Giorgio Dell’Arti Massimo Parrini, Catalogo dei Viventi 2009, Marsilio 2008, 16 ottobre 2008
MAZZEI Santo
MAZZEI Santo Catania 20 giugno 1953. Mafioso, capo della famiglia dei Cursoti di Catania. Detenuto al 41 bis dal 92, attualmente nel carcere di L’Aquila. Condannato in via definitiva all’ergastolo per associazione mafiosa e omicidi. Sposato, con figli (la moglie, Rosa Morace, del 53, e il figlio Sebastiano, del 72, sono stati condannati nel 2006 per associazione mafiosa, la prima per avere fatto da tramite tra il marito e gli affiliati, mentre lui era al 41 bis) • Vanta come padrino Leoluca Bagarella, che nel giugno 92, dopo la strage di Capaci, organizza la cerimonia d’iniziazione a Catania allo scopo di assicurarsi un uomo di fiducia all’interno della famiglia catanese. Fu così che il Mazzei entrò nell’ala oltranzista di Cosa Nostra, in contrapposizione con il clan catanese di Nitto Santapaola (vedi), che invece aderì alla fazione moderata guidata da Provenzano. Ma nel 2008 i giudici della Cassazione, rigettando il suo ricorso contro il decreto ministeriale di proroga del regime del 41 bis, scrivono che «dopo precedente avversità tra le due cosche», il Mazzei è inserito nella famiglia Santapaola • Lupara bianca Un nipote di vent’anni, di nome Sebastiano come il figlio, per essersi pentito sparì nel nulla nell’89 (il cadavere non fu mai ritrovato). Per l’omicidio sono finite in carcere nel 2007 la madre e la sorella del presunto defunto, Gaetana Conti e Concetta Mazzeo (il cognome è diverso solo per un errore di trascrizione dell’impiegato dell’anagrafe). Secondo le accuse «il giorno del fatto, la madre Gaetana, lo aveva tranquillizzato dicendogli che lo zio Santo gli avrebbe mandato degli uomini per portarlo al nord, la sorella Concetta lo aveva chiamato dal citofono dicendogli che quelle persone erano arrivate e così Mazzeo Sebastiano era sceso e lo avevano caricato in auto dove lo avevano ucciso. L’auto veniva poi data alle fiamme e sul punto vi era il riscontro dell’intervento dei vigili del fuoco» (così i giudici della Cassazione il 2 aprile 2008, decidendo che la Mazzeo doveva rimanere in custodia cautelare). L’accusa aveva chiesto l’applicazione della misura anche nei confronti di Santo Mazzei, già detenuto, ma il gip non ritenne sufficienti gli indizi di colpevolezza a suo carico. Tradire la propria vittima era comunque un metodo familiare per il Mazzei, che fu condannato (in via definitiva in 2 febbraio 2004), per concorso nell’omicidio di un Agostino D’Agati, per averlo invitato a comprare un piumone nel negozio di un complice, dove invece fu colpito a morte con un colpo di pistola alla nuca, e insieme a lui l’amico che l’accompagnava (il 24 ottobre 1991, a Rimini, su ordine di Totò Riina, arma del delitto una Browning 9 mm) • Telefonini Secondo l’ordinanza di custodia cautelare subita il 23 ottobre 2003 per associazione mafiosa, dal carcere comunicava con gli affiliati grazie a un telefonino messo a disposizione dagli agenti di custodia. Rispondendo a Sergio D’Elia e Maurizio Turco nel 2002 (Tortura democratica. Inchiesta su ’la comunità del 41 bis reale”), aveva dichiarato: «Siamo sottoposti a un programma di trattamento di stampo sovietico». [Paola Bellone]