Paolo D’Agostini, la Repubblica 23/10/2008, 23 ottobre 2008
Christian De Sica nella sua casa borghese, stesso pianerottolo della mamma Maria Mercader. Appena tornato dalle riprese del film di Natale in Brasile, è in apprensione per il debutto da regista del figlio Brando che domani al Festival di Roma presenta Parlami di me
Christian De Sica nella sua casa borghese, stesso pianerottolo della mamma Maria Mercader. Appena tornato dalle riprese del film di Natale in Brasile, è in apprensione per il debutto da regista del figlio Brando che domani al Festival di Roma presenta Parlami di me. Film sull´omonimo musical in cui il padre rende omaggio a suo padre. Tre generazioni De Sica. Filo conduttore di Figlio di papà, azzeccato titolo dell´autobiografia di Christian («Merito di Cottafavi, l´editor») fresco di arrivo in libreria. E così Christian ricorda gli inizi: «Quando Costanzo mi ha scritturato m´ha detto: tu democratico non lo sembrerai mai. Sei uno stronzo figlio di papà e quindi devi fare il figlio di papà. Esagera. Mettiti il frac. Parla birignaoso. Almeno si chiederanno: "Ma chi è ´sto stronzo?". E così ti noteranno. E infatti ebbe ragione perché poi davvero tutti si chiesero: ma chi è questo stronzo? Tant´è che piano piano lo stronzo lo imparai a fare e mi feci notare, così, facendo il figlio di papà». La prima cosa è congratularsi per una lettura leggera ma densa. La seconda è confessare la sorpresa. Riguardo alla memoria di papà Vittorio che è l´anima del libro, Christian risolve con stile due punti chiave. Taglia corto sull´abusata aneddotica della doppia famiglia e della febbre del gioco, restituisce la realtà che è stata dolorosa. E sa comunicare la semplice grandezza di un uomo che riuniva in sé "il signore d´altri tempi" e il "diplomato ragioniere", il divo di Parlami d´amore Mariù e il maresciallo Carotenuto, l´audacia di Umberto D. e il padre tradizionalista che diffidava del "pederasta" Visconti («Ma quali attenzioni! Io e mio fratello Manuel eravamo due ciccioni e a lui piacevano i ragazzini eterei»), il comunista e il fedele che avrebbe sofferto a vedersi negati i sacramenti perché bigamo. «Io ho solo raccontato la verità. Ho avuto la fortuna di avere un padre così e la sfortuna di essere figlio di un vecchio, perso troppo presto; frustrato nel bisogno di averlo vicino quando ho intrapreso il suo stesso mestiere. Ma ho conosciuto proprio tutti: da Chaplin in avanti. Quindi sono una miniera (compreso lo zio che ha ammazzato Trotzki: esatto, Ramon Mercader) ed è di questa miniera il merito di memorie tanto ricche anche se scritte da un "comicarolo", da quello dei film panettone. Testimone di una favola fantastica. Basti solo la possibilità di frequentare Zavattini: non può immaginare che gioia, da adolescente, trascorrere pomeriggi interi a casa sua quando mi insegnava che l´unico libro da leggere era Il Capitale». I privilegi capitano, ma non è detto che poi si sia all´altezza. «Penso di averne saputo fare tesoro ma la verità è che mi ha detto proprio bene. M´hanno fatto soffrire: ero grasso, antipatico, stavo sul cazzo a tutti. "Ancora quel rompiscatole del figlio di De Sica!". E non mi ha aiutato nessuno dei coetanei, amici, colleghi di mio padre, che erano tutti i più grandi. Me lo sono sudato il risultato. C´avevo un fisico borghese che in un cinema così democratico non andava, nasco brillante e per essere credibile come compagno di Calà, Boldi, di mio cognato Verdone, avendo studiato (con Carlo) al Nazareno, colto e bene educato, un signorino con tutti trenta e lode, ho faticato. E, credetemi, non è così facile portare quelle cifre (nelle tasche dei produttori soprattutto) ogni anno e per tanti anni». Una miniera: infatti non si sa che cosa scegliere del libro. Ma una cosa dovrebbe dirla, qui. Che cosa ha reso così speciale suo padre? «Mi ha sempre colpito di lui il rispetto per la dignità degli esseri umani e per la sensibilità delle persone umili. Senza populismo. Diceva: i ricchi non hanno dignità. Non posso scordare come parlava della "classe di Umberto D., un professore, un intellettuale che non ce la fa più a vivere". Contro tutti lo volle antipatico. Diceva: deve essere così, non lo posso interpretare io perché io sono De Sica, non crederebbero alla solitudine di quest´uomo colto costretto a vendersi i vocabolari mantenendo la sua dignità. Tutto quello che è riuscito a mettere dentro quella storia, pietas, sensibilità, bontà: guardi che è difficilissimo. Lo so che ci sono la grandezza di Visconti, quella di Rosi e ora quella di Gomorra, ma quella grandezza lì non l´ha raggiunta mai nessun altro. Io neanche mi avvicinerò a quello che ha fatto lui (una sola cosa: canto meglio). Comunque, e non lo voglio usare come alibi, quell´Italia meravigliosa non c´è più: papà faceva la veglia a Togliatti e girava Umberto D. in principe di Galles, e comprava ogni domenica la pastarelle e ogni Natale portava il vischio a mia madre. Provinciale quanto ti pare, ma che classe! Adesso siamo un paese di cafoni». Suo padre non è stato consapevole di quello che ha fatto? «Ma neanche Rossellini. Neanche Chaplin. Il contrario di quelli che hanno fatto un film e dicono "il mio cinema". Mio padre non ha mai fatto scrivere sui titoli di testa "un film di", sempre "regia di". E ho detto tutto. Quello che ho imparato io, nel mio piccolo, è dire grazie tutti i giorni per il culo - con rispetto parlando - che ho avuto, perché mi pagano e bene per cantare e divertirmi. Ringrazia Dio che fai il cinema, mi disse Fellini - ero ragazzo e mi lagnavo di non ottenere parti più importanti - e non l´ho dimenticato. "Facce ride!": il mio dovere, e per fortuna ancora il mio piacere, è di far ridere. E ho anche imparato che per fare questo lavoro devi anche essere un po´ stupido. Non scherzo, all´attore l´intelligenza non serve tanto. E, quando sogno mio padre che mi dà consigli, immagino che mi suggerisca questo: non bisogna crescere troppo». Questo libro come Parlami di me contiene il sentimento della mancanza di suo padre. La mancanza di una risposta che non avrà mai: sarebbe stato deluso, sarebbe stato fiero? «Credo che mi avrebbe detto "bravo". Mi ha visto una sola volta, quando ho debuttato in un varietà a Montecarlo, in platea Gene Kelly, Nurejev, Ranieri con Grace, e mio padre. Dietro le quinte, con me, Josephine Baker anziana, io me la facevo sotto e lei mi ha spinto sul palco. Alla fine papà, tranquillo: ce l´hai fatta. vero, ce l´ho fatta».