Paolo Mereghetti, Corriere della Sera 17/10/2008, 17 ottobre 2008
Ieri sera ha debuttato nei cinema italiani Wall-E, il nuovo cartoon della Disney-Pixar che negli Usa ha sbancato il botteghino (il giugno scorso, nel primo week end di programmazione, incassò 62,5 milioni di dollari)
Ieri sera ha debuttato nei cinema italiani Wall-E, il nuovo cartoon della Disney-Pixar che negli Usa ha sbancato il botteghino (il giugno scorso, nel primo week end di programmazione, incassò 62,5 milioni di dollari). Il protagonista è Wall·E, acronimo che sta per Waste Allocation Load Lifter·Earth-class, uno scalcinato robot azionato da batterie solari che più o meno da 700 anni sta impacchettando e impilando i rifiuti che l’umanità ha abbandonato sulla Terra prima di fuggire su un’astronave per cercare nello spazio luoghi meno inquinati. l’ultimo rimasto in funzione, instancabile e inarrestabile, e in tutti quegli anni ha fatto amicizia con uno scarafaggio con cui condivide il rifugio dalle ricorrenti tempeste di polvere: il rimorchio di un camion per l’immondizia. Siamo nell’anno 2800. Oddio, che atmosfera catastrofica per un cartoon. Quelli della Disney vogliono dire ai bambini che l’umanità è condannata a sparire dalla terra, sommersa da un mare di rifiuti? No, no. Il messaggio non è questo. Anzi. La monotonia e la solitudine della vita di Wall-E cambiano all’improvviso quando dal cielo piove un’astronave che libera un piccolo sofisticatissimo robot di ultima generazione, Eve (anche qui un acronimo, Extraterrestrial Vegetation Evaluator), incaricato di verificare se sulla Terra ci siano segnali di una qualche rinata forma di vita. Come la piccolissima pianticella verde che Wall·E ha raccolto e conservato in una vecchia scarpa. Ah, meno male. Però, nel mondo vero, i robot con l’animo ambientalista purtroppo non esistono… In realtà qualcosa di simile a Wall-E - seppur privo della sua sensibilità ecologista - esiste già. Presto vedremo nelle nostre città DustBot, il robot spazzino. I primi a sperimentarlo saranno in Toscana i comuni di Massa, Pontedera e Peccioli mentre in Spagna toccherà a Bilbao e in Svezia a Orebro. La ramazza hi-tech di DustBot risulterà preziosa nei centri storici dove l’automa si districherà fra vicoli, piazzette, giardini. E dove potrà spargere liquidi per l’abbattimento delle polveri sottili oltre che per la disinfezione e la pulizia della strade. Ma non è tutto. Il robot-spazzino, nella sua versione DustCart, sarà capace di trasportare piccoli rifiuti dalle case ai centri di raccolta all’esterno dei centri storici. In futuro basterà una telefonata per prenotare i servigi di un DustCart, utili agli anziani, ai disabili e a chi abita in strade strette e zone scoscese dove i mezzi pubblici per la rimozione dei rifiuti si trovano in difficoltà. Bello! Ma nemmeno un esercito di DustBot potrebbe risolvere il problema dei rifiuti che crescono ovunque a dismisura. In effetti la quantità di spazzatura che si genera nelle case continua ad aumentare. Un recente studio dell’Agenzia europea dell’ambiente dice che il sacco di rifiuti del cittadino europeo, che nel 1995 pesava in media 460 chili all’anno, è arrivato a 520 nel 2004, ma toccherà quota 680 entro il 2020. In totale una massa di circa 340 milioni di tonnellate che – se venisse spalmata – coprirebbe un’area vasta quanto il Lussemburgo e alta 30 centimetri. E come faremo ad arginare quell’immenso blob maleodorante? Qualche possibilità esiste. Da un lato, un maggiore sviluppo delle attività di riciclo e recupero energetico; dall’altro, una riduzione generale dei rifiuti e, in particolare, di quelli destinati alle discariche. La legislazione europea, in questo senso, non è rimasta a guardare: le direttive e i programmi dedicati alla questione rifiuti, lasciano prevedere – se rispettate – per il 2020 una riduzione dei rifiuti destinati alla discarica al 35% (dal 47% del 2004) e un aumento delle operazioni di riciclo e di incenerimento pari rispettivamente al 42 e al 25% (dal 36 e 17% di tre anni fa). Sì, sì. Tante belle chiacchiere, che come al solito proiettano la disfatta