza sbarre: «Potrei fare l’interprete per le organizzazioni no profit». E ancora: «Vorrei andare in India. E fare il Pacific Crest Trail, un percorso montuoso che dal confine tra Messico e Stati Uniti arriva in Canada. Vorrei andare con Dj, il mio ragazzo americano. Mamma, digli di dirmi che mi ama». Sia chiaro: Amanda viso d’angelo Knox, sa bene di essere ascoltata. sarcastica, a volte: «Se mi ascoltano cosa diranno, che Amanda è impazzita? ». Macché, «io non darò mai di matto».
La vita in carcere, ovvio, non è stata semplice: per dire, con una compagna di cella non s’è trovata, ha ricevuto anche delle avances. «Una volta che era giù l’ho abbracciata, lei mi ha detto se volevo fare sesso. Ma io non sono lesbica». L’amore, ecco: con Raffaele Sollecito la storia è finita perché «io non voglio più pensare a lui, è stata una storia di due settimane e adesso sono passati mesi». Con i genitori si mostra solida e forte, quasi sempre. A volte piange, soprattutto con il padre. Lui la abbraccia, le racconta dell’America. Lei ricomincia a parlare del processo: «Pensavo che Rudy stesse per confessare, un giorno, ho urlato dalla gioia. Lui è un uomo disperato, ma mi sta rompendo le palle». Ha buoni rapporti col cappellano, a volte suona la chitarra a messa: durante una cerimonia religiosa «il vescovo dell’Umbria mi ha lavato e baciato i piedi, non ci potevo credere, a me che non sono nessuno». Ecco, racconta cose così. Vorrebbe «una t-shirt con la scritta "Free Amanda"», di quelle di moda a Seattle. Parla raramente di Meredith, solo una volta dice che «i suoi familiari soffrono più di tutti». Spesso parla dei libri che legge, e della speranza di pubblicarne uno suo per spiegare l’esperienza del carcere, «anche se avrò difficoltà a promuoverlo...». Il padre le dice che un editore s’è già mostrato interessato. Sarebbe un sogno, per lei, che di notte non ne ha più.
Alessandro Capponi