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 2008  ottobre 21 Martedì calendario

La Stampa, martedì 21 ottobre Mentre iniziava una crisi finanziaria mondiale senza precedenti, il procuratore Francesco Greco prendeva la parola al processo Parmalat e pronunciava una delle sue requisitorie più dure contro il mondo bancario

La Stampa, martedì 21 ottobre Mentre iniziava una crisi finanziaria mondiale senza precedenti, il procuratore Francesco Greco prendeva la parola al processo Parmalat e pronunciava una delle sue requisitorie più dure contro il mondo bancario. Lo stesso sistema che i governi del mondo occidentale hanno deciso di salvare con potenti iniezioni di liquidità, senza stare a guardare troppo per il sottile ai comportamenti tenuti fin qui dagli istituti di credito. Così non c’è da stupirsi se il capo del più importante pool italiano contro i reati finanziari, leggendo i giornali di questi giorni storca un po’ il naso. Cosa non va, dottor Greco? «C’è molta ipocrisia e ambiguità in questi giorni. Capisco l’urgenza dell’intervento (globale) per contrastare la sfiducia dei mercati, la crisi finanziaria, patrimoniale e di liquidità delle banche. Comprendo che sia necessario porre immediatamente un freno alla speculazione. Tuttavia bisognerebbe chiedersi se la fiducia non debba in primo luogo essere fondata su regole nuove che garantiscano e tutelino i risparmiatori ed impediscano alla finanza di continuare a replicare carta e "trucchi da saltimbanco" anche avvalendosi dei "veicoli speciali a scopo d’inganno"». Il salvataggio delle banche è sembrato necessario. Non trova? «La cosiddetta "finanziarizzazione" del mondo, consentita alle banche e alle assicurazioni, si è rivelata lo strumento principale per "scaricare sul mercato" il rischio di credito e per drenare i risparmi e gli investimenti soprattutto dei piccoli risparmiatori. Questo ha comportato una mutazione genetica delle banche che hanno fatto ingenti profitti soprattutto con il settore dell’investment banking. Anche l’economia reale ne è risultata trasformata: Parmalat valeva meno di un miliardo di euro ma ha fatto finanza per 15 miliardi. Eppure produceva latte e derivati, ovviamente del latte, ma faceva cassa con derivati speculativi». A chi pensa quando parla di "ipocrisia"? «Penso all’assenza di controlli che c’è stata finora. Mi chiedo: ma chi ha consentito alla finanza di vivere al di fuori delle regole? Chi ha consentito la distribuzione dei prodotti "tossici" e l’utilizzo di veicoli esotici fuori controllo e non consolidati? Chi ha accettato i meccanismi di (non) tassazione delle stock options e delle operazioni in paradisi fiscali? L’elenco potrebbe andare avanti all’infinto. E’ vero che le banche e le assicurazioni hanno enormi responsabilità che nessuno vuole negare come del resto emerge dai numerosi procedimenti di questi anni. Tuttavia gli intermediari finanziari hanno potuto lavorare in tutti questi anni liberamente e senza controlli. O al di fuori dei controlli, con il consenso degli Stati e delle diverse autorità di vigilanza». Insomma, esiste anche una complicità istituzionale? «Bisogna ricordare che persino alcune autorità di vigilanza hanno investito negli hedge funds di Cayman. Stato, Regioni, Comuni e addirittura Asl, hanno operato in derivati per finanziarsi, in titoli tossici vendendo addirittura credit default swap alle banche e quant’altro. Inutile sottolineare che tutto ciò oggi è fonte di grande preoccupazione per le perdite che questi prodotti finanziari stanno arrecando ai cittadini. Ebbene: se anche gli Stati, in tutte le loro articolazioni, hanno accettato e convissuto con questa finanza, perché oggi scandalizzarsi e far finta che nessuno conosceva la realtà di carta prodotta da questo mondo? Eppure gli allarmi ci sono stati ma sono sempre stati ignorati e derisi». Lei ha parlato anche di ambiguità. A cosa si riferisce? «Leggendo i giornali e sentendo le dichiarazioni degli esperti istituzionali non si comprendono esattamente i motivi ed i contenuti delle perdite. Facciamo un passo indietro. Da circa un anno e mezzo, il "buco" del sistema sta aumentando di 100/200 miliardi di dollari al mese. Ci è stato detto che l’origine della crisi era nelle insolvenze dei mutui subprime americani. Oggi tutti parlano di titoli tossici senza spiegare cosa sono e soprattutto dove stanno. Nulla è dato sapere del valore dei derivati ed in particolare della situazione dei cds (un anno fa Soros ebbe a lanciare l’allarme che fu ripreso solo da Rossi e