Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 19/10/2008, 19 ottobre 2008
Violenze e attentati in Afghanistan? «Sono destinati ad aumentare almeno sino alla prossima primavera »
Violenze e attentati in Afghanistan? «Sono destinati ad aumentare almeno sino alla prossima primavera ». E gli italiani? «Fanno male il loro mestiere di soldati Isaf. A Herat non controllano l’ordine pubblico, dovranno fare molto di più per garantirsi il sostegno della popolazione». Parola di Ahmed Rashid, massimo studioso mondiale del fenomeno talebano e degli estremismi islamici in Asia Centrale, che dalla sua abitazione di Lahore così risponde per telefono alle nostre domande. I comandi inglesi in Afghanistan parlano di una «guerra che stiamo perdendo». Un rapporto Cia afferma cose molto simili. Cosa sta avvenendo? «Il problema maggiore per la coalizione occidentale è che manca un vero piano comprensivo per l’Afghanistan. Manca un forte senso di direzione. E tutti noi sappiamo bene, e lo sanno anche i talebani, che soltanto il prossimo aprile il futuro presidente americano designato dalle elezioni del quattro novembre sarà finalmente in grado di elaborare una coerente politica estera ed affrontare in modo deciso la questione afghana. Sino ad allora mi aspetto per lo più attentati, tensioni, violenze e terrorismo ». E come spiega la crescita degli attentati contro il contingente italiano a Herat? «Le mie conoscenze nel Paese mi indicano le gravi responsabilità italiane nelle loro zone di operazione. I contingenti Isaf dovrebbero contribuire a stabilire l’ordine pubblico e aiutare la crescita economica. Ma gli italiani hanno permesso che a Herat prendessero piede bande di malviventi e criminali. Negli ultimi giorni la città è stata scossa da scioperi e manifestazioni di piazza contro il fenomeno dei rapimenti. Un fatto gravissimo, che all’origine non ha nulla a che fare con il terrorismo, anche se poi in genere finisce per alimentarlo. La popolazione ha paura, chi ha qualche soldo teme di essere rapito, così cessano i commerci, le attività imprenditoriali. E cresce la povertà. Herat è oggi molto più povera che tre o quattro anni fa. La povertà contribuisce alla destabilizzazione e rafforza i talebani ». Ma gli italiani hanno soprattutto il mandato di contribuire alla crescita delle forze di sicurezza afghane. Cosa dovrebbero fare di più? «Occorre che gli italiani lavorino di più tra la gente, incrementino le pattuglie a piedi nel centro di Herat, al mercato, tra i villaggi, a difesa delle piccole industrie, delle vie di comunicazione. Mi dicono che il loro Prt (l’organizzazione che si occupa della ricostruzione civile, ndr) sia troppo sulla difensiva, assente». Eppure proprio nelle ultime settimane sono stati spostati centinaia di soldati italiani dalla piazza di Kabul a quella di Herat, le loro zone operative sono state allargate a sud e nord. «Pochi giorni fa ero alla riunione Nato di Bruxelles e ho avvertito con chiarezza le critiche americane nei confronti dei comandi italiani. Dicono che devono essere molto più presenti sul campo, guadagnarsi, anche rischiando, la fiducia degli abitanti. Se la popolazione non si sente sicura l’economia non può decollare. Non aiutano i profughi che rientrano dall’ Iran. Non aiutano il malcontento nei confronti del governatore locale e la siccità, che negli ultimi anni ha impoverito gli abitanti delle province occidentali». Come vede le recenti notizie circa negoziati diretti tra governo Karzai e talebani? «Si tratta in effetti solo di pre-negoziati. Sono passi importanti, certo. Ma non vedo alcuna vera sostanza. Siamo ben lontani dalla pacificazione. Anzi, nei prossimi mesi i talebani aumenteranno gli attentati. Si sentono vincitori, ci tengono ad accrescere la pressione sulla controparte in attesa del prossimo governo Usa e al fine di rafforzare le loro posizioni nell’ eventualità che magari l’anno prossimo le trattative divengano serie». Lorenzo Cremonesi