Gabriela Jacomella, Corriere della Sera 21/10/2008, pagina 42, 21 ottobre 2008
Corriere della Sera, martedì 21 ottobre Ci sono viaggi che si sa quando iniziano, ed è un po’ più difficile prevedere quando (e soprattutto dove) andranno a finire
Corriere della Sera, martedì 21 ottobre Ci sono viaggi che si sa quando iniziano, ed è un po’ più difficile prevedere quando (e soprattutto dove) andranno a finire. Hio Taringa ha mollato gli ormeggi nell’ottobre del 2006. E in realtà, forse, non è che volesse proprio partire. « successo tutto per caso», dice. che poi ha scoperto isole e mari sconosciuti, volti sconosciuti, ragazze con orecchie di gatto e vampiri che amano la luce del giorno. Hio Taringa è un corsaro di Second Life. Uno dei 15 milioni di abitanti che affollano questo mondo virtuale, in cui si vola con un gesto della mano e la luce del giorno può virare su tutti i toni dell’arcobaleno. Ma Hio Taringa (che mantiene il più stretto riserbo sul suo nome «vero», da questa parte dello schermo) è un corsaro che ama le immagini. Un artista della simulazione, in bilico tra due mondi. In uno, quello di cui non è lecito parlare, «non mi sono mai occupato di arte». Nell’altro, quello dentro cui lo conosciamo, capelli neri e barba incolta, t-shirt e jeans che sembrano usciti da una puntata di Lost, è tra gli artisti più promettenti nati su Second Life. Quelli che oggi, grazie alla mostra «Rinascimento virtuale», fanno il loro esordio nel mondo degli appassionati (e dei collezionisti) in carne e ossa. Hio Taringa crea ritratti neopunk intessuti di luci ed ombre, «alla gente piace vedere sangue e sesso, e poi il mio personaggio è un vampiro», la scelta è quasi naturale. «Ma amo anche realizzare foto comiche, e i manga restano la mia prima fonte di ispirazione». Ironia ed eros, luci ed ombra. E così, i suoi punti di riferimento spaziano dall’Akira Toryiama di DragonBall e il Masaku Katsura di Video Girl Ai, al portfolio trasgressivo di Terry Richardson. «Il mio sogno è creare una serie di fumetti, ma non ho ancora la preparazione necessaria». Perché la tecnica, per Hio, è qualcosa che viene «dopo». «Mi sono messo a fare fotografie su Second Life per gioco, e poi la mia fidanzata, che frequentava Flickr (un sito dove condividere foto con altri utenti della Rete, ndr), mi ha convinto a metterle lì. Altri amici mi hanno detto: ma perché non lavori con Photoshop? Non sapevo neanche cosa fosse...». Hio Taringa ha al suo attivo già tre mostre, «la prima per Avatrait, una galleria americana. Poi ho allestito una collettiva, Distorsioni percettive: 20 artisti italiani con 6 opere ciascuno. Un successo. All’inaugurazione, non riuscivo ad entrare sull’isola della mostra da quanta gente c’era». Ed è solo da questo particolare, l’isola, che capisci: non si trattava di uno spazio espositivo fatto di muri concreti. «Questa, infatti, è la mia prima volta nel mondo reale; mi hanno chiesto 82 foto tra le oltre 1.500 che ho realizzato». Negli spazi del Museo di Storia Naturale fiorentino saranno esposte, fino al 7 gennaio 2009, «oltre mille opere per 150 artisti provenienti da tutto il mondo». Mario Gerosa – giornalista ed esperto di mondi virtuali, grande corsaro di Sec ond Life (con il nome di Frank Koolhaas) e fondatore di Synthravels, prima agenzia viaggi del cosmo sintetico – è il curatore: «Occupandomi di Second Life, mi sono accorto di quanta arte ci sia in questo mondo parallelo. Mancavano, però, i luoghi per fruirne». Ci sono, certo, i blog. E i fan. E le tendenze. «Ma non c’era un canone». Così lui, da bravo pirata, ha steso la prima mappa: Ultranaif e Postkitsch, New Pop e Avatar Art, Iperformalismo, Impressionismo digitale e Barnumismo. Il mondo da descrivere è sconfinato, gli artisti moltissimi, «all’80% sono stranieri, quasi tutti americani; poi ci sono i francesi, e certo, gli italiani». Come Hio, appunto. Oppure Shiryu Musashi, che a dispetto del nome è il milanesissimo Giuseppe Nelva. O Marco Manray, aka Marco Cadioli, docente universitario e net reporter, che vende i suoi «scatti» a 2.000 euro (reali). O ancora Giuseppe Stampone, già visto alla Quadriennale di Roma, che in SL crea con l’avatar autoironico di «Semidio Koba». Eccetera. «Spesso sono autodidatti di genio, che non hanno come finalità l’arte per l’arte, ma la socializzazione. L’arte come social network ». Sta di fatto, però, che nel Web «si è scatenata una febbre». E, per la prima volta, c’è mercato. «Nelle gallerie su Second Life puoi comprarti un quadro per un paio di dollari, da mettere nella tua casa virtuale. Ma puoi anche andare in una galleria vera, come quella di Fabio Paris, che vende stampe digitali ad altissima risoluzione (le cosiddette "lambda"), in edizione limitata, a 5-7.000 euro». Mentre la Avatrait ha aperto una sede «reale», a Chicago, «con portfoli da 10 opere a 15mila dollari...». «Non so se le mie opere, a Firenze, venderanno – commenta Hio ”. E in fondo, non mi interessa. Ma l’emozione è tanta. Andrò lì e mi mescolerò alla folla. Tanto nessuno mi conosce». La star della Rete, in incognito nel mondo reale. Per vedere l’effetto che fa. Gabriela Jacomella