Roberta Scorranese, Corriere della Sera 21/10/2008, pagina 43, 21 ottobre 2008
Corriere della Sera, martedì 21 ottobre Sulla scena buia precipita un fascio di luce e affiora il cerchio dei musicisti
Corriere della Sera, martedì 21 ottobre Sulla scena buia precipita un fascio di luce e affiora il cerchio dei musicisti. Poi il silenzio si rompe: si apre il cielo. Crateri lunari raccolgono il movimento degli archi e da un buco nero nasce un respiro primordiale. Sembra un vagito metallico, un soffio ritmato, oscuro cuore che batte. Dunque, è questa la musica dell’universo? Forse è questa l’impenetrabile «armonia del cosmo» che ossessionava Pitagora e faceva sorridere Aristotele. Di certo è la voce dello spazio: Sun Rings, l’ode musicata da Terry Riley ed eseguita dal Kronos Quartet (di scena il 26 ottobre al Festival della Creatività) è fatta anche di suoni ricavati dal sistema solare. Ed è stata voluta da un committente particolare: la Nasa. L’agenzia spaziale americana, infatti, vanta anche un direttore artistico, Bert Ulrich. «In decenni di attività – spiega – le varie sonde, dalla Voyager alla Galileo, hanno raccolto materiale sull’attività dei corpi celesti. Perché non fare della ricerca una forma d’arte?». Ed ecco che nasce la «canzone del sole»: un sofisticato sistema messo a punto da Donald Gurnett, fisico dell’università dello Iowa, riesce a trasformare in suono le onde di plasma catturate nel cosmo. Perché noi non lo sentiamo, ma l’universo canta: c’è Giove che, mai sazio, si ostina a dichiarare il suo amore inutile alla più bella delle sue lune, Io (come la ninfa che trasformò in giovenca): schiocchi secchi, percussioni rabbiose. C’è Ganimede, il più luminoso dei satelliti di Giove, che gioca ancora ad ammaliare il re degli dei con lamenti rauchi. Le vampate di idrogeno nate dalla corona solare sono fischi acuti e si può sentire persino una parola: «beebopterismo». Di qui il nome del terzo dei dieci movimenti di Sun Rings. «Insieme alla musica – continua Ulrich – vedrete anche decine di immagini catturate dalle sonde. L’universo in prima visione ». Già, la scenografia. Studiata da Willie Williams (quello che cura gli spettacoli dei Rolling Stones), è una bizzarra osmosi di suoni e visioni: il profilo incandescente del Sole, simile ad una distesa di grano infuocato, sussurra una cantilena ipnotica. Appare la Terra, pezzata di vita, che emette fischi acuti. Dalla sagoma di Venere nasce una nenia serotina. «Ci siamo adattati a quei suoni – dice David Harrington, fondatore e direttore artistico di Kronos Quartet – ci siamo integrati ad essi, affascinati da sonorità mai sentite prima. Ascoltarli è come compiere un nudo viaggio nel tempo ». Sulle volute degli archi cade ora un tonfo, ora uno stridio, ora un gemito. La cadenza ossessiva sembra non seguire uno schema predefinito, quasi scaturisse da necessità. Come l’incipit di Echoes dei Pink Floyd o certi brani di John Cage. «Ci seducono – continua Harrington – perché, ascoltandoli, sembrano suoni sconosciuti eppure familiari». la musica delle sfere? Quella che il filosofo greco Pitagora percepiva quale cardine della perfezione universale? O quella che il latino Cicerone fa ascoltare a Scipione Aureliano nel Somnium Scipionis, stizzito dalla limitatezza della natura umana, incapace di cogliere le melodie armoniose che nascono dal «movimento delle orbite». Ed è in Earth Whist-lers, il quinto movimento della composizione, che ritroviamo l’intuizione di Dante Alighieri, quando, nel Paradiso, si rivolge alla perfetta orologeria del creato e alla «armonia che temperi e discerni». Il più entusiasta però è Bert Ulrich, alla Nasa dagli anni Novanta. «L’agenzia investe su tante iniziative – spiega – ma questa ci sembrava la più adatta per avvicinarci alla gente». Già, lui ha promosso performance di Laurie Anderson, opere di Nam June Paik (bizzarro e geniale sudcoreano che metteva alla gogna l’invadenza televisiva) o di Annie Leibovitz. E i vecchi tempi in cui la Nasa compariva come un complicato laboratorio pronto a sfidare il nemico sovietico nella corsa allo spazio? «Beh almeno con i programmi artistici facciamo tutt’altro – ride Ulrich – perché con le nostre campagne coinvolgiamo anche altri Paesi». Roberta Scorranese