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 2008  ottobre 23 Giovedì calendario

L’espresso, giovedì 23 ottobre Immaginate di ricevere una lettera dalla banca che vi comunica un aumento del tasso di interesse sul vostro debito dall’8 al 26 per cento

L’espresso, giovedì 23 ottobre Immaginate di ricevere una lettera dalla banca che vi comunica un aumento del tasso di interesse sul vostro debito dall’8 al 26 per cento. Con poche righe di spiegazione: "Caro cliente, a causa del cambiamento delle condizioni del mercato...". Negli Stati Uniti sta accadendo ai clienti di molte società di carte di credito americane, per esempio quelli di Adventa, che ha portato i tassi di interesse a livelli mai raggiunti prima. Così, dopo la bolla dei mutui subprime, sta per esplodere quella delle carte di credito. Un’altra anomalia americana destinata ad andare in pezzi in questo clima da resa dei conti dove tutti i nodi di una finanza senza regole stanno venendo al pettine. Alla fine del 2007, ogni famiglia americana aveva verso le carte di credito un debito medio di 9.840 dollari, in crescita continua da anni. Il debito complessivo supera ormai i 2.400 miliardi di dollari, una somma enorme che rischia di sommergere le grandi banche che emettono le carte, in prima fila Bank of America, J. P. Morgan Chase, Citigroup. Mentre Visa, American Express e MasterCard hanno visto il loro valore in Borsa dimezzato negli ultimi tre mesi. Gli esperti già prevedono nuovi stanziamenti del ministero del Tesoro per coprire i buchi che potrebbero trascinare diverse banche nel vortice della bancarotta. Non si tratterà di semplici salvataggi finanziari. In una società dove il consumatore ha in media quattro carte di credito in tasca (ma uno su dieci ne ha una dozzina) i cambiamenti in corso rappresentano la crisi di uno stile di vita che ha dominato la scena fin dalla fine degli anni Settanta. Negli ultimi decenni la crescita dell’economia americana è stata basata su tre capisaldi: il petrolio a basso costo, il credito facile per acquistare la casa e la possibilità di ottenere un numero crescente di carte di credito su cui poter frazionare i propri debiti. Queste tre cose si tenevano insieme l’una con l’altra. Gli americani compravano case sovradimensionate - soprannominate McMansion - spesso in lontani sobborghi, e riuscivano a pagare i mutui, all’inizio molto vantaggiosi, usando due leve: da una parte aumentavano il proprio debito sulle carte di credito, dall’altra rifinanziavano il debito grazie alla continua crescita del valore delle case. Ma improvvisamente tutti e tre i pilastri di quel castello sono crollati in una drammatica sequenza. Prima è arrivato l’aumento del prezzo del petrolio a rendere le McMansion sempre più dispendiose: improvvisamente milioni di famiglie non riescono più a pagare le bollette. Poi l’esplosione della bolla dei mutui subprime ha fatto precipitare il prezzo delle case, mandando molte famiglie in bancarotta. Ora è la volta delle carte di credito: un numero crescente di americani non è più in grado di pagare un debito che per oltre due milioni di famiglie supera i 20 mila dollari. Secondo la Federal Reserve, solo negli ultimi tre mesi il 37 per cento delle banche ha alzato gli interessi dal 6-10 per cento al 24-26 per cento, un tasso da strozzinaggio. Il risultato è che il 60 per cento delle famiglie americane non riesce a saldare il conto della carta di credito a fine mese e continua a spendere più di quello che guadagna. Si tratta di una bomba che sta ormai per esplodere. Innovest Strategic Value Advisors, una società di ricerca, sostiene che per le banche le perdite delle carte sui crediti inesigibili ammontavano nel 2007 a 22,6 miliardi di dollari e, alla fine di quest’anno, arriveranno a 41,5 miliardi. Già nel marzo 2008 il numero di privati che hanno dichiarato bancarotta era cresciuto a 871 mila, il 36 per cento in più rispetto all’anno precedente. Ma ci sono segnali che la situazione stia peggiorando ancora. E questo - secondo la American Bankers Association - spinge due terzi delle banche a ridurre le linee di credito ai clienti visto il deteriorarsi della situazione economica