Giulia Zonca, La Stampa 23/10/2008, 23 ottobre 2008
GIULIA ZONCA
Il marchio che cammina sta per arrivare nella sua città ideale: David Beckham a Milano è un’icona che trova casa. Moda, marketing, pubblicità, sfilate e una squadra in prestito, il Milan che dovrebbe scucire 1 milione di euro per tre mesi e averne indietro 6,5 tra biglietti, magliette vendute, tournée e merchindising vario, almeno secondo la proiezione di quanto Beckham ha spostato altrove.
Che sia una macchina da soldi non è una novità: è il simbolo del calcio cash da quando stava al Manchester United e giocava a pallone a tempo pieno: 391 partite, 79 reti, 6 campionati inglesi, una Champions League e un’Intercontinentale perché sia chiaro che è uno che ha imparato bene la parabola dei talenti, non un miracolato. Fino al 2003 ha giocato a calcio poi ha giocato con il calcio e ha vinto spesso. A 33 anni è in perfette condizioni fisiche il che non significa che sia integro, solo molto allenato, dettaglio buono per i tecnici e gli stilisti che sfruttano il torace muscoloso per esaltare il pubblico gay e affascinare quello femminile. Il Milan ha già contato le abbonate, 2400, numero da duplicare e parametro da inserire nell’accordo che ancora non esiste e rappresenta una nuova frontiera: il calciatore gettone, una fase matura della carriera in cui chi si è costruito un nome può sfruttarlo. Beckham non lascia l’America e il contratto firmato con i Los Angeles Galaxy due anni fa, quello è una polizza a vita con mille clausole e troppi introiti. Lui si trasferisce, per la prima volta senza famiglia al seguito, a tempo determinato perché ad aprile deve tornare in California. Resta a Milano il tempo di una mostra temporanea alla Triennale, di uno spettacolo in cartellone al Piccolo Teatro, di una stagione dell’Isola dei famosi, prodotta proprio lì, in via Mecenate. un evento, altra parola che si abbina perfettamente al luogo, una performance che prevede anche qualche partita, soprattutto quelle all’estero: Coppa Uefa e trasferta natalizia a Dubai, il posto migliore per iniziare la collaborazione.
Non c’è niente di scritto, il Milan e Beckham dovrebbero trovarsi negli Emirati Arabi il 29 dicembre, gli avvocati e il Milan invece si incontreranno la prossima settimana per assicurare ogni centimetro del calciatore e del contratto. Un’operazione complicata che qualche esperto dentro l’entourage rossonero si rifiuta di dare per scontata. Bisogna tenere conto di quanto l’ex Spice Boy vale, di quanti settori coinvolge e a sentire Giorgio Armani, che lo paga per esibire mutande, sono parecchi: «Il suo arrivo è una ventata di ottimismo non soltanto per la squadra ma per la città». Il Milan è più che contento anche se in Inghilterra l’hanno ribattezzato «Has been hotel», il rifugio di quelli che furono. Beckham ha le ginocchia delicate e l’agenda affollata però è uno che non perde un allenamento, non crea un problema e di certo non si aspetta di essere titolare, né reggerebbe il ritmo. Sull’atleta garantisce Capello, oggi tecnico dell’Inghilterra. Ha mandato il suo uomo di fiducia, Franco Baldini, a vedere Beckham in America e proprio Baldini ha telefonato ad Ancelotti, allenatore del Milan, per rassicurarlo. Un marchio è obbligato a darsi da fare, niente notti a tirar tardi nei locali o vita sregolata alla Ronaldo, l’ultimo degli «has been» passati dal Milan. Con il brasiliano andò malissimo, era rotto, grasso, svogliato e invendibile, Beckham è un affare. Si sa gestire, ha portato il pallone nei salotti buoni, punta a giocare i Mondiali del 2010 ed è testimonial delle Olimpiadi di Londra. In circolazione almeno fino al 2012, troppo futuro programmato per permettersi fallimenti.
Ogni sua apparizione è studiata. Simon Fuller, il signore che fa materialmente i conti sul nome del suo assistito, arriverà a Milano con idee chiare e pochi margini di trattativa. Non cerca guadagni enormi, ma garanzie. Buoni partner, tempo autogestito e in cambio promette serietà: un prodotto sicuro. Non un giocatore, ma David Beckham, un marchio in tournée che fa tappa a Milano.
Stampa Articolo