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 2008  ottobre 20 Lunedì calendario

la Repubblica, lunedì 20 ottobre Monia ha 19 anni. sopravvissuta a tre abbandoni. Capelli, occhi, maglia, pantaloni e scarpe: tutto nero e bello

la Repubblica, lunedì 20 ottobre Monia ha 19 anni. sopravvissuta a tre abbandoni. Capelli, occhi, maglia, pantaloni e scarpe: tutto nero e bello. Per finire la scuola ha scelto di vivere con altri otto figli sottratti ai genitori. Non cerca più una famiglia e vuole andare a Londra. Quando ha compiuto 18 anni ha dato una festa nel centro diurno. una grande villa bianca, ad un piano, tra gli ulivi color salvia. Gli assistenti dell´Ambarabà, per lei, hanno riacceso il forno antico della pizza. Quaranta invitati. Bambini e adolescenti soli. Sono qui anche adesso. Ridono e si confondono nel chiasso di chi si rincorre. Hanno finito i compiti ed è quasi ora di cena. Una corrente, non fredda, sparge il profumo dei pomidoro. Si potrebbe toccare l´allegria, che però ha un eccesso e fa sentire la sospensione della loro storia. Uno è stato abbandonato dallo zio, dopo che il nonno ha versato 150 mila euro per allevarlo. Una, albanese, è stata tolta ai trafficanti di organi. Una, a 12 anni, è incinta. figlia di una prostituta, che riceve davanti a lei. Tre fratelli, sotto i quindici anni, gestivano una bisca per cambiare più spesso telefono e i-Pod. Uno, a tre anni, tirava l´alba in discoteca con i genitori separati e riaccoppiati. Un altro vuole mostrare come tutto è tenuto bene. Esce dagli stupri e se può mangia i propri escrementi. Una ragazza, figlia di medici, non andava a scuola. La mamma, per vendicarsi dell´ex marito, la costringeva a crescere legata al letto. Uno, a 13 anni, è stato arrestato. Doveva nascondere la droga del padre. Allontanato, è tornato a casa dopo un anno e ha rapinato una gioielleria. Solo uno, a 8 anni, resta in silenzio. Il suo corpo è coperto di macchie ocra. Era nascosto sotto il camion con il fratello, morto durante la fuga dall´Afghanistan. Non sono vite estreme. Frequenti, invece, e nascoste. Giovani e bambini come questi di Carmiano e di Ostuni, non si vedono mai. In Italia nessuno ne parla. Non si sa bene quanti siano. Negli orfanotrofi trasformati in comunità, o nelle famiglie affidatarie, sfiorano però i 40 mila. Assieme ai coetanei in uno stato di abbandono sostanziale, superano i 53 mila. Raddoppiati in cinque anni. Non si capisce un così assoluto silenzio. Per questo, forse, va vista anche qualche fotografia. Nel primo centro che si è occupato di figli gravemente maltrattati, ne hanno molte. Una, mostra la testa di un bambino a cui i genitori hanno strappato quasi tutti i capelli. Su una ci sono le braccia bucate di un ragazzino usato per spegnere le sigarette. La successiva documenta la schiena rossa di una bambina a cui i genitori, per divertirsi, hanno dato fuoco. Mancano le immagini della bambina lasciata morire di fame, legata al passeggino, o di quella uccisa dal freddo in una baracca dove il padre girava film porno. Impossibile ritrarre adolescenti e bambini che non parlano, o non sentono, dopo essere stati massacrati di calci. Centinaia, dopo anni di litigi feroci tra i genitori, o testimoni di omicidi in famiglia, sono scossi dalla follia. I figli disabili poi, paraplegici, o down, non li vuole nessuno. «Parliamo di devianza giovanile - dice Maria Grazia Bacco, direttrice dell´associazione Nostra Famiglia - e non ci accorgiamo che a esondare è la devianza degli adulti. Un equivoco fatale». Una spaventosa nuvola oscura, solo intuibile, passa così sopra le campagne fertili