Raffaello Masci, La Stampa 23/10/2008, 23 ottobre 2008
RAFFAELLO MASCI
ROMA
Il dossier, in totale, è costituito da 11 tabelle relative alla scuola e 13 all’università. Numeri. Solo numeri. Eppure si tratta di una offensiva mediatica fortissima quella sferrata ieri dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini per «smascherare», dati alla mano, le «bugie» che la sinistra avrebbe sbandierato per aizzare le piazze contro il governo. Ma quando non c’è un’autorità terza a dirimere eventuali dispute, ai «numeri oggettivi» possono essere opposti altri numeri altrettanto oggettivi. E così, al dossier Berlusconi, se ne contrappone un altro del Pd.
La disputa maggiore è quella sul tempo pieno, «nessun passo indietro» ha detto la Gelmini. Maria Coscia (Pd) è convinta invece che verrà ridotto drasticamente. Il governo, all’opposto, sostiene che l’esubero dei maestri consentirà un forte incremento l’anno prossimo di 2.350, fino a 3.950 classi in più nel 2013.
Più controversa la distribuzione degli alunni per classe. La Finanziaria impone dei tagli di organico (87 mila docenti e 43 mila amministrativi) in tre anni. Questo comporta che ogni regione avrà una riduzione di personale e dovrà scegliere tra due vie: o mantenere le sedi scolastiche così come sono e allora gli insegnanti saranno pochi e le classi, specie nelle grandi città, molto affollate (fino a 33 allievi), oppure potranno decidere di non ingolfare le classi ma allora alcune sedi scolastiche verrebbero sacrificate. Il governo invece sostiene che si potrà avere botte piena e moglie ubriaca: gli alunni per classe saranno in media 18 e al massimo 26.
Il maestro unico poi, non sarà «unico ma prevalente» ha chiarito Berlusconi, in quanto ce ne saranno altri: di inglese, di ginnastica, di religione e anche di informatica. L’opposizione fa notare che è «fuffa», in quanto quei maestri esistevano già prima, e il docente di fatto diventa uno.
Qualcuno aveva obiettato che sarebbero state ridotte le ore di lingua straniera, ma Berlusconi ha chiarito che restano quelle che erano: 1 in prima elementare, 2 in seconda, 3 nelle classi successive). Con una aggiunta: le altre due ore della seconda lingua potranno essere destinate, se si vorrà, sempre all’inglese.
Quanto al personale, dice sempre il governo, non ci sarà alcun licenziamento, ma solo un blocco del turn over che ridurrà l’organico di 130 mila unità in tre anni, d’altronde «in Italia oggi c’è un docente ogni 9 alunni, mentre in Europa la media è di 13» e i lavoratori della scuola sono troppi: 1,3 milioni. In realtà quelli della scuola (senza l’università) sono meno di 900 mila e diventeranno 750 mila dopo i tagli.
Dopo il dossier scuola, il ministro Gelmini ha anche annunciato un disegno di legge sull’università a cui sta lavorando. Non è entrata nel merito ma ha fatto, sempre a suon di numeri, una diagnosi impietosa della situazione: le nostre università sono 94, cioè troppe, e soprattutto troppe sono le sedi distaccate (320). Una grande semina per un pessimo raccolto, dato che produciamo meno laureati del Cile (tra i 250 e i 300 mila l’anno) distribuiti in un numero esorbitante e pletorico di corsi di laurea (5.500, più del doppio di quelli attivati nel 2001) 37 dei quali con un solo studente e 327 facoltà con meno di 15 allievi. Uno spreco enorme di risorse, tant’è che molti atenei hanno bilanci in forte sofferenza e 5 - Firenze, Pisa, Siena, Urbino e Camerino - sono prossimi al dissesto.
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