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 2008  ottobre 18 Sabato calendario

"Ho perso tutto, mi vendo un rene". Si è venduto tutto. Il camioncino con cui lavorava ai mercati generali di via Giordano Bruno, i mobili della casa a Santa Rita dove viveva con la moglie e la fede di nozze

"Ho perso tutto, mi vendo un rene". Si è venduto tutto. Il camioncino con cui lavorava ai mercati generali di via Giordano Bruno, i mobili della casa a Santa Rita dove viveva con la moglie e la fede di nozze. Gli resta solo il suo corpo. Ora ha messo in vendita anche quello. «Ma intendiamoci, io vendo un rene e il midollo osseo, non mi prostituisco». Salvatore ha 57 anni, è nato nel Salento ma vive a Torino da trent’anni. Giovedì mattina ha capito che non aveva alternative e ha deciso di scrivere un annuncio e di tappezzare la città. Il primo lo ha attaccato alle Molinette: «Vendo rene e midollo osseo. Se interessati telefono: - e qui segue un numero di cellulare -. No perditempo. Se interessati. Grazie. Adulto». Risultato: «Ieri il cellulare ha suonato un sacco di volte - racconta - ora vediamo». Della somma non vuole parlare, ma «per meno di 100 mila euro non se ne parla», poi ci ripensa, ma lascia la frase sospesa nel silenzio. «Sono venuto qui per cercare una vita migliore - racconta - a 11 anni sono finito in un istituto per minori. Mio padre mi costringeva a rubare e io ne ho pagato le conseguenze. Poi sono andato a Napoli ma è stato ancora peggio», sospira e ricomincia: «Chiedo solo di poter passare una vecchiaia dignitosa». Il problema è che a 57 anni farsi assumere è quasi impossibile: «Sono disposto a fare qualsiasi lavoro. Tutte le agenzie interinali hanno il mio curriculum, ma nessuno mi ha mai chiamato». Suona il cellulare, per un attimo pensa che sia un acquirente, o un lavoro. Poi legge il numero e rimette il telefono in tasca: «E’ la padrona del magazzino di 40 metri quadri in cui vivo per 160 euro al mese. Da quattro mesi non pago l’affitto. Finirò in mezzo alla strada». Si guarda le mani, grosse, robuste, di uno che ha sempre lavorato: «Sono stato 15 anni in via Giordano Bruno, ogni mattina mi trovavo da lavorare grazie al camioncino che mi ero procurato: carico e scarico merci». Poi i mercati generali si sono trasferiti, le regole sono cambiate e trovare qualcosa da fare ogni giorno è diventato impossibile: «Ho lavorato nella carpenteria pesante e poi a Praga, facevo la manutenzione dei pendolini. Quando sono tornato in Italia è stata la fine. Lavori saltuari e poi il nulla. Così ho iniziato a vendere tutto. Mi restano solo più i miei organi. Sono anziano ma sono sano, faccio tutti gli esami che vogliono». Rilegge l’annuncio scritto in stampatello e ricomincia: «Ha visto dove siamo arrivati? Con questa crisi chi vuole che faccia lavorare un vecchio?». Il fatto che il trapianto mercenario sia vietato non lo spaventa: «La legge non mi ha mai protetto, perché dovrei preoccuparmene ora? Le liste d’attesa sono lunghe, qualcuno mi chiamerà e reciterò una commedia». Il fatto che le mense per i poveri distribuiscano cibo gratuitamente non gli interessa: «Con un piatto di pasta vado avanti due giorni. Non voglio fare lo scroccone. Voglio un lavoro, guadagnare dei soldi e tornare a casa mia, in Salento, al mare che ho lasciato per una vita che mi ha preso a calci».