Giorgio Dell’Arti Massimo Parrini, Catalogo dei Viventi 2009, Marsilio 2008, 21 ottobre 2008
PAPALIA Antonio
PAPALIA Antonio Platì (Reggio Calabria) 26 marzo 1954. ”Ndranghetista, a capo, insieme ai fratelli Domenico e Rocco, della omonima cosca, operante a Platì e in Lombardia. In carcere dal 19 settembre 1992, al 41 bis dal 9 giugno 1998, detenuto a Cuneo, in espiazione della pena dell’ergastolo per associazione mafiosa, omicidio, narcotraffico, rapina, armi (ma anche tentato furto), delitti commessi tra il 1973 e il 1992 • Prima di finire in carcere era ritenuto il capo della ”ndrangheta al Nord. Secondo il pentito Francesco Fonte è tra i sette ”ndranghetisti che ricoprono il grado (nel gergo ”ndranghetista ”dote”) di ”associazione” (nella gerarchia della ”ndrangheta superiore perfino al grado di ”vangelo”) • Roccaforti della cosca i comuni di Corsico e Buccinasco, nell’hinterland milanese, attività predilette estorsione e narcotraffico. «Se capitava una ditta che arrivava da fuori perché aveva vinto un appalto, o pagava la tangente oppure saltavano per aria a colpi di dinamite i messi di lavoro» (il pentito Saverio Morabito nel processo milanese ”Count Down - Wall Street”). L’eroina veniva importata dalla Turchia, socio d’affari Francesco Sergi, anche lui originario di Platì, che nell’86 affittò (dal padre della sua figlioccia) un cascinale nel bergamasco, a Rota Magna, per raffinare la droga (ci lavoravano due francesi, pagati 20 milioni di lire per ogni chilo prodotto). L’idea della raffineria era venuta a Roberto Pannunzi, calabrese, che si diceva in grado di smerciare l’eroina negli Usa (fu arrestato in Colombia nel 94) (Mario Guarino) • Il 27 aprile 2006 fu condannato in via definitiva per aver fatto ammazzare – e poi bruciato - un cognato, Antonio Pacileo (il 15 giugno 89, in località boschiva nei pressi di Varallo Pombia, Novara), perché si era dimenticato di pagare una partita di droga a un suo affiliato • Secondo il pentito Saverio Morabito i Papalia si davano da fare nel milanese anche a sostenere candidati elettorali, di corrente socialista, «per accaparrarsi ogni sorta di vantaggio». Un altro pentito rivelò, tra l’altro, alla direzione nazionale Antimafia (memoriale pubblicato sull’Espresso il 9 giugno 2006), che nel 92, in una riunione tra boss nel ristorante ”Pierrot”, in zona Ripamonti, a Milano, Antonio Papalia si offrì di presentare il sindaco socialista di Milano Paolo Pillitteri, «con cui aveva già concluso affari», a due ”ndranghetisti di San Luca, Stefano Romeo e Giuseppe Giorgi: «Grazie ai buoni uffici di Pillitteri, la famiglia di San Luca ha perfezionato l’acquisto di un bar in Galleria Vittorio Emanuele, che poi è stato sequestrato proprio perché comprato con soldi sporchi, quello di un altro bar in via Fabio Filzi e di altri locali dei quali ho sentito parlare ma che non ho seguito direttamente » (il suggerimento di rivolgersi al Pillitteri sarebbe stato dato dall’allora ministro degli Esteri Gianni De Michelis, socialista anche lui) • Tra i motivi a fondamento dell’applicazione a suo carico del regime del carcere duro, «l’insidiosissima attività di depistaggio processuale da lui gestita dal carcere negli anni 1995-1996 attraverso falsi pentiti da lui appositamente istruiti, neutralizzata soltanto grazie alle inoppugnabili rivelazioni di collaboratori di giustizia non coinvolti nel piano organizzato dall’attuale ricorrente » (Cass. 18 ottobre 2005) • In Buccinasco gli furono sequestrati una villa, in via Fratelli Rosselli (aveva una vasca da bagno grande come una piscina, fu poi assegnata alla Croce Rossa), e il bar ”Trevi” (ha ancora la serranda chiusa). Peraltro risulta ammesso al gratuito patrocinio in un procedimento penale del 2002 davanti alla Corte di Assise di Monza (il difensore è ancora in attesa della liquidazione). [Paola Bellone]