dell’immondizia nel futuro… Ma possibile che nel mondo nessuno s’è inventato un modo per tenere le città pulite da subito? Qualche buona idea per diminuire la quantità dei rifiuti in effetti esiste già. Ad esempio la discarica di Canberra, Australia, effettua una nuova divisione dell’immondizia individuando ulteriori prodotti riciclabili; poi, grazie a un sistema naturale di bio-ossidazione (usando batteri e vermi) neutralizza quello che viene lasciato in discarica. Ne è anche nato un centro industriale annesso, dove le imprese riciclano tutto sul posto, dai pneumatici al legno per costruzioni. L’Irlanda, con una tassa sui sacchetti di plastica, ne ha diminuito l’uso del 90 per cento guadagnando pure 12,6 milioni di euro da investire nel riciclaggio. Il comune di San Francisco, California, ricicla il 63 per cento dei rifiuti che produce e conta di arrivare al 70 per cento entro il 2010. A Yokohama, in Giappone, la raccolta differenziata è una cosa talmente seria che, oltre ad aumentare a 10 le categorie di rifiuti, si è anche provveduto a fornire ai cittadini un opuscolo di ben 27 pagine che contenesse le spiegazioni su come separare le immondizie. Il rossetto, per esempio, va destinato all’inceneritore, mentre il suo contenitore («dopo che il contenuto è stato consumato») va tra i piccoli oggetti di metallo o tra le plastiche. Prima di gettare un pentolino bisogna munirsi di un metro: sotto i 30 centimetri va nel contenitore dei piccoli oggetti di metallo, sopra tra i rifiuti ingombranti. E cosa accade ai calzini? Se si tratta di uno solo va messo nell’inceneritore, se sono due, va tra i vestiti usati. Capirai, già me li figuro gli italiani in piazza contro ”il calzino differenziato”… Forse non siamo ancora pronti, come dice lei. Eppure anche da noi qualcosa sta cambiando. Basti pensare che il 25 agosto ha aperto a Moncalieri Ecopunto, il primo negozio che acquista a peso rifiuti riciclabili (carta, plastica, carta e alluminio). Hanno spiegato i responsabili: «Lo scopo è convincere la gente a fare la raccolta differenziata con un piccolo tornaconto economico, soprattutto le fasce più povere che spesso sono anche le più restie a riciclare». La carta viene pagata 2 centesimi al chilo, la plastica 17, l’alluminio 63 centesimi (con 60 lattine di Coca Cola si guadagna circa mezzo euro), eccetera. AVANZI Ogni volta che la Pixar mette mano a un nuovo lungometraggio d’animazione è come se alzasse sempre di più l’asticella delle difficoltà. Non solo tecniche (qui per esempio il ruolo centrale dei fondali) ma anche contenutistiche. Così, dopo l’elogio dell’ecologia fatto grazie alle automobili ( Cars), adesso ecco la più romantica delle storie d’amore interpretata da due «esseri » senza cuore. Due robot. Wall·E, acronimo che sta per Waste Allocation Load Lifter·Earth-class, è uno scalcinato robot azionato da batterie solari che più o meno da 700 anni sta impacchettando e impilando i rifiuti che l’umanità ha abbandonato sulla Terra prima di fuggire per cercare nello spazio luoghi meno inquinati. l’ultimo rimasto in funzione, instancabile e inarrestabile, e in tutti quegli anni ha sviluppato anche una specie di personalità, fatta di fascinazione e curiosità per alcuni oggetti desueti (desueti nel 2800 s’intende: un cubo di Rubik, un lettore di cassette dove può vedere un brano del musical Hello, Dolly!, lampadine più o meno colorate, un videogioco, ecc. ecc.) e di amicizia per uno scarafaggio con cui condivide il rifugio dalle ricorrenti tempeste di polvere: il rimorchio di un camion per l’immondizia. La monotonia e la solitudine della sua vita cambiano all’improvviso quando dal cielo piove un’astronave che libera un piccolo sofisticatissimo robot di ultima generazione, Eve (anche qui un acronimo, Extraterrestrial Vegetation Evaluator), incaricato di verificare se sulla Terra ci siano segnali di una qualche rinata forma di vita. Come quella piccolissima pianticella verde che Wall·E ha raccolto e conservato in una vecchia scarpa. Ma se all’inizio a Eve sembra interessare solo l’obiettivo della sua missione, per Wall·E l’incontro ha la