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 2008  ottobre 15 Mercoledì calendario

Quando fecero il grande massacro, erano in quattro, Pietro Maso li comandava tutti e aveva 19 anni. Era sua l’idea: «Femo fora i veci, tiro i schei e compremo la Bmw 2000, l’ho già prenotata

Quando fecero il grande massacro, erano in quattro, Pietro Maso li comandava tutti e aveva 19 anni. Era sua l’idea: «Femo fora i veci, tiro i schei e compremo la Bmw 2000, l’ho già prenotata. E’ nera». La sera buona era quella. Pioveva, tempestava. Avevano parcheggiato bene, e spento i fari. «E se i sè ancora drento?», domandava Flavio, spiando dal finestrino dell’Alfetta. Nessuno voleva uscire per primo. Toccava a lui, Flavio, perché era il più vicino alla porta. Pietro gli diede uno spintone: «Ma no te vedi che sé tutto scuro, i torna fra un’ora, mòvete». Appena fuori, Flavio si spostò di lato, in modo da far passare tutti quanti, in fila indiana. Li guidava Dorian, il più piccolo, che quando si rischiava era il più deciso. Così dirà la polizia. Dietro Dorian, Giorgio e Paolo. Ultimo Pietro. E questo non era nelle regole: Pietro doveva passare davanti, era sua l’idea, e poi quella era casa sua, aveva lui la chiave, e sapeva bene come muoversi, anche al buio. Perché avevano deciso che, appena entrati, svitavano le lampadine. C’era tempesta, con molti lampi. Uscendo per ultimo, Pietro raccolse dall’auto il bloccasterzo. Il bloccasterzo si divide in due parti. Pietro ne diede una a Paolo: «Ciàpelo par el manego», cioè per il lato curvo, «diventa una mazza». Pietro girò la chiave ed entrò. Buio totale. Accese la luce, e il gruppetto, immobile, sentì cos’è la solitudine. Venivano dalla Stars, una discoteca sempre così piena che se vi entri sei una goccia che cade in un fiume e sparisce. Dalle indagini risulterà che in discoteca erano rimasti tre ore, forse quattro. Loro a ballare e i genitori di Pietro in chiesa, a pregare. «Mejo - pensava Pietro -, così i va dritti in paradiso». In discoteca si diventa stupidi. Fai quello che fan tutti, un’ora, due, tre: ondeggi sulle gambe, e se non cadi è perché tutto il locale ondeggia con te. «Vualtri du in tinelo, e ciapè questa, ciapè» e così dicendo Pietro gli offriva la sbarra di ferro. «Ghéto portà le maschere?», Paolo allungò un sacchetto di plastica, con dentro maschere da carnevale. Dalle indagini risulta che con le maschere avevano fatto molte prove. Paolo guardò la sua: un diavolo, più maligno che cattivo, con gli angoli della bocca in su. «El te someja», sghignazzò Pietro. «Mazzemo prima el vecio?», domandò qualcuno. «No - rispose Pietro - prima la vecia, perché la entra per prima, la ga fretta de andare in bagno. Bisogna fermarla qui e darghe ’na botta», e calava il bloccasterzo come un martello. «Eccoli!». Un’auto s’era fermata davanti alla casa, entrava in garage, faceva piccoli spostamenti. Dorian s’era mosso, facendo un passo avanti. «Resta là» ordinò Pietro. La porta si aprì, e si stagliò la sagoma della madre, cercò l’interruttore. «Oh Gesù» mormorò, perché la luce non s’accendeva. «Prendo ”na candela», aggiunse la donna e avanzò. Dorian credeva che la battaglia sarebbe stata tremenda, botte fragorose, rumori fino in strada. Invece il primo colpo, sganciato da Pietro sulla testa della madre, fu come un battipanni sul tappeto, un soffio. Altri soffi, sordi. I due vecchi eran stesi per terra, e i quattro ragazzi picchiavano con quel che avevan trovato, anche pentole e mestoli. Avevano messo in conto che l’azione sarebbe stata molto rapida, due minuti, tre. Cinque minuti, toh. Invece i due per terra continuavano a muoversi. A quanto racconta la polizia, uno dei quattro ragazzi si fermò per osservare: «Ma non muoiono mai?». Tardi, ma morirono. I sussulti si fermarono. «Lavarsi con calma», raccomandò Pietro. «Tornemo in discoteca». In discoteca rimasero un’altra ora e mezzo. Parlavano con tutti, per farsi vedere. Tra loro, sorridevano. Era stato facile. Adesso, tornare a casa e avvertire i carabinieri: i genitori sono morti, una rapina, ce ne sono tante. E i carabinieri così stabilirono infatti, una rapina come tante. Il figlio dei morti ammazzati collaborava bene, era lucido e deciso. Non è che gli dispiacesse molto, diceva sempre «normale». «Com’era tua madre?», «Normale», «Com’erano i vostri rapporti?», «Normali». I carabinieri cominciarono ad averne abbastanza di tutta quella normalità. La fine del gruppetto cominciò lì. fercamon@alice.it Stampa Articolo