???, La Stampa 23/10/2008, 23 ottobre 2008
Ora che Berlusconi flette i muscoli contro la protesta, dovrebbe essere da vigliacchi dire che la manifestazione del Pd a Roma sarebbe preferibile non farla
Ora che Berlusconi flette i muscoli contro la protesta, dovrebbe essere da vigliacchi dire che la manifestazione del Pd a Roma sarebbe preferibile non farla. Ma dal momento che il dilemma «corteo sì, corteo no» non ha mai riguardato una decisione pratica, è stato semmai solo un buon modo di discutere le pratiche dell’opposizione, penso che si possa continuare a parlarne senza evocare disfattismi. Ieri a Roma è stata l’ennesima bella giornata di questa stagione. Strade, vicoli, università e piazze piene: in particolare piena era piazza Farnese, ma non di turisti. L’ampio quadrato definito da ristoranti, bar e palazzi storici è diventato per l’intero giorno, dal mattino a quasi sera, la sede all’aperto della facoltà di Fisica della Sapienza. Due lavagne trasportate a mano dall’Università e appoggiate alla base di marmo di una delle fontane hanno fatto da piano di lavoro, mentre centinaia di studenti a ogni ora si sono alternati disciplinatamente seduti a terra, in differenti classi, con diversi professori, per differenti lezioni. Alla fine della giornata il corso era stato rispettato fino in fondo. Venerdì Fisica farà lezione davanti a Montecitorio. Non è stata ieri l’unica classe all’aperto in Italia, di sicuro non è stata l’unica protesta. Ma qui parliamo della Facoltà di Fisica, un posto con poco più di seicento studenti, un posto dove lavorano aspiranti premi Nobel, come Cabibbo, un posto le cui aule sono intitolate a Fermi e Majorana, e i cui ricercatori lavorano al progetto Cern di Ginevra, per non dire poi che è la stessa facoltà cui si è attribuita la responsabilità, pochi mesi fa, d’aver impedito al Papa di entrare alla Sapienza. Che cosa avreste chiesto - tanto per curiosità - a questi protestatari illustri? La mia prima domanda è stata: a che organizzazione appartenete? La risposta corale: nessuna. Siamo contro l’occupazione, siamo fuori da ogni collettivo, e questo è un modo per farci sentire («contro i tagli che eliminerebbero alcune punte di eccellenza nella ricerca»), ma senza smettere di studiare. Altra domanda: andrete al corteo del 25 ottobre? Risposte vaghe: a quello del 30 che riguarda la scuola di sicuro. Del 25 non ne abbiamo nemmeno parlato. Se ieri aveste avuto la pazienza di continuare a seguire non tutti ma almeno un po’ di altri appuntamenti della protesta della scuola a Roma, molto spesso avreste sentito parole simili. Non ci vado il 25, non mi unisco alla politica, mettere in mezzo la politica oggi significa rovinare tutto. Questo è il clima prevalente nella scuola (salvo che nei gruppi che fanno riferimento in vario modo al Pd, e ce ne sono parecchi e molto forti in vari istituti, insegnanti inclusi). Vuol dire che il corteo del Pd non rappresentarà nessuno? Non esattamente. Vuol dire però chiedere con una certa precisione che cosa sia il raduno nazionale del 25 e a che cosa serva. Non mi inoltro nella critica alla ritualità e alla inutilità dei cortei in generale. Da parecchio tempo la sinistra ha imparato a conoscere i limiti dell’uso e abuso di questo strumento. I cortei, ormai lo sanno tutti, sono in ogni caso una rappresentazione. Possono essere giustificati per cause di minoranza da portare all’attenzione generale, o per una specifica vertenza, magari per mettere sotto pressione l’avversario. Quello previsto sabato dal Pd appare invece parte di una diversa tradizione: un corteo come richiamo per contarsi e farsi contare. Che il Pd abbia fatto questa convocazione è comprensibile e condivisibile, nel suo attuale momento politico, ma va anche detto esplicitamente che essa serve a questi due propositi: serve insomma a ridare adrenalina a un corpo elettorale bastonato dalla sconfitta. Cosa che del resto Berlusconi ha sempre fatto per le stesse ragioni nei mesi dopo ogni sconfitta elettorale. Ma se si pensa a un corteo che possa oggi proporre una piattaforma generale dell’iniziativa della sinistra, allora siamo fuori segno rispetto al problema centrale di quest’area politica. Il centro sinistra è debole perché ha una crisi di rappresentanza dentro il Paese reale. Una crisi di sfiducia, di qualunquismo, di delusione, chiamatela come volete. sufficiente dire che questa crisi si esprime non solo nella perdita di consenso a favore della destra, ma anche nella distanza da quella che dovrebbe essere la sua base naturale. Operai e non solo: giovani, professionisti, la vasta intellighenzia diffusa che compone le società moderne. Un corteo generale (che auguro al Pd ampio, colorato e appassionato) di sicuro non serve a riprendere a colloquiare con questi strati che di colloquio con il centro sinistra non ne hanno più.