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 2008  ottobre 15 Mercoledì calendario

l’Unità, mercoledì 15 ottobre Dovrebbe avere problemi perfino ad attraversare la strada, e invece maneggia con disinvoltura kalashnikov e pistole di grosso calibro

l’Unità, mercoledì 15 ottobre Dovrebbe avere problemi perfino ad attraversare la strada, e invece maneggia con disinvoltura kalashnikov e pistole di grosso calibro. Sarebbe ridotto così male da avere, parola di oculista, «limitata autosufficienza anche tra le pareti domestiche», eppure da otto mesi è un’inafferrabile primula rossa, sfuggita a diversi blitz. Secondo una perizia medico-legale, non sarebbe in grado di distinguere un oggetto di medie dimensioni da più di quattro metri, ma un pentito racconta che a fine settembre ha fatto il diavolo a quattro per procurarsi un timer e tritolo a sufficienza per un grosso attentato. la storia di Giuseppe Setola, 38 anni il prossimo 5 novembre, capo incontrastato della falange stragista dei casalesi. Su di lui sono concentrate le attenzioni degli investigatori napoletani, che hanno ingaggiato una corsa contro il tempo per sventare l’«attentatuni», il botto di Natale: una carica di esplosivo per disintegrare un tratto della Napoli-Roma e massacrare Roberto Saviano e la sua scorta. Lo scrittore ieri è stato ascoltato per 2 ore dai magistrati partenopei. «Era da tempo che dovevo incontrare Roberti... » la sua unica frase pronunciata nei corridoi della procura. L’allerta è massima. Gli uomini della Dda hanno intercettato il «piano» terrorista grazie alla «soffiata» del pentito Carmine Schiavone, cugino e omonimo del boss «Sandokan». «Il più vecchio pentito dei Casalesi - spiegava ieri il procuratore Giovandomenico Lepore -, che in passato è risultato attendibile». Proprio sui «riscontri» si stanno concentrando le attenzioni degli investigatori. I camorristi sarebbero «assolutamente in grado» di compiere la strage. «Ma qui - insisteva ieri il pm della Dda di Napoli, Marco Del Gaudio - non rischia solo Saviano: ci arrivano notizie molto più concrete ad esempio su marescialli dei carabinieri». Ed ecco che appunto sulla scena appare Setola. Il nuovo ras di Casal di Principe, l’uomo che, secondo il neocollaboratore di giustizia Oreste Spagnuolo, avrebbe pianificato e diretto la strategia del terrore in provincia di Caserta, e che proprio per la sua indole di macellaio potrebbe essere stato scelto dalle famiglie della Cosa Nostra di Campania per regolare definitivamente i conti con l’autore di Gomorra, solo sette mesi fa era al 41 bis nel carcere di Cuneo. Un sepolto vivo, «resuscitato» da una perizia condotta da un collegio di oculisti nominato dal Tribunale di Napoli a febbraio 2006 e ribadita da una consulenza richiesta dal responsabile dell’area sanitaria del penitenziario piemontese tredici mesi dopo. Quella perizia, che a marzo di quest’anno ha indotto la Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere a trasformare la detenzione in carcere in arresti domiciliari, attesta che Setola soffrirebbe di una gravissima patologia retinica che lo avrebbe reso completamente cieco all’occhio sinistro, ridimensionando notevolmente, nel contempo, anche il visus dell’altro occhio: «Opacità congenita della lente, grave maculopatia a cellophane, distacco post vitreo, con visus ridotto a 1/20». «Se è così - spiega il professor Giovanni Iuliano, della Clinica Oculistica del Federico II - il paziente in questione ha bisogno dell’accompagnamento. E lo stesso ricovero presso un centro di riabilitazione non servirebbe a guarire, ma a conservare lo status quo visto che questa malattia è irreversibile e degenerativa». Iuliano esclude che Setola abbia potuto fingersi cieco: «Queste patologie possono essere riscontrate solo attraverso l’uso di strumentazione meccanica». Il referto compilato a Cuneo si riduce a una paginetta, vergata a mano. Nessun riferimento a esami specialistici, solo un consiglio per il ricovero: «Esiste un centro di ipovisione a Pavia, viale della Libertà, 4». Il consulente si limita a prendere atto di quanto hanno certificato i suoi colleghi di Napoli un anno prima e stabilisce che le condizioni di Setola sono incompatibili con il carcere. Tra marzo e luglio 2007 il boss viene sottoposto ad altre visite, al San Raffaele di Milano e al Cardarelli di Napoli. Per il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, può essere rinchiuso nel carcere di Opera, che dista pochi chilometri da Pavia. Ma il 18 gennaio di quest’anno, la Terza sezione della Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere scioglie ogni riserva con un’ordinanza di otto pagine in cui prende atto «che la moglie dell’imputato ha stipulato un contratto di locazione per un’abitazione sita in Pavia, in vicolo San Marcello, 1», e tanto basta per disporre gli arresti domiciliari. Alla fine di marzo il futuro capo degli scissionisti lascia Cuneo, diretto in Lombardia per la terapia di riabilitazione. Ma al centro di ipovisione ci resta poco. Nel giro di pochi giorni, fa perdere le proprie tracce. Il resto lo ha raccontato Oreste Spagnuolo ai pm dell’antimafia napoletana: la nascita del nuovo clan, la stagione del terrore (18 morti e un’infinità di attentati), le estorsioni (90 mila euro al mese). E quella ricerca di un timer e dell’esplosivo che, incrociata con la soffiata del super pentito Schiavone sul piano per uccidere Saviano e la scorta, fa di Setola, orbo per la legge, il pericolo pubblico numero uno. Massimiliano Amato