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 2008  ottobre 23 Giovedì calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

WASHINGTON – «Costano, le donne costano, più dei motori, dei gioielli e delle lacrime», cantava Ornella Vanoni. Se n’è accorto suo malgrado il Republican National Committee con Sarah Palin. Da quando John McCain l’ha scelta a sorpresa come sua vice, a fine agosto, la governatrice dell’Alaska ha speso più di 150 mila dollari in vestiti e accessori per sé e la propria famiglia. A saldare il conto, alimentando polemiche e perfino dubbi sulla legalità della procedura, è stato il Partito repubblicano che ha attinto ai suoi fondi elettorali, costituiti con donazioni private. Lo rivela Politico, quotidiano online, che ha spulciato fra i resoconti finanziari del partito.
Il frenetico shopping di Sarah Palin è cominciato proprio all’inizio di settembre a Saint Paul, Minnesota, in concomitanza con la convenzione repubblicana: il conto da Saks Fifth Avenue, i grandi magazzini di lusso con base a New York, è stato di 41.850 dollari. Pochi giorni dopo, nella città gemella di Minneapolis Palin ha speso altri 75.062 dollari da Neiman Marcus, altro tempio dell’eleganza. Qualche capetto, per la bazzeccola di 7 mila dollari, la signora che canta le parche virtù dell’America profonda se l’è concesso anche da Saks Fifth Avenue a New York, in margine alla sessione dell’Onu, negli intervalli tra un tè con Henry Kissinger e una foto con il presidente afghano Hamid Karzai. Fra gli altri conti di Palin ci sono stati poi quelli inviati da parrucchieri e artisti del trucco, per un totale di 4100 dollari. Una piccola parte dei soldi è stata dedicata a rivestire anche Todd, onnipresente marito di Sarah.
Non che siano stati denari gettati via. Da quando è salita alla ribalta nazionale, Palin ha fatto la sua figura sfoggiando mises a ripetizione. La sua acconciatura è diventata un cult. I suoi occhiali sono andati a ruba. Ma gli esperti della materia esprimono riserve sulla compatibilità tra le regole della Federal Electoral Commission e l’uso personale dei fondi della campagna.
Il campo repubblicano reagisce indignato: «Con tutti i temi che stanno di fronte al Paese, è degno di nota che si possa sprecare tempo a parlare di tailleur e bluse», ha detto la portavoce di Palin, Tracey Schmitt. Ma ha aggiunto «che è stato sempre nostro intento dare i vestiti in beneficenza dopo la campagna».
Eppure, in altre stagioni, i repubblicani non hanno avuto pietà per le indulgenze modaiole degli avversari. Come nel 2006, quando scorticarono Hillary Clinton per aver speso 3 mila dollari in due sessioni dal parrucchiere. O nel 2004, quando per l’intera campagna presidenziale non smisero mai di punzecchiare John Edwards, il candidato alla vice-presidenza, che si era concesso un taglio di capelli da 400 dollari. Come si ricorderà, non gli servì a molto.
Paolo Valentino