Massimo Gramellini, La Stampa 17/10/2008, pagina 1, 17 ottobre 2008
La Stampa, venerdì 17 ottobre Seguo sempre con interesse il dibattito dottrinario in seno alla Chiesa e quindi non potevo perdermi la prima intervista del nuovo arcivescovo di Firenze, monsignor Giovanni Betori, rilasciata a Radio Toscana e al settimanale Toscana Oggi
La Stampa, venerdì 17 ottobre Seguo sempre con interesse il dibattito dottrinario in seno alla Chiesa e quindi non potevo perdermi la prima intervista del nuovo arcivescovo di Firenze, monsignor Giovanni Betori, rilasciata a Radio Toscana e al settimanale Toscana Oggi. In essa l’augusto prelato annuncia una conversione importante, la sua: dalla Juventus alla Fiorentina. Qualcuno, anche fra i lettori di questo giornale, scomoderà la figura del figliol prodigo. Qualcun altro, specie fra i lettori di questo giornale, quella dell’Iscariota. Quantomeno di san Pietro: prima che il gallo canti (e il giglio fiorisca), rinnegherai Del Piero tre volte. Betori è il secondo juventino dopo Fede a cambiare bandiera per opportunismo. A proposito del cognome di Emilio: nemmeno un ateo, o forse solo un ateo ultrà, metterebbe sullo stesso piano la fede divina e quella calcistica. Ma il ripudio pubblico di un’emozione coltivata tutta la vita, al solo scopo di compiacere la curva dei nuovi fedeli, è proprio un esempio di quel relativismo culturale contro cui tanto strilla la Chiesa. In un mondo dove, dal lavoro all’amore, tutto diventa rapidamente precario, la fedeltà alla squadra del cuore resta un minuscolo esercizio di coerenza quotidiana, capace di sopportare le delusioni, le tentazioni, le ingiustizie, i sogni trafitti (e qui mi fermo perché, da granata, sto pericolosamente pencolando verso l’autobiografico). Chi considera il tifo un sentimento modificabile al pari di ogni altro, come sostiene Betori nella sua abiura bianconera, o conosce poco i sentimenti autentici o non è mai stato tifoso, se non di se stesso. Massimo Gramellini