forza di un colpo di fulmine – come ha imparato vedendo e rivedendo l’incontro tra i timidi attori di Hello, Dolly! – e così decide di seguire Eve nel suo ritorno verso la stazione orbitante (per la verità più simile a una nave da crociera che a una tradizionale stazione spaziale) che l’aveva lanciato. A questo punto siamo pronti per il melodramma. I due protagonisti non potrebbero essere più diversi: arrugginito e sferragliante l’uno, che richiama nel sua struttura di metallo le forme goffe e accattivanti di E.T.; tecnologica e levigatissima l’altra, che invece ripropone lo sguardo impenetrabile degli extraterrestri di Incontri ravvicinati. Uno conscio dei «sentimenti» che prova, l’altra apparentemente insensibile alle attenzioni di cui è oggetto. E c’è anche l’«insormontabile» ostacolo sociale che di solito si frappone tra i due amanti: nei romanzi dell’Ottocento era la differenza di classe e di censo, qui è naturalmente la differenza di tecnologia e di efficienza. Ma come nelle favole più belle, la forza del cuore finisce per vincere la freddezza della tecnologia e un primo, casuale contatto fisico innesca una «scossa» che annulla le distanze. A questo punto, però, il film cambia marcia, svelando allo spettatore chi aveva organizzato il viaggio di Eve sulla Terra e mostrando come si ridurrà l’umanità in un futuro dove tutto sarà affidato alle macchine mentre l’ex homo erectus assomiglierà sempre di più a una «larva» incapace anche di stare in piedi. La storia d’amore lascia il campo alla lezione ecologica e il film perde in tenerezza e fantasia, ma soprattutto abbandona i toni più infantili (e comprensibili da un pubblico infantile) per rivolgersi a uno spettatore un po’ più avvertito. Le trovate sono ancora tante, compresa una specie di rilettura ad usum delphini della rivolta contro lo strapotere della tecnologia già raccontata in 2001 Odissea nello spazio. Il messaggio ecologico si trasforma in un atto d’accusa contro l’umanità responsabile di aver trasformato la Terra in un’enorme pattumiera e di non voler difendere la Natura, ma la poesia di quell’amore inter-robotico perde un po’ della sua magia iniziale. Resta la straordinaria sapienza produttiva della Pixar e del suo regista e vicepresidente Andrew Stanton (già regista di Alla ricerca di Nemo e produttore di Ratatouille) che con questo film hanno compiuto un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione dell’animazione computerizzata. Da notare, questa volta, la straordinaria cura nel restituire una qualità «cinematografica» agli sfondi terrestri, non più definiti e precisi come sono solitamente gli sfondi digitali ma per una volta più «sporchi » e «indistinti», proprio come se fossero ripresi da una normale cinepresa, con tutte le «imperfezioni» del caso. Se pensiamo che Toy Story, il primo film d’animazione interamente digitale, era di solo 13 anni fa, possiamo ben dire che ormai le differenze sono diventate quasi impercettibili e che il cinema è pronto per intraprendere le strade di qualche nuova rivoluzione tecnologica. 2800 Il film è ambientato nel 2800 circa: da oltre 700 anni gli uomini hanno abbandonato la Terra Batterie Wall·E è uno scalcinato robot azionato da batterie solari. A sinistra: due scene con l’ultratecnologica robot Eve GUARDA Le immagini, il trailer e la video-recensione del film su www.corriere.it Fonte: Paolo Mereghetti, Corriere della Sera 17/10/2008 Boom d’incassi al botteghino statunitense per Wall-E, l’ultima produzione Disney-Pixar uscita nelle sale venerdì; il cartone, diretto dall’ottimo Andrew Stanton già dietro la macchina da presa in Alla ricerca di Nemo, ha infatti incassato circa 62,5 milioni di dollari. La produzione di rifiuti nel mondo Ovunque in crescita, la produzione di rifiuti solidi urbani risente ovviamente delle dispari condizioni di ricchezza tra il nord ed il sud del mondo. Ma tra i problemi creati dalla disparità di mezzi per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti c’è anche la difficoltà di calcolare l’esatta produzione di rifiuti pro capite in molte città dei paesi in via di sviluppo.
