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 2008  ottobre 16 Giovedì calendario

LA TORRE Augusto

LA TORRE Augusto Mondragone (Caserta) 1 dicembre 1962. Camorrista. Boss di Mondragone • Chiamato Augusto in base alla tradizione di famiglia di dare il nome degli imperatori romani (ma in ordine cronologico inverso, infatti il padre si chiamava Tiberio) • Figlio d’arte, da ragazzo subentrò al padre nel comando del clan dei Chiuovi di Mondragone, egemone nell’alto Casertano, nel basso Lazio e lungo tutta la costa domizia. Accumulava capitali con estorsioni, traffico di stupefacenti, controllo di attività economiche varie e appalti, e poi li reinvestiva all’estero, in particolare in Gran Bretagna, dove fondò una colonia del clan (tra gli affiliati Brandon Queen, il primo camorrista di nazionalità scozzese della storia, risultato a libro paga di La Torre). Un tempo ostile ai casalesi di ”Sandokan” Schiavone, riuscì a riavvicinarli, mantenendo il privilegio di continuare ad agire in autonomia • Forte delle sue alleanze con la politica (Mondragone è stato il primo comune ad essere sciolto per infiltrazione camorristica negli anni Novanta), consolidò il potere del clan con la violenza. Le armi se le faceva arrivare dalla Svizzera. Spietato con i nemici, elaborò una tecnica di eliminazione che ora si definisce, appunto, ”alla mondragonese”: macellare a decine e decine di colpi la vittima, occultarla nei pozzi delle campagne e lanciare bombe a mano per dilaniare il corpo e far rovinare la terra sui resti che così si impantanano nell’acqua. In questo modo fece fuori Antonio Nugnes, vicesindaco democristiano scomparso nel nulla nel 1990 (si era opposto alla gestione del clan degli appalti pubblici e all’ingerenza nelle vicende politiche e amministrative, in particolare all’ingresso di Augusto nell’azionariato di Incaldana, una clinica privata in via di costruzione vicino a Roma). Fu Augusto stesso, tredici anni dopo, a rivelare dove erano occultati i resti del cadavere. Sul posto furono rinvenuti quattro tibie, due crani e tre mani (oltre ai resti di Nugnes, anche quelli di Vincenzo Boccolato, camorrista legato a Cutolo, ucciso per aver osato parlar male di Augusto in una lettera a un amico scritta dal carcere) • Per ottimizzare i redditi dal traffico di stupefacenti, si recò a Caracas con Raffaele Barbato, detto ”Rockefeller”. Qui incontrò gruppi di narcotrafficanti venezuelani che vendevano coca a un prezzo concorrenziale rispetto ai colombiani, fornitori di napoletani e casalesi. La sua piazza di coca di competenza era Roma con tutta la costa laziale. A Mondragone Augusto aveva vietato la distribuzione di stupefacenti. Il clan creò perfino un gruppo antidroga (Gad) e chiunque violasse il divieto era punito severamente (come Hassa Fakhry, eroinomane, che non riuscendo a comprarsi le dosi si era messo a spacciare a Mondragone e fu quindi prelevato dal Gad e ammazzato a pistolettate) • Sotto il suo comando Mondragone era diventata famosa perché si poteva scopare senza preservativo, grazie al controllo capillare che il boss deteneva sulle analisi dei residenti. Quando venne a conoscenza che un suo subordinato, Fernando Brodella, aveva l’Hiv, lo uccise • Il primo grande sequestro eseguito a carico della famiglia nel 1992: beni immobili per il valore in euro di duecentotrenta milioni, tra cui una villa a quattro livelli, a picco sul mare, in zona Ariana di Gaeta, progettata come la villa dell’imperatore Tiberio, con piscina arredata con labirinto subacqueo. Non è mai stata trovata, ma la cassa del clan La Torre, milioni di euro, probabilmente si trova in Olanda, tanto che a Mondragone è invalso il modo di dire «mi hai preso per la banca d’Olanda?» • Durante la latitanza in Olanda si era appoggiato a Barbato, che lo aveva sistemato in un circolo di tiro a volo. «Così seppur lontano dalle campagne mondragonesi il boss poteva sparare ai piattelli volanti per tenersi in esercizio» (Roberto Saviano) • Arrestato in Olanda l’8 giugno 1996, messo subito al 41 bis. Due condanne definitive, a 22 anni (per associazione camorristica ed estorsione), a nove anni (per estorsione aggravata il 15 marzo 2007). Ha vari processi in corso, anche per omicidio. Nel 2003, quando fu arrestata anche sua moglie (ora separata), la decisione di confessare estorsioni e decine di omicidi (facendo ritrovare nelle campagne mondragonesi i resti dei cadaveri). Finora collaborare non gli è valso né sconti di pena né l’esenzione dal carcere duro (i giudici hanno ritenuto «riduttiva» la collaborazione). «Una confessione tarata piuttosto sugli aspetti militari che su quelli economici» (Saviano) • In carcere si è diplomato dirigente di comunità. Appassionato soprattutto di psicologia (ha letto l’opera omnia di Jung e di Freud), nei processi cita di continuo Lacan o la scuola della Gestalt. «Lo studio è l’unica cosa che mi tiene in vita!» • Patito di cinema e specialmente del Padrino • Ha preteso che la mensa del carcere si adattasse alla sua dieta vegetariana • Il 14 febbraio 2008 sono state emesse 41 ordinanze cautelari contro esponenti del suo clan (23 gli arresti), tutti accusati di associazione per delinquere di tipo camorristico, traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni (alcuni anche di lesioni volontarie, porto e detenzione di armi e munizioni). Le indagini, partite nel 2001 dalle dichiarazioni di un imprenditore taglieggiato, si sono sviluppate col ritrovamento, nel rifugio di un latitante, Ernesto Cornacchia, di un libro mastro, dove erano registrate le retribuzioni previste per affiliati e familiari, e gli importi delle tangenti versate all’organizzazione. Le tangenti erano imposte ad aziende impegnate nel settore immobiliare e nella distribuzione di caffè e gelati. Secondo l’inchiesta il clan imponeva il noleggio di videogiochi ai gestori dei locali pubblici della zona, e guadagnava talmente tanto da rifiutare l’offerta del clan dei casalesi, che in cambio di 30 mila euro mensili voleva subentrare nel monopolio dei videogiochi. Tra gli arrestati due agenti della Polstrada di Mondragone e un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere napoletano di Secondigliano, tutti accusati di associazione mafiosa per aver favorito il clan. L’agente di polizia penitenziaria, in particolare, di essere stato il messaggero del clan e di avere assicurato i collegamenti tra detenuti e vertici dell’organizzazione; i due poliziotti, due fratelli, di avere fatto da guardaspalle ad Augusto La Torre, proteggendolo da eventuali agguati quando, dal suo rifugio, si recava al comando carabinieri di Mondragone per firmare il registro. [Paola Bellone]