Corriere della Sera 19/10/2008, 19 ottobre 2008
MILANO
Cinquanta milioni di euro, pari allo 0,07%. l’«investimento» della Banca centrale libica nell’Eni, confermato dal suo governatore Farhat Bengdara. E la corsa ad accaparrarsi quote nel capitale del Cane a sei zampe potrebbe proseguire. Il gruppo guidato da Paolo Scaroni è presente nel Paese dal ’59 e nel 2007 la produzione in quota Eni è stata di 252 mila barili-giorno. Un investimento di 50 milioni di euro, quello di Tripoli, e l’orientamento a comprare altre azioni. Obiettivo: diversificare e non controllare. La precisazione non è secondaria, dal momento che, in base allo statuto dell’Eni «nessuno può possedere (a eccezione del ministero dell’Economia e della sua controllata Cassa depositi e prestiti, che insieme detengono il 30,30% del capitale) a qualsiasi titolo, azioni della società che comportino una partecipazione superiore al 3% del capitale sociale». E in base alla legge sull’Opa – che impone il raggiungimento di una quota del 75% per le società privatizzate nelle quali esiste il tetto al possesso’ un’ipotetica scalata sarebbe di fatto impossibile.
Con gli attuali livelli di quotazione, l’Eni continua comunque a essere appetibile. E nel capitale Eni ci sarebbero già i fondi sovrani del Bahrein e il governo del Kazakhstan. Nessuna conferma, al riguardo, dall’Eni. Che anzi, evitano qualsiasi commento.
G. Dos.