Ciò nonostante è possibile dare un’occhiata a quello che noi produciamo… chissà che non ci venga voglia di osservare più attentamente cosa mettiamo nel sacchetto della spazzatura.

Rifiuti solidi urbani (in kg pro capite)
Messico 310
Polonia 320
Repubblica Ceca 330
Turchia 390
Giappone 410
Grecia 430
Portogallo 450
Svezia 450
Ungheria 450
Finlandia 460
Italia 500
Francia 510
Germania 540
Belgio 550
Austria 560
Gran Bretagna 560
Olanda 610
Svizzera 650
Danimarca 660
Spagna 670
Stati Uniti d’America 760 Ogni anno nell’Unione Europea vengono prodotti un miliardo e 300 milioni di tonnellate di rifiuti, e questo dato è in costante aumento. Il volume generale dei rifiuti, infatti, sta crescendo a livelli proporzionali alla crescita economica dell’Europa dei 25. Fra le diverse tipologie di rifiuti prodotti, solo lo smaltimento dei rifiuti pericolosi e municipali costa all’Unione 75 miliardi di euro l’anno. Questo vuol dire che i guadagni per l’industria dello smaltimento dei rifiuti sono estremamente elevati e dovrebbero aumentare in modo significativo nel corso dei prossimi anni. Frost & Sullivan (http://www.environmental.frost.com) ritiene che il mercato europeo dello smaltimento dei rifiuti e del riciclaggio registri introiti totali annuali pari a 100 miliardi di euro. Tre tonnellate di rifiuti per fare un anello d’oro Secondo l’edizione 2003 del rapporto annuale sullo stato del pianeta, l’estrazione dei metalli è una delle attività più devastanti del Pianeta Per costruire un anello d’oro si producono circa tre tonnellate di rifiuti. Le attività di estrazione utilizzano circa il 10% dell’energia complessivamente consumata, minacciano il 40% delle foreste primarie ancora esistenti e in molti Paesi sono responsabili di oltre la metà delle emissioni tossiche. I suoi costi sociali, ambientali e sanitari sono tra i più alti che si conoscano. Lo denuncia l’edizione 2003 dello State of the world, il rapporto annuale sullo stato del pianeta pubblicato ogni anno in 30 lingue dal Worldwatch Institute americano, fondato da Lester Brown. L’edizione italiana, curata come ogni anno dal portavoce del Wwf, Gianfranco Bologna, è in arrivo nelle librerie dai primi di aprile, edita dalle Edizioni ambiente. Il settore minerario, denuncia il sesto capitolo del rapporto (’Chiudere le miniere’, di Payal Sampat) è ai primi posti tra le attività non sostenibili ed è anche l’attività lavorativa più pericolosa in assoluto: in media ogni giorno muoiono 40 minatori in qualche parte del mondo. Le attività estrattive sono anche in cima anche alla classifica della produzione di rifiuti e di sostanze tossiche. Negli ultimi 20 anni i minatori brasiliani hanno estratto dalle 80 alle 100 tonnellate di oro l’anno con i metodi tradizionali. Ma l’estrazione del prezioso metallo ha provocato il rilascio di circa 100 tonnellate di mercurio nei terreni e altrettante in atmosfera. Negli Usa queste attività sono responsabili ogni anno dell’emissione di circa due milioni di tonnellate di inquinanti tossici come mercurio, piombo, cadmio e cianuro. ’Esistono però alternative praticabili - si sostiene nello State of the world 2003 - che il mondo dell’industria deve considerare. Ad esempio la Danimarca ha messo al bando l’alluminio dai contenitori di bevande, riducendo la dipendenza dall’attività estrattiva. Le alternative esistono e si chiamano riciclo dei metalli, ripristino e riuso dei materiali, come avviene in alcuni paesi’. Il rapporto 2003 oscilla tra i segnali di cambiamento incoraggianti e i fallimenti politici, come il vertice 2002 di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile. Ogni giorno, rileva, muoiono 5.500 bambini per malattie causate dall’inquinamento ambientale (acqua, alimenti, aria) e la malaria toglie la vita a 7.000 persone. I riscaldamento climatico da gas serra sta provocando lo scioglimento dei ghiacci polari, fenomeno in grado di sollevare in meno di cento anni i livelli dei mari fino a far saltare gli equilibri geografici ed ecologici attuali. Le estinzioni degli