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 2008  ottobre 17 Venerdì calendario

Corriere della Sera, venerdì 17 ottobre Al soldato che interrogò la Sibilla prima di una battaglia, fu risposto, come narra il cronista medievale Alberico delle Tre Fontane: «Ibis redibis non morieris in bello», cioè, secondo l’interpretazione del timoroso soldato: «Andrai ritornerai non morirai in guerra»

Corriere della Sera, venerdì 17 ottobre Al soldato che interrogò la Sibilla prima di una battaglia, fu risposto, come narra il cronista medievale Alberico delle Tre Fontane: «Ibis redibis non morieris in bello», cioè, secondo l’interpretazione del timoroso soldato: «Andrai ritornerai non morirai in guerra». Invece, morì e non ritornò, perché la profezia poteva anche essere interpretata «Andrai non ritornerai morirai in guerra». Lasciamo stare la torsione sintattica che unisce in questo caso il «non» al precedente «redibis» invece che al seguente «morieris»: il latino di Alberico lo ammette. Cos’è successo? Che la risposta della Sibilla è fatta a voce, non per iscritto. Altrimenti, la virgola dopo «non», invece che prima, avrebbe detto il vero. un esempio limite dell’importanza della punteggiatura. Alla punteggiatura, di solito, si fa poco caso, anche se alle elementari si cerca di insegnarla: guai, per esempio, a mettere la virgola tra soggetto e verbo! Errore da matita rossa (ma Guido Morselli scrive: «Monza, era la succursale di Roma »). E quando si leggono edizioni dei grandi autori, non ci si rende conto che, esclusi quelli moderni, la punteggiatura è sempre opera del curatore, dato che in antico essa era molto scarsa, e diversa da quella ora in uso. L’esistenza di un sistema di punteggiatura funzionale è dunque cosa recente, e vale la pena di seguire le fasi della sua elaborazione. Ci si deve anzitutto riportare al passaggio della lingua dall’oralità alla scrittura, perché nell’oralità proprio le pause e i cambiamenti d’intonazione, oltre ad avere un effetto emotivo, aiutano a comprendere l’andamento sintattico del discorso. E questo va e vieni tra voce e trascrizione continua a pesare nell’uso della punteggiatura, tanto che si tende a distinguere tra punteggiatura logica e punteggiatura espressiva, la prima corrispondente ai rapporti sintattici tra le parti del discorso (periodi, proposizioni), la seconda alle minime interruzioni del flusso di voce che rendono efficace la declamazione. Insomma, il sistema interpuntivo è il prodotto di approssimazioni successive: si pensi che in alcuni manoscritti classici non si separavano nemmeno le parole, dunque si riproduceva tale e quale il flusso del discorso. Questa vicenda è ora ricostruita sapientemente ed esaurientemente nella Storia della punteggiatura in Europa, a cura di Bice Mortara Garavelli (Laterza), con la collaborazione di una trentina di grandi specialisti. Mentre alla definizione del sistema e alla normativa del suo uso aveva già provveduto la stessa Mortara con il Prontuario di punteggiatura (sempre Laterza, 2003). Questa storia, che copre quasi duemila anni, sarà rivelatrice per quasi tutti. Ne risulta, ad esempio, che nell’antichità classica e medievale si fecero vari tentativi di regolarizzare l’interpunzione, quasi sempre partendo dai testi greci. E una data fondamentale, almeno tra noi, è il 1496, quando lo scrittore e grammatico Pietro Bembo, il grande umanista ed editore Aldo Manuzio e l’incisore Francesco Griffo misero a punto l’edizione di un poemetto latino del Bembo, il De Aetna, in cui per la prima volta si utilizzano virgola, punto e virgola, apostrofo e accenti nella forma e secondo i criteri che ancora oggi usiamo. In tutto o in parte, questo sistema fu poi accolto anche fuori d’Italia. Da questa notizia si possono trarre due insegnamenti. Il primo è che l’attenzione alla punteggiatura si sviluppa contemporaneamente all’attenzione alla lingua: Bembo è appunto il codificatore dell’italiano sulla base del toscano di Petrarca e Boccaccio. Il secondo è che, in quell’epoca di conquiste culturali, l’editoria fu una delle principali fucine d’innovazione. Tra l’altro, sappiamo bene che essa ha inciso direttamente sull’uso linguistico, regolarizzando in senso toscano le opere degli scrittori. Come dire che l’editing non è invenzione moderna. Ma anche dopo il 1496 la punteggiatura attraversa fasi alterne, perché gli scrittori stessi oscillano tra la propensione verso un’interpunzione razionale e una espressiva. Tra i primi va certo messo il Manzoni, tra i secondi Pirandello («Si sente così stanca e triste, la signora Leuca! »). E mentre Carlo Dossi suggerisce di preannunciare i punti interrogativi ed esclamativi alla maniera spagnola, con il segno capovolto, i Futuristi dichiarano guerra alla punteggiatura, con qualche successo anche al di fuori della scrittura d’avanguardia. Una guerra che gli sms potrebbero far sembrare vinta. Cesare Segre