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 2008  ottobre 12 Domenica calendario

Meglio precisare. Il corpo di Topolino è nato in America, il suo profilo idem, ma la mente è in Italia

Meglio precisare. Il corpo di Topolino è nato in America, il suo profilo idem, ma la mente è in Italia. L´orrendo topastro perbenista, il maledetto impiccione, il nemico di Pietro Gambadilegno e Macchia Nera, l´americano medio, il topo della strada l´ha creato Walt Disney, ma adesso il cervello della corporation americana che produce l´epopea del sorcio è qui da noi, in una viuzza di Milano con soli due numeri civici, a due passi da via Turati. Già, perché il topo avventuroso, l´eroe buono che compie imprese epiche, che magari ripercorre il viaggio di Marco Polo, ovvero doverosamente Marco Topo, negli Stati Uniti non c´è più da oltre mezzo secolo. Basta chiedere conferma a uno dei principali esegeti del mondo topolinesco, Luca Boschi, specialista supremo del mondo a fumetti e autore di comics in proprio: «In America a partire dal 1955 la gag sostituisce la storia, i giornali pubblicano le strisce, e sono gli italiani a riprendere il Topolino epico: il risultato nel tempo è che un format americano viene riempito da un contenuto molto italiano». S olo che per individuare l´italianità di Topolino non conviene scrutare nella psicologia o nel carattere. Il personaggio Topolino non ha un´identità o un´indole italiana. Piuttosto, dice sempre Boschi, è utile guardare ai dettagli. Per cominciare, osserviamo il paesaggio urbano di Topolinia. Le strade non assomigliano mai a quelle dell´America standard. Praticamente non ci sono grattacieli. Almeno a partire dagli anni Cinquanta sono le strade di una città media italiana, con i centri storici, le case a cui siamo abituati. Aggiunge Boschi: «Se uno va a rivedere qualche classica storia italiana, come quelle inventate da Pier Lorenzo De Vita, si accorge di sfasature percettive perfino struggenti». De Vita, classe 1909, era un disegnatore già affermato negli anni Trenta, l´autore di Saturnino Farandola e di Pecos Bill su testi di Guido Martina, che si riconvertì nel dopoguerra con Topolino, spesso con parodie di romanzi celebri: «E basta ritrovare qualche vecchia avventura eroica di Topolino per rilevare un´ambientazione infallibilmente italiana. A volte, quando De Vita disegnava un´avventura western, si vede sullo sfondo un West che assomiglia moltissimo al paesaggio del lago di Como». Perfino la città di Topolinia è una creatura italiana, e si deve al talento di Martina in una storia dei primi anni Cinquanta, intitolata Topolino nella terra dell´incanto. Per la prima volta la città del topo appare divisa da Paperopoli: gli americani ci metteranno fino al 1990 per accogliere la novità. E sono frequenti anche le escursioni in Italia, con avventure ambientate al Giro d´Italia o con storie collocate a Firenze in piazza della Signoria, a Roma, a Milano, su e giù per la penisola. Ancora Boschi: «C´è perfino una storia che ha luogo a Bagno a Ripoli, una cittadina termale immediatamente a est di Firenze: io l´ho letta anche durante una vacanza in Grecia, con i cartelli stradali che segnalavano correttamente Bagno a Ripoli con l´alfabeto greco». Anche a ripercorrere con un rapido excursus i decenni del Novecento, si vede, secondo Boschi, che Topolino ha accompagnato l´evolversi della società italiana. Negli anni del dopoguerra e della ricostruzione Pippo ha i buchi nelle suole: «Solo negli anni Sessanta, dopo il miracolo economico, si chiede ai disegnatori di abbandonare quel tratto pauperistico e di non mostrare più le scarpe bucate». A giudizio di Boschi l´italianità del topo è indubitabile negli indizi parziali: fa colazione con il cornetto, in certe storie si sente fortissimo il sapore della commedia all´italiana, qua e là, in certe storie di ambientazione medievale come Paperino il paladino si ascolta un linguaggio che precede di qualche anno quello del monicelliano Brancaleone: «Ci sono perfino trame che anticipano quelle dei film. Ad esempio Topolino e il Pippotarzan è una storia praticamente identica a quella di Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l´amico misteriosamente scomparso in Africa. In questo caso è il fratello di Pippo che, come farà Nino Manfredi nel film con Alberto Sordi, decide di restare nel continente nero, rifiutando di tornare