Tremonti). Insomma, si parla di perdite delle banche e di loro necessaria ripatrimonializzazione ma non viene spiegato assolutamente in cosa siano consistite, in cosa consistano e soprattutto quando si sono manifestate. Sicuramente per far tornare la fiducia occorrerebbe essere più trasparenti e chiari sia nell’informazione al mercato sia sulle responsabilità oggettive e soggettive». E dunque? «Viene da dire: prima le regole e poi i soldi!». Sembra invece si sia fatto il contrario: prima i soldi. Poi, forse, penseremo alle regole... «E’ giunto il momento di una riflessione sulle regole e i controlli. Il ministro dell’Economia lo ha lucidamente indicato e tutti coloro che, in questi anni, hanno esaminato il mondo dei prodotti "tossici" lo hanno compreso e denunciato. Anche se vanamente». In concreto, a che regole pensa? «La riforma del diritto dei mercati finanziari e riforma delle autorità di controllo devono costituire la priorità dell’intervento governativo e legislativo anche perché queste riforme devono indicare come sarà la nuova finanza che merita di essere aiutata con l’intervento economico degli Stati. Altrimenti si avrà ancora la sensazione di interventi a "fondo perduto", di aiuti ad istituzioni finanziarie che non lo meritano e nelle quali sarà comunque difficile continuare a riporre fiducia». Dottor Greco a volte si ha la sensazione che le vostre inchieste passino come acqua fresca sul sistema. «I magistrati si sono assunti le loro responsabilità per aver osato ritenere il sistema bancario corresponsabile di gravissimi crack industriali e finanziari. Hanno anche verificato la difficoltà di contrastare questi fenomeni criminali con le norme messe a loro disposizione e con la lentezza della giurisdizione ed i bizantinismi della procedura. Hanno visto, a malincuore, l’inefficacia se non il fallimento del sistema dei controlli interni, esterni e istituzionali, venendo così a ricoprire il solito e non piacevole ruolo di ultima istanza cui rivolgersi per ottenere giustizia nella constatazione dell’assoluta impunità amministrativa di certi comportamenti. I processi possono solo evidenziare dei problemi o dei fenomeni ma certo non li possono risolvere». Ma in concreto qual è il bilancio finora? «Tutti i processi che abbiamo aperto in questi anni sono al dibattimento, anche nei confronti di alcune fra le più importanti banche internazionali. Moltissimi imputati, società di revisione e alcune banche hanno patteggiato e abbiamo recuperato allo Stato e ai cittadini molto denaro. Di più non si poteva fare». Nulla da rimproverarsi sul ruolo della magistratura? «Anche sul ruolo della magistratura occorre intervenire rapidamente senza inutili e dannosi ideologismi che, invece, sembrano costantemente caratterizzare il dibattito sulla giustizia. Si parla tanto e, spesso, a sproposito senza considerare il fatto che la giustizia vive in stato di perenne decozione. Si dimentica che si tratta di un asset, di una infrastruttura decisiva per il funzionamento del Paese». Il problema è che spesso le riforme sono ostaggio delle polemiche. «Posso comprendere le polemiche politiche, ma mi chiedo che cosa c’entrino con il fallimento della giustizia civile che certo non dipende dalla separazione delle carriere. Ma i cittadini sanno che per il reato di truffa o di appropriazione indebita non è possibile richiedere la misura cautelare e che sono reati che si prescrivono in sette anni e mezzo? Che il falso in bilancio-base è ancora una contravvenzione, o che la corruzione privata è procedibile a querela? E quali sono, se non questi, i reati che ricorrono nella cosiddetta criminalità degli affari?». E dunque? «La disciplina penale appare carente e, spesso, inapplicabile. L’effettività della pena, in questi reati, è solo sulla carta. La prescrizione è sempre incombente e rende spesso inutile qualsivoglia sforzo. Deve terminare il senso di totale impunità che accompagna le condotte criminali. Ma che senso ha continuare a discutere di queste cose quando il Parlamento vuole in tutti i modi (e spesso in maniera bipartisan) ridurre le pene per la bancarotta?» Nella vostra requisitoria avete detto che Parmalat è ”irripetibile”. Conferma? «No. Mi sembrava fosse irripetibile...» Ogni tanto qualcuno scrive che lei vorrebbe lasciare la toga per occupare poltrone importanti. Stanco di fare il pm? «Faccio il pm da 30 anni e non ho mai pensato di cambiare. Il gruppo che si è creato a Milano oggi è chiamato a nuove sfide e io ho la responsabilità della sua organizzazione». Paolo Colonnello