uccelli, provocate dallo stesso modello di sviluppo che minaccia il clima, provocando malattie o l’inquinamento, sono oggi 50 volte più veloci rispetto ai ritmi di scomparsa naturale. Tra gli elementi positivi il rapporto cita la messa al bando dei CFC (Clorofluorocarburi), che ha ridotto le emissioni di questi gas dell’81%, la campagna di eradicazione della poliomelite e la crescita impetuosa delle energie rinnovabili, come solare ed eolico (oltre il 30% in paesi come Spagna, Giappone Germania). ’Le sfide che lo stato del pianeta lancia all’uomo, dal problema demografico al degrado ambientale, sono di proporzioni enormi ma non sono inaffrontabili - si legge nel volume - La storia dimostra che l’umanità è capace di grandi scatti in avanti quando la situazione lo richiede’. Fondamentale sarà, concludono i curatori del rapporto, la capacità di abbandonare l’attuale modello di sviluppo basato solo sui parametri della crescita economica, per abbracciare lo sviluppo sostenibile. ’E’ necessario e urgente - scrive nell’introduzione Gianfranco Bologna - avviare politiche innovative coraggiose che le conoscenze scientifiche e tecnologiche ci consentirebbero, e capaci di futuro, come la cultura della sostenibilità richiederebbe. Finora, di fronte a queste grandi sfide, la risposta politica ed economica è stata assolutamente inadeguata, come ha confermato il fallimento del summit di Johannesburg’. 31 marzo 2003 Un sacco della spazzatura, parte di un’installazione dell’artista tedesco Gustav Metzger in mostra alla Tate Britain di Londra, è stato gettato nel trituratore per rifiuti da un membro del personale di pulizia, ignaro che si trattasse di un’opera d’arte. A Guiyu, zona di villaggi a 400 km da Hong Kong, c’è una delle più grandi discariche di spazzatura tecnologica al mondo: ogni giorno arrivano montagne di rifiuti, quasi sempre statunitensi, che decine di piccoli imprenditori comprano a 600 dollari la tonnellata e centinaia di migliaia di persone smembrano, dissaldano, cuociono tentando di riciclarne tutto ciò che può ancora avere valore (stipendio: due euro al giorno per 18 ore di lavoro). Se il container di rifiuti hi-tech è buono, se ne possono ricavare fino a 250mila dollari in materiali. Graqie a questa attività, Guiyu è una delle zone più inquinate del mondo Pulizia. Sconcerto di Goethe a Palermo per l’abitudine «di tutti i padroni dei negozi e dei fondachi laterali, che scopano instancabili i marciapiedi, spingendo l’immondizia nel mezzo della strada e rendendola pertanto sempre più sudicia, sicché una ventata basta a restituire tutti i rifiuti di cui l’hanno gratificata». Il 25 agosto a Moncalieri apre Ecopunto, il primo negozio che acquista a peso rifiuti riciclabili (carta, plastica, carta e alluminio). Spiegano i responsabili: «Lo scopo è convincere la gente a fare la raccolta differenziata con un piccolo tornaconto economico, soprattutto le fasce più povere che spesso sono anche le più restie a riciclare». La carta viene pagata 2 cetesimi al chilo, la plastica 17, l’alluminio 63 centesimi (con 60 lattine di Coca Cola si guadagna circa mezzo euro). In Italia si producono 31,7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani in un anno. Con un «costante aumento» pari a 10 chili pro capite negli ultimi anni. I rifiuti tossici sono invece 5,3 milioni di tonnellate: il loro riciclo è spesso gestito illegalmente. I dati sono stati forniti da Pecoraro, ministro dell’Ambiente. La Gazzetta dello Sport 7/2/2007; A Yokohama, in Giappone, la raccolta differenziata è una cosa seria. Tanto seria che, oltre ad aumentare a 10 le categorie di rifiuti, si è anche provveduto a fornire ai cittadini un opuscolo di ben 27 pagine che contenesse le spiegazioni su come separare le immondizie. Il rossetto, per esempio, va destinato all’inceneritore, mentre il suo contenitore («dopo che il contenuto è stato consumato») va tra i piccoli oggetti di metallo o tra le plastiche. Prima di gettare un pentolino bisogna munirsi di un metro: sotto i 30 centimetri va nel