Franco Foresta Martin, Corriere della Sera 21/10/2008, 21 ottobre 2008
CONTRASTI TRA LA UE E L’ITALIA SULLE NORME ANTIINQUINAMENTO (CLIMA, AMBIENTE)
ROMA – «Sul Protocollo di Kyoto bisogna ricominciare daccapo, riconsiderare tutto partendo da ambiente, clima e energia, altrimenti l’economia europea andrà in affanno ».
Detta così, da uno dei più accreditati climatologi in campo internazionale, il professor Franco Prodi, dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, fratello dell’ex presidente del consiglio Romano, sembra una lancia spezzata a favore del governo italiano e contro la politica della Commissione Europea. Ma il professor Prodi non ama le semplificazioni. Il suo, precisa, è un ragionamento che parte dai dubbi della scienza sulla questione climatica e dalla solitudine dell’Europa.
Che cos’è che non funziona nell’attuale trattato climatico? «Il Protocollo di Kyoto – risponde Prodi – è un gioco non condiviso. Grandi emettitori come Cina, Stati Uniti e India ne rimangono fuori. L’Europa ha fatto scelte virtuose, vincolandosi a un preciso calendario di riduzioni. Ma il suo contributo, portato avanti da sola o quasi, non è sufficiente a determinare un livello apprezzabile di riduzione dei gas serra su scala globale. C’è bisogno del contributo di tutti gli altri».
Prodi non ha dubbi che, se l’Europa decidesse di continuare a tagliare i gas serra da sola, compirebbe un’azione esemplare; ma è anche convinto che la pagheremmo cara dal punto di vista economico, sotto forma di perdita di competitività con gli altri Paesi fuori dai vincoli di Kyoto:
« Non credo che la popolazione potrebbe sostenere a lungo un atteggiamento puramente dimostrativo, mentre Cina e India continuano a crescere adottando i peggiori modelli di sviluppo del nostro recente passato».
Allora dovremmo mollare tutto, in attesa di una futura intesa? «Attenzione, io non propongo, per l’Europa, la prospettiva di andare avanti "business as usual", senza limitazioni. Non ho dubbi che bisogna svilupparsi in maniera meno energivora, ridurre le emissioni di gas serra e di altri inquinanti, evitare il degrado ambientale, gestire meglio i rifiuti. A tutto questo, però bisogna arrivare con azioni concordi, senza compromettere l’economia e con il coinvolgimento della popolazione».
Quando suo fratello era a Palazzo Chigi, racconta Franco Prodi sorridendo, durante una delle emergenze rifiuti a Napoli lo chiamò: «Presentati in tv con la padella in mano e spiega agli italiani cosa fare con la spazzatura!».
In modo altrettanto pragmatico ora dice che le incertezze scientifiche sul clima sono inaccettabili e vanno superate: «I migliori modelli che sviluppiamo per capire quale riscaldamento avremo a fine secolo, indicano aumenti di temperatura da un minimo di 1 grado a un massimo di 7 – spiega ”. La forbice è troppo ampia». Per sconfiggere l’incertezza e avere indicazioni sul da farsi, sostiene lo scienziato, il meglio dell’intelligenza internazionale va investita nella fisica del clima, in modo analogo a quanto fu fatto nell’ultima guerra mondiale con la fisica nucleare.
Ma la ricerca sembra l’ultima preoccupazione dei governi: «Il principale ente di ricerca, il Cnr – si lamenta Prodi – è allo sbando e in ristrutturazione da oltre dieci anni. I giovani se ne vanno all’estero. Un vero disastro. E non intravedo la volontà di intervenire con la decisione necessaria».