Valerio Berruti, la Repubblica 12/10/2008, 12 ottobre 2008
Dopo l´auto ci sarà ancora l´auto. Ma non sarà più la stessa che tutti conosciamo. «Deve cambiare oppure è destinata a morire»
Dopo l´auto ci sarà ancora l´auto. Ma non sarà più la stessa che tutti conosciamo. «Deve cambiare oppure è destinata a morire». Di questo è sicuro Fujio Cho, ex numero uno della Toyota, il primo costruttore di automobili nel mondo ma anche il più attento al tema dell´ecologia. Una previsione che arriva a un secolo esatto dal debutto della prima vera auto di massa, la mitica Ford T, insieme al Maggiolino uno dei modelli più conosciuti e diffusi nel pianeta. Sono stati cent´anni in cui l´automobile ha vissuto da protagonista assoluta, depositaria pressoché unica del sistema di trasporto privato. Con una crescita inarrestabile, una potenza economica senza eguali. Basti pensare che lo scorso anno le auto prodotte nel mondo sono state oltre 53 milioni, quindici in più rispetto ad appena dieci anni prima. Si calcola che in tutto il pianeta ne circolino 664 milioni (nel 1980 erano meno della metà). Un tasso di sviluppo impressionante, che è ancora più alto in paesi dove l´automobile comincia a diffondersi soltanto adesso a livello di massa: India, Russia, Cina. Nel paese della Grande Muraglia, il parco circolante, oggi di poco superiore ai venti milioni di unità, dovrebbe arrivare nel 2020 a duecentotrenta. Una potenza di fuoco impressionante, per numeri e forza economica. Ma anche un sistema che sta entrando in una fase di stallo, che ha raggiunto già tutti gli obiettivi e che ora è condannato a trovarne di nuovi. Complice una profonda trasformazione dell´oggetto "automobile". La necessità di ridurre i consumi e contemporaneamente l´aumento dei prezzi hanno spinto gli automobilisti americani prima e quelli europei dopo a ridurre desideri e pretese lasciando spazio a city car, low cost e modelli ibridi. Niente più auto da ostentare, dunque, oppure super motori con potenze da F1 ma soltanto auto "a misura d´uomo", più accessibili e funzionali. Il risultato è stato un vero e proprio tsunami per l´industria dell´automobile Usa e per i modelli che nel passato l´avevano resa invincibile. Come i suv di cui sono ricchissime le gamme delle big three (Gm, Ford e Chrysler). Nella prima parte dell´anno le vendite di questi veicoli sono scese di circa il trenta per cento e ogni mese che passa è un bollettino di guerra. Anche per costruttori fin qui ritenuti fortissimi come la Toyota che negli ultimi mesi sta incassando perdite dell´ordine del trenta per cento. «Siamo alle prese con un´economia molto fragile», spiega Emily Kolinski-Morris, capo degli economisti della Ford, che a settembre ha registrato il livello più basso di vendite da un anno a questa parte. A precipitare, però, non ci sono solo gli Sport utility. Sempre in America, gli acquisti di berline e auto compatte sono andati giù del trentacinque per cento, mentre la riduzione per furgoni, i famosi pick-up, è stata del trentanove. Uno scenario impensabile che ora sta investendo con altrettanta forza l´Europa. La crescita è finita anche nel vecchio continente, dove quest´anno per la prima volta le vendite chiuderanno con un rosso di almeno il sei-sette per cento, per scendere al dieci nel 2009. Nel Regno Unito ad agosto il mercato automobilistico ha toccato il livello più basso dal 1966 (meno 18,6) ma le vendite sono letteralmente precipitate in Spagna (meno 41). La crisi si fa sentire anche in paesi come l´Italia o la Germania, da sempre ad altissimo tasso automobilistico. L´ultimo dato Istat rileva che la produzione industriale di auto ad agosto ha registrato un calo del 66,8 per cento in un anno. Non ci sono soldi ma non si sa nemmeno cosa comprare. Ci sono i limiti antinquinamento da rispettare, normative sempre più confuse e una quantità eccessiva di modelli che cercano di adattarsi al cambiamento. Oltre ai suv spariscono spider, coupé, station wagon a fronte di una modesta invasione di citycar di ogni genere. Diminuiscono le monovolume e spuntano le multispazio che vanno bene per la città ma anche per la campagna. Due in una e la crisi è più leggera. E per addolcirla ancora un po´ ecco le auto low cost, la ricetta di inizio secolo che grazie alla globalità produttiva riesce a sfruttare la manodopera a basso prezzo e a risparmiare parecchio sui materiali. Insomma, gli scenari sono tanti per l´auto all´alba di una nuova era. Alle prese con l´ambiente, i carburanti e soprattutto con lo spazio. Più facile, infatti, esser d´accordo su un futuro a emissioni zero. Molto più difficile esserlo su forme e funzioni della nuova auto. In altre parole chi può davvero stabilire fin da ora se in un prossimo futuro viaggeremo ancora sulla strada oppure ci voleremo sopra? Uno studio della Ibm dal significativo titolo Automotive 2020: Clarity Beyond the Chaos (La chiarezza oltre il caos), basato su interviste fatte a 125 responsabili delle principali società automobilistiche del mondo, aiuta a capire. «Il modello tradizionale non sopravviverà a lungo», sono convinti gli esperti. Elettronica e tecnologia renderanno i veicoli sempre più sicuri e in grado di dialogare tra loro. Mentre «i servizi di trasporto flessibili rimpiazzeranno l´acquisto di automobili o comunque trasformeranno il mercato tradizionale». In che modo? Per esempio, avendo la possibilità di acquistare non un solo veicolo ma «un intero garage virtuale in modo da poter disporre di un´auto adatta alle necessità contingenti». Resta l´ambiente. La guerra delle emissioni sta cambiando anche l´idea di automobile. L´obiettivo è quello di muoversi a emissioni zero. La metà del petrolio del mondo, infatti, viene usata per il trasporto che è la causa di un quarto delle emissioni di CO2. Cambiare sarà dunque obbligatorio. E così gli esperti prevedono che nel 2020 la percentuale dei veicoli alimentati con carburanti fossili passerà dal novantacinque al sessantacinque per cento, la media di emissioni di CO2 scenderà a 97 grammi al chilometro dai 160 del 2008 e l´ottantotto per cento dei veicoli prodotti sarà interamente riciclabile. La soluzione di tutti i mali resta ancora l´auto a idrogeno. La sua realizzazione sembrava dietro l´angolo già nel 2000. Poi tutto si è fermato. Sull´argomento merita risentire ancora Fujio Cho: «Vent´anni fa chiesi ai nostri ingegneri quanto ci voleva per produrre l´auto a idrogeno sui vasta scala. Mi risposero vent´anni. Feci la stessa domanda dieci anni fa e anche allora la risposta fu la stessa: vent´anni. Adesso mi sento dire con poca convinzione che potrebbero bastarne altri dieci. In questo periodo abbiamo risolto gran parte dei problemi tecnologici. Quello che resta da risolvere è il costo». Per ora non resta che accontentarci di qualche prototipo elettrico e di un milione di esemplari di vetture ibride in giro per il mondo. In attesa che l´auto cambi per non morire.