Giorgio Dell’Arti Massimo Parrini, Catalogo dei Viventi 2009, Marsilio 2008, 15 ottobre 2008
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Graziano Salvatore
• Luigi Quindici (Avellino), 30 agosto 1935 (detto anche ”Giggino”). Camorrista, boss storico dell’omonimo clan (operante a Quindici, Sarno e nell’Agro nocerino sarnese), in lotta, a Quindici, con il concorrente clan dei Cava. Detenuto al 41 bis dal 26 maggio 2002 (strage di Lauro, vedi CAVA Biagio). L’esistenza dell’organizzazione criminale facente capo alla famiglia Graziano (operante nel Vallo di Lauro a partire dal 1980 e aderente alla Nuova Camorra Organizzata di Cutolo), fu accertata giudizialmente per la prima volta con sentenza della Corte d’Assise di Avellino il 2 agosto 1986 (diventata irrevocabile) • Quando stanno per tendere un agguato ai Cava, in genere, i Graziano lo annunciano agli abitanti di Quindici lasciando una colomba bianca sgozzata all’inizio del paese (è il simbolo della lista civica scelto dai Cava per presentarsi alle elezioni comunali; una torre quello dei Graziano, che di sindaci, dagli anni Sessanta, ne hanno avuti cinque, due morti ammazzati, tre rimossi dal presidente della Repubblica per rapporti con la camorra) • Sposato con Chiara Manzi, due figli, Antonio e Adriano, tutti avviati nel clan • La notte del 5 maggio 2000 un commando di sei persone (cinque travestite da carabinieri) fa irruzione nella sua villa (nota, a Quindici, come il ”palazzaccio”) e lo ammanetta, quando sopraggiunge una pattuglia di carabinieri veri che mette in fuga i rapitori. Accusato di essere il mandante, ma infine assolto, Biagio Cava, boss del clan rivale, a cui i Graziano, cinque anni prima, avevano ammazzato il padre sparandogli in faccia cinquanta colpi di pistola • Il 26 maggio 2002 viene arrestato poche ore dopo avere ammazzato Clarissa Cava, di 16 anni, Michelina Cava, di 53 anni, Maria Scibelli, di 50 anni, rispettivamente figlia, sorella e cognata di Biagio Cava, che intanto è in carcere a Nizza (è la strage di Lauro, su cui vedi CAVA Biagio). La polizia di Nola, pochi minuti dopo la sparatoria, intercetta proprio Salvatore Luigi, mentre dice al telefono: «Li abbiamo ammazzati tutti, non è rimasta nessuna di quelle zingare» (e nel dirlo stappa una bottiglia di spumante). [Paola Bellone