Giorgio Dell’Arti Massimo Parrini, Catalogo dei Viventi 2009, Marsilio 2008, 20 ottobre 2008
NOVELLA
NOVELLA Domenico Locri (Reggio Calabria) 2 settembre 1976. Presunto ”ndranghetista, affiliato alla cosca dei Cordì di Locri (in lotta coi Cataldo). Pentito. Nipote del boss Vincenzo Cordì (per essere figlio di una sua sorella illegittima, Francesca), fu chiamato come il nonno, Domenicoo Cordì, ucciso a Piazza del Mercato a Locri, nel 67 • Detto Micu, soprannominato suo malgrado Piedone • Non aveva ancora vent’anni quando fu arrestato per aver ordinato di bruciare due gazzelle dei carabinieri (per vendicarsi dello sgarbo di un posto di blocco). Da allora fu «attenzionato» (come dicono le informative), finché, il 14 novembre 2005, fu arrestato per associazione mafiosa e armi, a Roma (operazione ”Lampo”), e il 20 marzo colpito da ordinanza cautelare con l’accusa di avere fatto parte del gruppo di fuoco dell’omicidio Fortugno (16 ottobre 2005, vedi MARCIAN Alessandro, RITORTO Salvatore), sulla base delle dichiarazioni di Bruno Piccolo (arrestato come lui il 14 novembre 2005, gli custodiva le armi nel proprio bar) • « la prima volta nella storia d’Italia che, rispetto a un omicidio eccellente, si acciuffa l’ala militare in così poco tempo» (Aldo Varano, l’Unità 22 marzo 2006) • Nel gruppo chi è che ha un’importanza pari o superiore a Novella? «Nessuno, in questo gruppo Novella è il leader. Lui aveva un potere carismatico, a lui si doveva fare riferimento, ci si doveva affidare. Con Novella si doveva parlare se si aveva intenzione di fare qualsiasi cosa» (dall’interrogatorio di Bruno Piccolo da parte del pm Giuseppe Creazzo, 6 dicembre 2006). Ma soprattutto Piccolo accusò Novella di aver partecipato agli appostamenti all’onorevole Fortugno nei venti giorni precedenti l’omicidio • Dalle indagini, invece, si scoprì che il 15 ottobre (giorno prima dell’omicidio) Novella era andato a Milano in aereo, con Domenico Audino (anche lui imputato per concorso nell’omicidio), da lì in macchina in una località tra Torino e Novara (dove arrivarono intorno alle 17). All’alba del 16 ottobre Novella era di sicuro di nuovo a Locri. «L’impressione degli specialisti dello Sco e della Dia è che quel viaggio aveva uno scopo preciso: incontrare qualcuno, forse un livello superiore della ”ndrangheta. Per avere l’ok definitivo» (Enrico Fierro). Il 19 ottobre prese l’aereo per Milano (arrivo alle 15,30), alle 18,38 era a Novara, per imboccare l’autostrada direzione sud, alle 8,35 del giorno dopo era a Locri. Ipotesi: «Una, la più plausibile: il giovane Micu è salito a Milano per relazionare a qualcuno sull’andamento dell’operazione. Il rapido ritorno, poi, si è reso necessario per portare subito una risposta, per tranquillizzare compari e soci» (Enrico Fierro) • «Mancu i cani signori… cazzu com ”u sparau» (Novella, intercettato il 17 ottobre, il giorno dopo l’omicidio, parlando con Domenico Audino) •Il 14 dicembre 2005 gli scrisse lo zio Vincenzo, dal carcere di Palmi (vedi CORD Vincenzo), per ricordargli che si chiamava come nonno Micu, e, insomma, che non doveva cantare. Ma il 41 bis lo mise in crisi: «Io al 41 non resisto, voglio tornare a casa. Questa non è vita da uomini, è vita da cani… mannaia a chi mi ha arrestato, io non voglio fare la fine di mio padre che si è fatto una vita in galera da innocente» (il 5 gennaio 2006, nel carcere di Cuneo, alla madre e alla sorella durante la visita). Il 23 marzo 2006, quando il pm Giuseppe Creazzo gli contestò le dichiarazioni di Piccolo e gli fece leggere le intercettazioni, riuscì a resistere un’ora, poi crollò: «Dottore, voglio parlare». Novella, mi ascolti, ma a Locri come negli altri paesi della zona, di tutta la provincia diciamo, se io devo andare a fare una rapina vado da Novella e gli dico posso fare questa rapina? «Sì è così». Quindi, figuriamoci l’omicidio Fortugno, si può fare così? «Dottore, è stata una cosa che hanno fatto di nascosto». Incalzato dal pm confermò le dichiarazioni di Piccolo e si autoaccusò: «A me toccava solo un compito, andare ad Ardore a rubare la Fiat Uno Bianca. Ci siamo andati, eravamo io, Ritorto e Domenico Audino». Accusò come mandanti MARCIAN (vedi), ma escluse la responsabilità dei Cordì. I giudici gli credettero in tutto, tranne sul fatto che la cosca Cordì non c’entrava • A domanda dei pm (Perché ha deciso a un certo punto di collaborare?): «Perché io non volevo, non potevo sopportare questo peso dell’omicidio Fortugno. Volevo cambiare vita, non mi interessa più quella che ho fatto prima. Dottore, una vita da criminale». Ammise anche le pressioni della famiglia: «La mia famiglia non mi ha mai aiutato. Non volevano che io collaborassi con gli sbirri e i giudici. Mi hanno fatto delle pressioni perché sono imparentati coi Cordì» • Il 6 aprile 2006 rinunciò al riesame dell’ordinanza di custodia cautelare e revocò il mandato ai difensori, nominandone un altro, del foro di Caltanissetta. L’11 giugno 2007 fu condannato per concorso nell’omicidio, con rito abbreviato, a 13 anni e 4 mesi (l’accusa ne aveva chiesti 15) • «La collaborazione di Bruno Piccolo e Domenico Novella ha consentito di individuare l’autore materiale dell’omicidio, i suoi complici, gli organizzatori e mandanti. Tale collaborazione non è però priva di punti oscuri sui quali occorre riflettere criticamente (…) Sarebbe stato interessante sapere con chi (Novella e Audino) si siano incontrati e perché, e se, per ipotesi, essi non si siano recati a Milano e dintorni per informare una o più persone di quanto sarebbe avvenuto o addirittura per chiederne consenso. Non è ragionevole ritenere che un delitto come quello nei confronti del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria e, per di più, con quelle modalità di tempo e di luogo, possa essere stato eseguito da esponenti di una cosca mafiosa, senza che i vertici della stessa non fossero avvertiti, consapevoli e consenzienti » (dalla relazione sulla ”ndrangheta della Commissione antimafia, 2008). [Paola Bellone]