Vanni Cornero, La Stampa 23/10/2008, 23 ottobre 2008
Oltre un anno di bufere sui mercati finanziari ha fatto danni anche ai portafogli più robusti del nostro Paese
Oltre un anno di bufere sui mercati finanziari ha fatto danni anche ai portafogli più robusti del nostro Paese. L’elenco di quelli che l’Associazione italiana private banking classifica come «high net worth individual» (alto valore netto individuale), ossia la categoria dei ricchi che a livello famigliare dispongono di una liquidità superiore ai 500.000 euro (quindi escludendo le proprietà immobiliari), per la prima volta dal 2004 si sfoltisce. Oggi il patrimonio complessivo di questi fortunati è stimato in 779 miliardi di euro, con un calo del 6% sul 2007 e del 15% sul numero delle famiglie iscritte a questo club esclusivo, passate a 594.000 dalle 694.000 dell’anno scorso e le 703.000 del 2006. «Da quando abbiamo avviato questa indagine - spiega Federico Taddei, presidente della commissione tecnica marketing di Aipb - fronteggiamo per la prima volta una contrazione. Questo a causa della crisi finanziaria globale, anche se i suoi effetti sono stati in buona misura mitigati dal rapido riposizionamento nei portafogli dei clienti, che si sono indirizzati verso aree di investimento meno rischiose». Infatti, dopo le batoste, gli investitori hanno ripiegato su strumenti più sicuri nei portafogli «private», come titoli obbligazionari (al 49% contro il 37% nel 2007), mentre l’8% è rappresentato da quote di fondi comuni (prima erano al 19%), un altro 8% da azioni quotate (11% nel 2007), il 14% da gestioni patrimoniali (17% in precedenza), il 6% da prodotti assicurativi (5% l’anno scorso). Il 15%, infine, è in depositi, contro il 10% del 2007. L’identikit di questo investitore individua per il 64% persone che dichiarano di affidare la gestione del proprio capitale a più di una istituzione, mentre chi dichiara di essere più propenso di prima a delegare la gestione del proprio portafoglio passa dal 54% del 2007 al 58% del 2008. Nella mappa della ricchezza Milano, Roma e Torino sono le province in cui si riscontra la maggiore concentrazione di capitali liquidi. Su scala regionale, invece, la Lombardia, con il 24,6% della ricchezza, si conferma anche per l’anno in corso l’area al primo posto della classifica (a Milano seguono nell’ordine Brescia e Bergamo e Varese), seppur con una lieve flessione rispetto al 2007, quando la percentuale toccava il 25,1%. Tutte le altre regioni seguono a parecchie lunghezze: 10,7% il Lazio, 9,5% l’Emilia Romagna, 8,3% il Piemonte, 8,1% il Veneto, 6,7% la Toscana, 5,7% la Campania, 4,7% la Sicilia, 4,1% la Puglia, 2,7% le Marche, 2,8% il Friuli-Venezia giulia, il 2,6% la Liguria, 1,9% la Calabria, 1,8% la Sardegna, 1,7% l’Abruzzo, 1,3% l’Umbria, 0,6% la Basilicata, 0,3% il Molise e, maglia nera con lo 0,2%, la Valle d’Aosta. Stampa Articolo