Enrico Bonerandi, la Repubblica 23/10/2008, 23 ottobre 2008
ENRICO BONERANDI
MILANO - Esce dai cancelli che è ancora buio, con il cappellino blu sugli occhi, infagottato nel giubbotto col cappuccio. Sono le 7 e 20 del mattino e come lui ce ne sono tanti che a quell´ora si stringono nelle giacche per difendersi dal freddo, un bel po´ di strada in auto per raggiungere il lavoro, i fari accesi e già il traffico che stringe in una morsa la periferia milanese. Otto ore, ancora auto e traffico. Poi di nuovo a casa.
Solo che lui non è come gli altri. Quasi la metà (17) dei suoi 34 anni li ha passati in una cella. Il luogo in cui «abita» e dove torna a sera è il carcere di Opera. Uscirne per andare a guadagnarsi il pane è un premio. Ieri era il primo giorno di lavoro di Pietro Maso, lo studente di Montecchia di Crosara che ammazzò padre e madre per incassarne l´eredità e fare la bella vita. Qualche permesso premio, una ragazza incontrata in una comunità di recupero che forse lo vorrebbe sposare, il diploma di ragioneria in carcere e il giudice di sorveglianza che riconosce il suo «percorso di redenzione» concedendogli la semilibertà a 13 anni dalla fine della pena: di giorno al lavoro esterno, la notte di nuovo in cella. Sempre che la Procura generale non impugni il provvedimento. E che lui non sgarri, come non ha mai sgarrato in carcere, dove ne dicono solo bene anche se qualche traccia del suo carattere «fortemente narcisista», che lo perse da ragazzo quando aveva in mente di sterminare la famiglia intera per avere denaro da buttare in auto e vestiti firmati, sembra essergli rimasta.
Maso all´alba esce dal carcere insieme ad altri due semi-liberi. Un saluto con la mano e via al parcheggio esterno dove c´è la sua vecchia auto, una Fiesta rossa targata Verona. Sembra ancora un ragazzo, la barba di un paio di settimane che lo invecchia un po´. Accende il motore che arranca e parte, riuscendo per un tratto a seminare i cronisti. Alle 8 e mezzo arriva a Peschiera Borromeo, vicino a Linate, davanti al prefabbricato color arancione di un´azienda informatica, l´Elettrodata, un centinaio di dipendenti. E lì che lavorerà dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18, per rientrare a Opera alle 19. Un lavoro a tempo determinato, sei mesi, che gli ha procurato la cooperativa Coelet, non nuova alla collocazione di persone bisognose di reinserimento sociale.
Pietro è smarrito. Non sa da che porta entrare in azienda. In mano stringe un foglio con l´indirizzo. Dice solo: «Scusatemi, devo andare al lavoro». Qualche minuto più tardi, un dipendente della Elettrodata conduce l´auto di Maso nella spazio interno. Il titolare dell´azienda si schermisce: «Non cerchiamo pubblicità. Crediamo in questa cosa e domandiamo la massima privacy». Preoccupati? «No. Non è la prima volta. Abbiamo motivazioni etiche, anche se ci saranno degli sgravi fiscali come quando si impiega un disabile». Cosa avete detto a chi lavorerà con Maso? «Nulla». In realtà la consegna è quella di non rilasciare alcuna dichiarazione a stampa e tv. In azienda arrivano i due avvocati di Maso, Roberto Braguti e Maria Pia Licata. Cauti è dir poco. Si dicono «fiduciosi» sul proprio assistito, rispettano ogni «legittima opinione» sulla sua vicenda e sono pronti ad accettare qualsiasi decisione in merito della Procura generale.
Ogni tanto gruppetti di dipendenti escono nel parcheggio a fumare una sigaretta. «Non so. Normale», commentano i più loquaci: «Tranquillo». Che lavoro precisamente farà Maso non si sa. Operaio e magazziniere, pare. Sui mille euro di stipendio. Un buon impiego, con l´aria che tira. «Appunto. Nostro figlio avrebbe voluto entrare, ma non l´hanno preso - protesta una coppia che si aggira nei pressi con un cane al guinzaglio - E invece per uno così un posto l´hanno trovato». Poco prima delle sei, dopo che qualcuno è andato a far benzina con la sua macchina e l´ha piazzata vicino al portone, Pietro Maso esce, sempre col cappellino calcato sugli occhi e senza dire una parola. Sembra parecchio più nervoso di quando è arrivato. Chissà. Forse il ritorno «a casa» è più duro che andare al lavoro.