della Puglia e travolge la distrazione italiana. Montagne di documenti, nei tribunali per i minorenni di Bari, o di Lecce, certificano il tumore che consuma il Paese più invecchiato d´Europa: la famiglia è allo stremo e i figli, senza cure, sono le sue prime vittime. Dietro la rimozione collettiva della realtà, un paradosso terribile. Siamo la nazione europea, tolto l´Est, con più minori abbandonati, o in abbandono. Con più adolescenti imbottiti di psicofarmaci, con più bambini vittime di violenza, con più comunità di accoglienza, con più sentenze di affidamento e con il numero maggiore di coppie in attesa di un´adozione internazionale. Ma siamo anche lo Stato Ue con il numero più basso di adozioni nazionali, con la minor spesa per i minori da parte di Regioni e Comuni, con la percentuale più bassa di assistenti sociali, consultori per la famiglia e giudici minorili. La Puglia, dopo la Sicilia che non diffonde alcun dato, è la regione più colpita. Il Meridione produce quasi la metà dei minorenni costretti a crescere fuori dalla famiglia naturale. Un esercito di ombre condannate ad un limbo: quasi nessuno torna a casa. «Dobbiamo uscire dall´ipocrisia - dice a Bari il sociologo Giuseppe Moro - e sollevare il velo che nasconde il dramma che ci fa vergognare. Oltre 50 mila bambini e ragazzi italiani non hanno genitori che li seguono. una massa che aumenta grazie al disinteresse generale. Per la prima volta gli adulti scaricano sui giovani la propria paura, la rinuncia a responsabilità e progetti, la totale incapacità educativa. Bruciamo una generazione, confondendo l´autodistruzione con la normalità». Una settimana tra i nuovi orfani, figli di genitori falliti, chiarisce la dimensione del disastro. A sette anni dalla chiusura ufficiale degli orfanotrofi, le comunità scoppiano di bambini e adolescenti. Le famiglie in cerca di adozione si moltiplicano. Eppure i due mondi non si incontrano. Non esiste un albo dei minori in cerca di genitori. Non esiste un elenco degli adulti pronti ad accoglierli. Non esiste nemmeno un censimento delle strutture. I numeri non sono mai certi: ogni fonte fornisce dati diversi, vecchi, o frutto di stime. Decine di rapporti, centinaia di convegni, migliaia di libri, coprono una realtà imbarazzante: regna il caos. Famiglie e minori sono lasciati soli. I tribunali scoppiano. Inesistenti i controlli sulla qualità delle comunità, garantita da semplici autocertificazioni. Centinaia di comuni, per risparmiare, non hanno nemmeno un assistente sociale. La riforma del 2001 è stata ignorata. Un´omertà surreale avvolge un´emergenza cruciale. «Il disagio - dice lo psicologo dell´adolescenza Saverio Abruzzese - peggiora. Anticoncezionali e aborto non risolvono il problema dei figli non voluti. La precarietà devasta genitori immaturi e la famiglia allargata si disintegra. tempo di aprire gli occhi sul mistero di una società che distrugge i figli che genera. E di prendere atto che gli strumenti giuridici non sono adeguati al profilo nuovo dell´emergenza». Un risveglio choc. Come se l´Occidente avesse concluso che i pochi bambini che ha, in ultima analisi, non servono più. L´adozione è fallita. I neonati italiani abbandonati sono una rarità. I bambini adottabili, dopo 5 anni di estenuante burocrazia, sono troppo grandi, o troppo malati. Non li vuole più nessuno. Anche l´affidamento, degenerato in parcheggio a tempo indeterminato, non funziona. Introvabili le coppie disposte ad occuparsi di un figlio altrui e della sua famiglia naturale, dimenticata dall´assistenza. Per questo quasi 20 mila italiani, pagando tra i 7 e i 30 mila