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 2008  ottobre 24 Venerdì calendario

MAURIZIO MOLINARI

CORRISPONDENTE DA NEW YORK
Un cucciolo di orso morto e coperto da immagini di Obama, una foto del candidato democratico impiccata a un’esca da pesca o a un albero, timbri che raffigurano Barack come la testa di un asino fra polli fritti e cartelloni in cui viene disegnato con un vistoso turbante islamico. Il razzismo si fa vedere nella fase finale della campagna elettorale e a documentarlo è un rapporto del «Southern Poverty Law Center» di Montgomery, in Alabama, arrivando alla conclusione che si tratta «non di una campagna organizzata ma di una miriade di fatti isolati» che hanno come genesi «il fatto che molti bianchi sentono che l’America gli sta scappando di mano, di fronte agli occhi».
L’effetto congiunto di sondaggi che descrivono un’incombente vittoria di Obama e di una crisi economica che allontana la classe media dai repubblicani, porta molti singoli a considerare imminente «l’inizio della fine«, come sottolinea Mark Potok, direttore del «Center», riferendosi all’insediamento di un «presidente nero alla Casa Bianca». I gesti di razzismo vengono dunque da «cittadini rabbiosi» nei confronti di un esito che sentono di non poter evitare. Da qui la scelta di un gruppo di universitari di uccidere un cucciolo di orso nero e gettarlo in mezzo al campus della Western Carolina University, in North Carolina, ricoprendolo di insegne di Barack, alcune delle quali attaccate alla testa.
Le autorità dell’ateneo hanno parlato di goliardia ma per il «Center» si tratta della cartina di tornasole del «razzismo del XXI secolo», come lo definisce lo storico della Michigan State University Ronald Hall, leggendo tale episodio assieme a quelli analoghi avvenuti nelle ultime settimane dall’Oregon all’Ohio, dalla California al Missouri fino al New Jersey dove la «Lega dei patrioti americani» ha spedito per posta migliaia di esemplari di un opuscolo nel quale si racconta l’imminente arrivo al potere di un «Black Ruler» avviato a distruggere la nazione.
I «patrioti americani» sono l’unico gruppo di suprematisti bianchi che fino a questo momento ha preso iniziative anti-Obama ma la base dei militanti - stimata in centomila persone - potrebbe innescare disordini in caso di vittoria di Barack nell’Election Night. A temerlo sono le polizie di metropoli ad alta percentuale di afroamericani come Detroit, Chicago, Oakland e Filadelfia. Gli stessi sceriffi temono però anche il rischio che una sconfitta a sorpresa di Obama possa spingere gli attivisti neri a scatenare disordini.
Descrivendo un razzismo composto da numerosi micro-eventi, il rapporto del «Center» rilancia anche l’ipotesi che ciò possa indebolire la candidatura di Obama riproponendo l’effetto-Bradley: i bianchi che nel segreto dell’urna decidono di non votare per un nero. Ma David Axelrod, stratega democratico, non si preoccupa più di tanto: «Abbiamo messo in conto il fenomeno del razzismo, ma non ha dimensioni tali da rovesciare l’esito elettorale a favore di Barack Obama».

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