nella civiltà». Nel decennio Settanta arrivano le femministe, ma anche un paio di libri con i «pensieri» di Pippo e gli analoghi «pensieri» di Paperone (consigli del riccastro improntati a un comico cinismo capitalista), che mimano in tutta evidenza i «pensieri» di Mao. Nel periodo successivo i contatti sono invece con la cultura dominante o emergente: Topolino si contamina con la fantasy e in particolare con Tolkien, ma non mancheranno mai ammiccamenti alla realtà domestica: come può chiamarsi un´anchorwoman di successo se non Lilli Strudel? D´altronde, dice Boschi, un disegnatore non lavora nel vuoto. Romano Scarpa, che insieme con Carl Barks e Floyd Gottfredson è considerato uno dei più importanti autori di fumetti Disney (fra l´altro inventò il personaggio di Trudy, la compagna di Gambadilegno), nel realizzare le storie aveva come riferimento James Stewart e film come La vita è meravigliosa di Frank Capra. Semmai può risultare notevole l´attrito fra l´italianità di Scarpa e l´ottimismo americano di quei film, ma la sintesi risultava efficace, così come risultava plausibile in versione italiana l´amicizia virile fra Topolino e Pippo. L´aspetto forse più curioso, sul piano industriale e editoriale, è che nella divisione internazionale del lavoro globale Milano è diventata il centro di produzione da cui si irradia la creatività Disney nel mondo. Come spiega il direttore di Topolino, la milanese quarantenne Valentina De Poli, entrata giovanissima come segretaria di redazione, animata da una passione ancora da neofita per l´universo disneyano: «La "comunità" Disney a Milano è composta da circa duecento fra sceneggiatori e disegnatori. In redazione siamo una quindicina, più i collaboratori. Nel nostro mercato ha un peso particolare il Nord Europa». Così succede che un magazine per ragazzi (ma letto anche, e con fedeltà, da un pubblico adulto), con vendite stabili intorno alle 220mila copie, di cui oltre la metà in abbonamento, proietta immagine e personalità del Topolino italiano nel mondo intero. E l´Italia per un lungo periodo ha modellato la propria versione del topastro con pregi e difetti tipicamente nazionali: «Per un buon periodo», dice Luca Boschi, «e specialmente fino al 1988, quando veniva pubblicato su licenza da Mondadori, gli autori italiani hanno accentuato l´aspetto "poliziottesco" del fumetto, come se il modello fosse La polizia ringrazia o Milano calibro 9. Topolino quindi appariva quasi sempre nelle vesti di collaboratore della polizia, un problem solver che si impicciava dei fatti altrui non si sa a che titolo». Adesso invece è stato fatto uno sforzo per riqualificare il topo, che torna a essere in versione più classica, in grado di suscitare l´identificazione con il lettore: «In quanto cittadino medio, il ventaglio di opzioni, e quindi anche di avventure possibili, è molto più ampio». Conferma la direttrice De Poli: «Inutile ribadire che i lettori italiani hanno storicamente un grande affiatamento con Paperino. Ma adesso qualcosa si sta muovendo nelle percezioni del pubblico: l´ultima versione di Mickey Mouse è quella che rappresenta un giovane uomo, ottimista, capace di risolvere situazioni complicate». Un topo di destra, un vincente a tutti i costi? O addirittura un topo giustizialista, che si batte contro i furbastri di ogni risma? «Mah, le interpretazioni sono libere. Volendo si potrebbe anche vederci una reincarnazione kennediana, l´uomo qualsiasi che vede frontiere nuove, si impegna, lotta e ce la fa grazie al proprio talento. Non è più il detective dilettante, che si intrufola e risolve tutti i casi, con l´aria saccente. In futuro lo metteremo ancora alla prova, gli faremo sperimentare le fatiche di una professione, vedremo di nuovo Topolino giornalista. Ed è in preparazione una storia molto particolare, dovuta alla qualità di una disegnatrice, Silvia Ziche, che punta molto sullo humour abbinato alla detective story. Si chiamerà Topolino e la rapina del millennio, e mostrerà un intreccio molto originale di racconto giallo e di umorismo. Così come in passato non abbiamo avuto esitazioni a usare questa nuova versatilità del topo e fargli interpretare Novecento di Alessandro Baricco». Un meta-fumetto, insomma. O una delle infinite reincarnazioni possibili di un topo americano in Italia, che diventa il Topolino per eccellenza, in questo nostro mondo globalizzato.