euro, cercano un figlio all´estero. Si può scegliere: età, colore, lineamenti. Un sogno per ricchi, amore e status symbol. Un abisso: 3621 adozioni internazionali nel 2007, contro 197 nazionali e 10 mila minori italiani finiti invece nelle comunità. Dovrebbero restare due anni al massimo: escono dopo venti. «La tragedia - dice Franco Occhiogrosso, presidente del tribunale dei minorenni di Bari e padre dell´"adozione mite" - è che non si capisce più se gli italiani amano oppure odiano i figli. Se li vogliono, oppure no e perché. Stiamo perdendo troppo tempo e troppi ragazzi. Un ritardo di trent´anni sul resto d´Europa. In tribunale finisce la povera gente, ma è il ceto medio ad essere travolto dalla sua crisi. Dobbiamo tagliare i tempi per delineare un destino a migliaia di minorenni». Il fallimento, al Sud, è spietato. Tra Brindisi e Foggia, la sera, i vigili urbani scaricano bambini abbandonati nel territorio del Comune vicino. I sindaci non vogliono impegnare il bilancio per mantenere i figli dei braccianti immigrati. Le rette, negli ex orfanotrofi che hanno rifatto gli arredi e diviso le società per fingere di avere meno ospiti, oscillano tra i 70 e i 300 euro al giorno. Otto euro, invece, il contributo per un affido in famiglia. Centinaia di ragazzi vengono dimenticati nelle comunità più economiche. Quando diventano maggiorenni, alle superiori, gli aiuti cessano. Città e paesi senza psicologi, assistenti sociali, centri diurni. Scomparsi i servizi che curano i minori colpiti da malattie psichiatriche. Senza donazioni e carità, centinaia di strutture chiuderebbero. Gli educatori non devono esibire alcun titolo, né superare un esame. Vantano mesi di stipendio arretrato e ruotano vertiginosamente alla ricerca di un posto fisso. Sconosciuta la formazione. La maggioranza dei Comuni non ha nemmeno un regolamento per l´affido. Solo in Puglia sono 3400 i giovani sottratti a genitori inadeguati. Un´attenzione dei magistrati a cui non corrisponde l´impegno di politici e amministratori. Nel 2007 la prima voce di spesa tagliata, negli enti locali, è stata l´assistenza. I bilanci di quest´anno rivelano che i minori abbandonati escono dagli interventi: 500 milioni di euro risparmiati in Italia, rispetto a 700 milioni di nuovi investimenti di un Paese come la Spagna. « una società - dice Luciana Iannuzzi, anima dell´associazione Famiglia Dovuta di Bari - tacitamente costruita per l´abbandono. I bambini hanno perso la fiducia negli adulti. I giovani capiscono che le leggi tutelano le tasche dei genitori, non la vita dei figli. Qualche domanda è lecita sugli interessi inconfessabili che si muovono attorno all´agonìa delle nostre relazioni». Un affare miserabile. Da una parte la politica sfibrata dal cinismo elettorale, che non si occupa di persone che non votano. Dall´altra gli imprenditori della falsa pietà, che vivono di emergenza. Nella morsa, triturate, migliaia di persone eccezionali che lottano per salvare anche un solo bambino, o una famiglia. Tra il Salento e il Gargano, in una terra battuta da un vento nuovo di umanità, se ne incontrano tantissime. A Ostuni, Mesagne, Carmiano, Lecce, Gallipoli, Francavilla, Bari, San Severo e Oria, ci sono esempi commoventi. Molti altri sfuggono, come gli inferni nascosti nel Paese. «Ma la verità - dice Adriana Cimmino, presidente della camera minorile di Bari - non va più taciuta. Per tre neonati da adottare, lottano seimila coppie. Per trecento bambini da prendere in affidamento, forse si trova una sistemazione tra i parenti. Per mille adolescenti in abbandono, non c´è nessuno. la vittoria legalizzata dell´egoismo