contenitore dei piccoli oggetti di metallo, sopra tra i rifiuti ingombranti. E cosa accade ai calzini? Se si tratta di uno solo va messo nell’inceneritore, se sono due, va tra i vestiti usati. Norimitsu Onishi, "The New York Times - la Repubblica", 25/5/2005, pag. 2 Esempi di buone idee per diminuire la quantità dei rifiuti. La discarica di Canberra, Australia, che effettua una nuova divisione dell’immondizia individuando ulteriori prodotti riciclabili; poi, grazie a un sistema naturale di bio-ossidazione (usando batteri e vermi) neutralizza quello che viene lasciato in discarica. Ne è anche nato un centro industriale annesso, dove le imprese riciclano tutto sul posto, dai pneumatici al legno per costruzioni. L’Irlanda, con una tassa sui sacchetti di plastica, ne ha diminuito l’uso del 90 per cento guadagnando pure 12,6 milioni di euro da investire nel riciclaggio. La Xerox recupera vecchie fotocopiatrici da 16 paesi europei: riutilizzando le parti o riciclando i materiali finisce nei rifiuti solo il 5 per cento della macchina (solo nel 2000 quest’operazione ha fatto risparmiare all’azienda 76 milioni di euro). Gabriele Salari, "D" 26/2/2005 Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente, nel 2003 in Italia sono stati prodotti 30 milioni di tonnellate di rifiuti, con una media di 519 chili a testa. Grazie alla raccolta differenziata sono stati riciclati in media il 21,5 dei rifiuti (Veneto e Lombardia sono al 35 per cento, mentre la maggior parte del Sud è sotto il 10). Il confronto con gli altri Paesi europei: nel 2001 la Germania recuperava il 42 per cento dei rifiuti, i Paesi Bassi il 45 e l’Austria il 60. Chiara Palmerini, ”Panorama” 21/4/2005. pag. 180 Il comune di San Francisco, California, ricicla il 63 per cento dei rifiuti che produce e conta di arrivare al 70 per cento entro il 2010. Secondo Paul Connett, chimico della St. Lawrence University di New York, e l’economista della London School of Economics di Londra Robin Murray, si potrebbe arrivare all’obiettivo "Rifiuti Zero" entro il 2020. Basterebbe che amministratori, cittadini e aziende pensassero a come riciclare i rifiuti fin dall’inizio del processo produttivo. Gabriele Salari, "D" 26/2/2005 Rifiuti. Un’ordinanza emessa nel regno di Luigi XIV obbligava alla rimozione dei materiali fecali dai corridoi di Versailles una volta la settimana. Nell’area di Parigi, nella prima metà dell’Ottocento si producevano 50 chili di frutta e verdura a persona grazie all’uso fertilizzante degli escrementi umani (a Londra, a fine Seicento, per raccogliere escrementi bisognava pagare una tassa). In Italia, dal 1993 al 2002 la produzione di rifiuti urbani è passata da 25,2 milioni di tonnellate a circa 30 milioni (523 chilogrammi a persona). Si pagano la luna di miele con i rifiuti riciclati. Raccolgono 60.000 pezzi per avere 36.000 miglia di British Airways. LONDRA. La luna di miele è il coronamento di tutte le storie d’amore, ma per John e Ann Tilll, 31 anni lui e 24 lei, è stata una vera fatica. La giovane coppia ha lavorato molto per potersi permettere un viaggio indimenticabile. I due, infatti, hanno raccolto oltre 60.000 rifiuti tra lattine, bottiglie di plastica, carta e qualsiasi altro oggetto riciclabile. Per tre mesi hanno ripulito tutte le strade vicino casa per vincere le 36.000 miglia di British Airways regalate da un supermercato, impegnato nella raccolta differenziata. «Abbiamo scoperto la macchina per il riciclaggio quando stavamo facendo benzina», ha detto il signor Till . «Volevamo una luna di miele speciale e stavamo pensando a come fare per raccogliere i fondi. Poi abbiamo notato la particolare "iniziativa". Inserendo ogni volta nella macchina quattro pezzi guadagnavamo un punto da convertire poi in miglia». «Ci siamo impegnati tantissimo, finchè non siamo riusciti - ha continuato John- a convertire i rifiuti in due posti su un aereo». «Uscivano tutte le sere, soprattutto in primavera. Presto abbiamo scoperto i posti migliori per trovare rifiuti. Raccoglievamo enormi quantità di