Giorgio Dell’Arti Massimo Parrini, Catalogo dei Viventi 2009, Marsilio 2008, 13 ottobre 2008
ASCIUTTO
ASCIUTTO Santo Taurianova (Reggio Calabria) 27 luglio 1964. ”Ndranghetista, a capo dell’omonima cosca (collegata al clan Piromalli-Molè di Gioia Tauro), operante in Taurianova ma anche in Liguria e in Valle d’Aosta • In carcere dal 29 giugno 1992, al 41 bis dall’agosto 1994. Gli anni peggiori di detenzione nel carcere di Pianosa, dove, scrisse, i «prigionieri» vivevano «in condizioni disumane»: «Trattamenti degradanti, umiliazione violenza fisica e morale di ogni genere che perfino l’Inquisizione avrebbe fatto impallidire [...] Una routine malinconica, un accanimento per affossare chiunque capitava nelle mani della giustizia [...] Questo operare ha portato tanti soggetti ad accusarsi e ad accusare spesso ingiustamente. Oh libertà, quanti delitti si commettono in tuo nome» • Condannato in via definitiva all’ergastolo per associazione mafiosa ’ nel ruolo di capo ”, e delitti collegati (omicidi tentati e consumati, armi, estorsione e danneggiamento), nel processo alla cosiddetta seconda faida di Taurianova scoppiata tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta (vedi MOL Girolamo, sentenza definitiva il 26 febbraio 2004) • Nella faida perse, oltre a cugini e compagni fedeli, anche il padre Francesco. D’altra parte fu condannato per avere ammazzato otto persone, e tra queste c’era Rocco Zagari, a cui fu tagliata la testa per giocarci a calcio (2 maggio 1991, solo per questo omicidio in primo grado si era preso l’ergastolo e l’isolamento diurno per diciotto mesi) • Nel gennaio 2008, accogliendo un suo ricorso, la Corte europea condannò lo Stato italiano a risarcirgli cinquemila euro, per violazione del diritto all’esame della causa e della vita privata. In pratica Asciutto si era lamentato: 1. del fatto che i giudici, ogni volta che faceva ricorso contro l’applicazione nei suoi confronti del carcere duro, non si pronunciassero entro i dieci giorni prescritti; 2. del fatto che fosse stata violata la corrispondenza indirizzata alla Corte medesima e agli avvocati. Il risarcimento disposto coprì solo le spese legali, ritenendo la Corte che «la constatazione delle violazioni della Convenzione costituisca per se stessa una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale». La Corte respinse però il suo ricorso circa il trattamento inumano previsto dal 41 bis e la violazione del diritto di difesa per il mancato trasferimento in aula per partecipare al suo processo (invece fu collegato in videoconferenza). [Paola Bellone]