di milioni di famiglie. l’economia basata sulla plastica che si sta sgonfiando. Gary McBride, analista di Bankrate.com, prevede che sui consumatori si stia per abbattere una raffica di protesti di dimensioni storiche da parte delle carte di credito: "Si tratta di un debito di oltre un migliaio di miliardi di dollari destinato a compromettere ulteriormente la precaria situazione di istituti come Bank of America, Capital One e di altri, come Providian e Washington Mutual, che sono stati recentemente assorbiti da JP Morgan e Wells Fargo". Dean Baker, esperto del Center for Economic and Policy Research, è ancora più pessimista: "Prevedo un’ondata di fallimenti bancari che aggraverà l’economia internazionale. Il crac delle carte di credito rischia di avere pesanti conseguenze sulla Bank of America. E molte piccole banche finiranno in bancarotta". McBride prevede che a livello internazionale questa nuova crisi avrà un impatto molto diverso da paese a paese: "In Gran Bretagna avrà conseguenze simili a quelle previste sul mercato Usa, assai meno in altri paesi europei che, come l’Italia, non fanno ricorso all’indebitamento personale in maniera così massiccia. Anche in certi paesi asiatici il problema è preoccupante, specie in Giappone, in Corea e in Cina, dove negli ultimi anni il debito verso le carte di credito sta crescendo esponenzialmente".  probabile che questa crisi avrà un’influenza profonda sul tenore di vita e sulle abitudini di consumo di molte famiglie americane che in passato hanno usato le carte di credito per permettersi consumi al di sopra delle proprie possibilità. una fase storica che si chiude. Fino alla metà degli anni Settanta le famiglie Usa risparmiavano in media il dieci per cento del loro reddito. Ma la spinta ai consumi esplosa all’inizio degli anni Ottanta ha progressivamente annullato la capacità di risparmio, che oggi è prossima a zero. I primi segnali di un’inversione di rotta sono già evidenti. In agosto, per la prima volta dopo dieci anni, i prestiti chiesti dagli americani sono scesi del 3,7 per cento: "La tenaglia del credito obbligherà gli americani a limitare i consumi", dice Frank Badillo, economista alla TNS Retail Forward, società di ricerche di mercato: "Stiamo per assistere a cambiamenti radicali nel comportamento dei consumatori". Si tratta di una mutazione che nel breve termine avrà certamente un effetto negativo sull’economia americana. La minore propensione al consumo è destinata a favorire una inevitabile recessione e a rimodellare intere industrie, per esempio quella automobilistica, ormai orientata verso le piccole cilindrate a basso consumo. Ma Ruth Susswein, analista di Consumer Action, una organizzazione di difesa dei consumatori, è convinta che molte banche nel settore delle carte di credito finiranno presto sotto il controllo della Federal Reserve e che questo avrà un effetto positivo sul mercato: "Molte linee di credito saranno tagliate e i consumatori dovranno imparare a usare di più il denaro contante. Da un lato questo provocherà un calo dei consumi ma dall’altro farà aumentare la propensione al risparmio", dice Susswein. Per capire la portata di questa rivoluzione basti pensare che dopo l’11 settembre, con il paese ancora sotto choc, il presidente Bush invitò gli americani a tornare nei negozi a fare acquisti, indicando nel consumo la prima medicina anti-crisi. Sono passati sette anni e quella medicina è risultata tossica. La corsa al debito non si è più fermata, sia a livello dei comportamenti privati sia in quelli pubblici. Alcune settimane fa il contatore luminoso del debito pubblico, inaugurato nel 1989 a Times Square, nel cuore di New York, ha superato i 9.999 miliardi di dollari e non aveva più caselle luminose su cui espandersi. E improvvisamente fare debiti non è più considerato una virtù ma è diventato un sintomo di malattia. Non è un caso se i sondaggi elettorali fanno prevedere la vittoria di Obama alle elezioni del 4 novembre. A 28 anni dall’avvento dell’era reaganiana forse la società americana è pronta a una svolta. La crisi delle carte di credito è il simbolo più forte di questo cambiamento. Enrico Pedemonte Paolo Pontoniere