lattine e bottiglie di Coca Cola. Sono rimasto davvero sorpreso nel vedere quanta immondizia viene gettata per strada». Anche la signora Till ricorda il duro lavoro di quei giorni: «A volte inserivamo fino a 600 pezzi in una sola volta. Stavamo davanti alla macchina per ore, fin quando non avevamo finito di far passare tutte le bottigliette e le lattine». La coppia, alla fine, è riuscita a partire. Si sono sposati ad Agosto, hanno navigato fino a New York sulla Queen Mary 2, hanno visitato Denver, Colorado e Nashville, e poi sono tornati in volo a casa. «Quando ero sull’aereo- ha raccontato la signora Till- mi sono divertita a pensare che quelli che hanno lasciato rifiuti in strada hanno pagato per la mia felicità». Contro la spazzatura l’arma del recupero. Il Sole 24 ore 4 febbraio 2008. Conto alla rovescia per mettersi in regola con i dettami della legislazione Ue sullo smaltimento dei rifiuti: la procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea nel giugno scorso lascia all’Italia appena un mese di tempo per conformarsi ai dettami della direttiva quadro sui rifiuti, adottando misure efficaci per la fase di emergenza attuale, ma creando anche adeguate infrastrutture di gestione per risolvere l’annoso problema. Ma, se per l’Italia sono dietro l’angolo la denuncia davanti alla Corte di giustizia Ue e il rischio di sanzioni, in tutta Europa la quantità di spazzatura che si genera nelle case continua ad aumentare. Diventa così cruciale – come spiega un recente studio dell’Agenzia europea dell’ambiente – un miglioramento della gestione dei rifiuti, anche ai fini di una riduzione delle emissioni di gas serra. Il sacco di rifiuti del cittadino europeo, che nel 1995 pesava in media "solo" 460 chili all’anno, è arrivato a 520 nel 2004, ma toccherà quota 680 entro il 2020. In totale una massa di circa 340 milioni di tonnellate che – se venisse spalmata – coprirebbe un’area vasta quanto il Lussemburgo e alta 30 centimetri. Qualche possibilità di arginare l’immenso blob maleodorante e di abbattere l’inevitabile formazione di gas serra però esiste: da un lato, un maggiore sviluppo delle attività di riciclo e recupero energetico; dall’altro, una riduzione generale dei rifiuti e, in particolare, di quelli destinati alle discariche. Certo, il quadro per ora non è omogeneo, ma presto potrebbe diventarlo: se fino al 2004 la produzione pro capite era di 570 chili nell’Europa a 15 e di 335 nei 12 Paesi di più fresca "nomina" (Bulgaria, Slovacchia, Cipro, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Repubblica Ceca) lo sviluppo delle economie e dei consumi nei Paesi dell’Est dovrebbe far avvicinare i livelli di rifiuti prodotti nelle due aree. La legislazione europea comunque non è rimasta a guardare: grazie alle direttive e ai programmi dedicati alla questione rifiuti, lasciano prevedere – se rispettate – per il 2020 una riduzione del conferimento in discarica al 35% (dal 47% del 2004) e un aumento delle operazioni di riciclo e di incenerimento pari rispettivamente al 42 e al 25% (dal 36 e 17% di tre anni fa). La gestione dei rifiuti urbani è del resto responsabile del 2% delle emissioni totali nell’intera Ue, ma secondo il rapporto dell’Agenzia europea lo scenario dovrebbe migliorare. Nei prossimi anni infatti, se da un lato continueranno a crescere le quantità dei rifiuti prodotti e la loro raccolta (con un conseguente aumento delle emissioni dirette di gas serra), dall’altro avranno sempre più spazio riciclaggio e incenerimento, con una riduzione delle emissioni dirette. In conclusione, queste due diverse tendenze dovrebbero permettere di scendere dai 55 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalenti l’anno (di fine anni 80) ai 10 milioni entro il 2020. Certo – conclude lo studio – si tratta di proiezioni che sottintendono una crescita della capacità di gestione dei rifiuti adeguata alla domanda. Per la realizzazione delle quali saranno comunque necessarie azioni volte a contenere la continua, e prevista, crescita dei rifiuti. Rossella Cadeo