camuffato da generosità, del figlio inteso quale proprietà: nega ai minori una famiglia, ma garantisce appalti e fondi per lo scandalo degli affidamenti "sine die"». Due rientri positivi in famiglia, a Bari, in vent´anni. Il 70% degli affidi ai parenti, ossia al nucleo giudicato pericoloso. Un record. A proteggere il disastro sommerso, atti secretati e documenti amministrativi off-limits. La privacy ridotta a licenza per il disinteresse. Ma pure pediatri distratti, medici reticenti, maestri, professori e vicini di casa irresponsabili. Per questo capita di accorgersi dopo dieci anni, casualmente, di un bambino violentato. O succede che un ragazzo crolli per essere diventato, per anni, l´arma più devastante nel divorzio dei genitori. O si scoprono adolescenti, cresciuti in famiglie agiate, denutriti: o dimenticati a divorare scatolame su giacigli sudici. Anni senza ascoltare una parola. Come a Gallipoli. Una quattordicenne non è mai stata portata al mare perché i suoi non si accordavano su chi potesse farlo. Normale. Fino a quando, in un tema in classe, ha scritto: «Vorrei toccare la sabbia». «Dalla fame e dalle botte - dice Angela Colaianni, assistente sociale di Bitonto - siamo precipitati nel silenzio e nell´indifferenza. Genitori assenti, famiglie frantumate, parenti rapaci. Accolgono minori per intascare contributi, non educano e indicano la disperazione quale modello di vita. Non basta dire che il sistema è fallito: vanno definiti subito interventi nuovi». La priorità non è nemmeno più aiutare i figli traditi dall´egoismo, ma salvare gli adulti dal nulla che li uccide. «Una patente per genitori - dice Rosalinda Cassibba, docente di psicologia dello sviluppo all´università di Bari - può contribuire alla tenuta sociale. Le famiglie sono isolate, precarie, malate. Solo la pubblicità si occupa di loro. Al primo figlio, che impone progetti e responsabilità, saltano. Se non vogliamo un Paese di abbandonati, dobbiamo pensare a corsi obbligatori di scienza delle relazioni. Si insegna il sesso sicuro, o a guidare. Qui è in gioco qualcosa di più profondo: la tenuta sociale, fonte della democrazia. Può guarire solo se le persone imparano a parlarsi e a prendersi cura degli altri». Anche con provvedimenti estremi. Monta al Sud l´allarme per i figli dei mafiosi e per quelli degli immigrati. I primi, vittime di spietate violenze psicologiche, sono predestinati alla criminalità. I secondi, sacrificati estremi alla povertà, spariscono sempre più spesso nel nulla. Migliaia di bambini educati all´onore dell´illegalità, o ridotti in schiavitù a due passi da noi. Scaturisce da questa disperazione un appello drammatico: togliere i figli a chi è condannato per mafia, rendere subito adottabili i minorenni stranieri abbandonati. «Se dobbiamo insegnare ad essere genitori - dice a Lecce Maria Rita Verardo, presidente nazionale dell´associazione magistrati per i minorenni e per la famiglia - dobbiamo anche combattere più duramente contro l´educazione alla mafiosità. Servono giudici specializzati, famiglie affidatarie più formate e seguite. Uno Stato presente nei fatti». Un´assistente sociale ci ha provato. Ha chiesto di allontanare il figlio di un boss, insieme alla madre. Questa notte, nel Salento, una bomba le ha distrutto la macchina. L´adolescente ha 13 anni. Lo hanno fermato a Casarano con una pistola in tasca. Ha spiegato che vuole onorare il fratello, vittima della lupara bianca. «Se non ti vendichi - ha detto - sei un fesso». Franco Cassano, sociologo dei processi culturali, dice che va tutto troppo veloce. Troppo veloce per guardare. Giampaolo Visetti