Ettore Boffaro-Paolo Griseri, la Repubblica 12/10/2008, 12 ottobre 2008
ETTORE BOFFANO
PAOLO GRISERI
TORINO - I vertici di Ifil e Exor nascosero la verità sull´equity swap che nel settembre del 2005 impedì alle banche creditrici di rilevare la quota di maggioranza relativa della Fiat. Per questa ragione i pm torinesi Marcello Maddalena a Giancarlo Avenati-Bassi hanno chiesto ieri il rinvio a giudizio dei vertici delle due società: Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti e Virgilio Marrone.
I tre sono stati accusati del reato di aggiotaggio informativo per aver diffuso, il 24 agosto di quell´anno, un comunicato omissivo e dunque non veritiero, così mentendo alla Consob, che aveva chiesto informazioni, e agli azionisti grandi e piccoli che vennero tenuti all´oscuro dell´operazione. Tra le carte sequestrate nell´ufficio di Gabetti nel corso delle indagini, vi sono alcuni appunti da cui si dedurrebbe che l´idea di utilizzare le azioni acquisite con l´equity swap per contrastare l´assalto delle banche era ben precedente all´agosto di quell´anno. Eppure il comunicato del 24 agosto, ora al centro dell´inchiesta, sosteneva che i vertici delle finanziarie degli Agnelli e della stessa Fiat non erano a conoscenza dei motivi per cui in borsa il titolo aveva avuto un comportamento anomalo. Inoltre nello stesso comunicato si affermava che Ifil non aveva messo in campo alcuna manovra per contrastare la prevista trasformazione del debito accumulato verso le banche in azioni, ciò che avrebbe fatto perdere agli Agnelli la leadership tra gli azionisti.
A suo tempo la Consob, al termine di una approfondita indagine amministrativa, aveva già emesso il suo verdetto condannando Gabetti, Grande Stevens e Marrone a un periodo di sospensione dagli incarichi societari e comminando pesanti multe. Il quadro che portò la commissione di vigilanza sulla borsa a considerare colpevoli i tre imputati del gruppo Angelli è analogo a quello che ha spinto ieri i pm torinesi a chiedere il loro rinvio a giudizio nel processo penale che è giunto al momento dell´udienza preliminare di fronte al gup Francesco Moroni.
Il 24 e il 25 ottobre prossimo toccherà alle difese esporre la loro tesi. Che, presumibilmente, ricalcherà quella sostenuta a suo tempo di fronte alla Consob. Nell´occasione i legali del gruppo torinese affermarono che il 24 agosto di quell´anno, a tre sole settimane dalla data in cui le banche avrebbero convertito in azioni il loro credito verso il Lingotto, Ifil non era assolutamente a conoscenza della manovra messa a punto per sventare l´operazione. E´ vero che il vicepresidente di Ifil era quell´avvocato Grande Stevens che aveva studiato il sistema per mantenere la quota degli Agnelli sopra quella delle banche, ma in quel caso, avevano sostenuto i legali, Grande Stevens aveva agito come consulente del gruppo e non come membro del cda dell´Ifil. Uno sdoppiamento di ruoli nella stessa persona che i magistrati Consob non avevano ritenuto credibile.