Giorgio Dell’Arti Massimo Parrini, Catalogo dei Viventi 2009, Marsilio 2008, 21 ottobre 2008
PIPITONE Antonino
PIPITONE Antonino Palermo 2 ottobre 1929. Mafioso, a capo della cosca dell’Acquasanta, borgata di Palermo. Detto zu’ Nino. Detenuto • Condannato in via definitiva nel 2000 per associazione mafiosa ed estorsione (tra gli elementi di prova a suo carico, la presenza del suo nome «Nino Pip.», appuntato nell’elenco degli estorsori contenuto nel libro mastro sequestrato ad Antonio Madonia, in un appartamento di via D’Amelio, a Palermo, il 31 gennaio 1990). Vista l’età e gli acciacchi, stava scontando la pena agli arresti domiciliari, quando, nel gennaio 2003, gli fu notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa di avere ordinato, il 23 settembre dell’83, l’omicidio della figlia Rosalia, venticinquenne, colpevole di adulterio. La donna, sposata per imposizione del padre col rampollo di un’altra famiglia, quel giorno era andata col figlio di quattro anni in un negozio di sanitari a comprare i pannolini, ma non fece in tempo a pagarli che due sgherri, fingendo di essere lì per una rapina, le spararono alle gambe, e poi al petto. Rosalia morì in ospedale e il giorno dopo, il suo amante, il cugino Simone Di Trapani (studente), per la disperazione si buttò dal settimo piano. Tra gli accusatori del Pipitone, il pentito Calogero Ganci, che spiegò il movente: «In Cosa Nostra non va bene avere una relazione extraconiugale». Gioacchino Basile, ex operaio del Cantiere navale dell’Acquasanta (che per avere testimoniato contro i mafiosi, adesso vive sotto protezione), raccontò di quando il vedovo di Rosalia si presentò con il figlio nel suo negozio come genero d’u zu’ Nino, per questo pretendendo gratis un paio di scarpe. Il Basile invece gli rispose che se era genero di Pipitone, allora il ragazzino era il figlio di Rosalia, e che a maggior ragione le scarpe le doveva pagare •In occasione del suo arresto per l’omicidio della figlia, la Repubblica dava la notizia che prima di lui già Giuseppe Lucchese aveva ammazzato sorella e cognata per lo stesso motivo, ma, a differenza di Pipitone, aveva eseguito personalmente la condanna, salvo mettersi una parrucca bionda in testa per non farsi riconoscere • Colpito di nuovo da ordinanza di custodia cautelare nel 2006 per associazione mafiosa ed estorsione, quella volta i giudici non gli concessero gli arresti domiciliari. Era stato intercettato dalla microspia installata nel box di lamiera dove Antonino Rotolo teneva le riunioni mafiose. [Paola Bellone]