Marco Del Corona, Corriere della Sera 11/10/2008, 11 ottobre 2008
ROMA - Berlusconi-show ieri sera fra turisti, passanti e commercianti a due passi da Campo de’ Fiori, una delle piazze della movida capitolina
ROMA - Berlusconi-show ieri sera fra turisti, passanti e commercianti a due passi da Campo de’ Fiori, una delle piazze della movida capitolina. Il premier, appena rientrato dal Consiglio dei ministri a Napoli, intorno alle 7 stava passeggiando con la scorta per via dei Giubbonari. E quando è passato davanti alla vecchia sezione storica del Pci che oggi ospita il Pd, non ha resistito alla tentazione. Fra lo stupore dei militanti si è fermato, sorridente. Ha salutato. Si è messo a leggere locandine e manifesti. Ha scambiato qualche battuta. «Vuole entrare?», gli hanno chiesto. E lui non se l’è fatto ripetere due volte. «Il paese è in ginocchio e lei continua a ridere», gli ha detto uno dei presenti, mentre il presidente del Consiglio salutava i presenti e si guardava intorno divertito. «La differenza fra noi è che voi siete sempre pessimisti e tristi. vero, siamo diversi », ha replicato Berlusconi. Ed è stato l’inizio dello PECHINO – Servirà a smussare le angosce della crisi finanziaria. E peccato che Bruce Lee non possa arrivare a cacciare indietro il mostro del tracollo globale. Meglio che niente: domani è l’ora del kung fu, Cctv1 – rete di punta della tv di Stato – trasmetterà i primi due episodi della sterminata serie dedicata all’uomo che negli anni Settanta lanciò in Occidente un genere cinematografico, le arti marziali made in Hong Kong. Senza «Dalla Cina con furore » e pellicole analoghe l’ispirazione di un Quentin Tarantino sarebbe stata un po’ meno ricca, senz’altro. Soprattutto, Lee gettò i semi di un orgoglio cinese che si scopriva globale: il linguaggio che allora rimbalzava fra Hong Kong e le comunità della diaspora’ la California e la Malaysia, Singapore e l’Australia… – funzionava ovunque e affratellava. Bruce Lee è morto nel 1973 a 32 anni. Altri tempi. Un’altra Cina. La Rivoluzione culturale stava per imboccare la sua china terminale ma Mao Zedong aveva già marchiato i film di kung fu come inquinamento spirituale, robaccia reazionaria. Adesso quella stessa Cina che fino agli anni Ottanta aveva praticamente ignorato l’esistenza di Bruce Lee e dei suoi 46 film (ce n’erano anche di girati da sosia) metterà in onda 50 episodi costati, tutti insieme, 5 milioni di euro. Una ventina di Paesi si sono messi in fila per acquistarli. «La leggenda di Bruce Lee» doveva essere trasmesso sull’ottavo canale della Cctv prima delle Olimpiadi. Rinviato a causa del terremoto in Sichuan, è stato promosso al primo, per di più nella fascia definita l’«ora d’oro», ovvero il prime time, che qui va dalle 18 alle 22. Audience massima per l’eroe. La nuova Cina ha da anni assorbito l’estetica e l’etica delle arti marziali, la letteratura di genere è stata sdoganata e vende milioni di copie. Bruce Lee, che in realtà era nato a San Francisco, è stato incorporato, il suo orgoglio è ormai patrimonio comune dei cinesi tutti, per i quali è irrilevante che il loro eroe fosse di Hong Kong. Non a caso schiantava con speciale soddisfazione biechi giapponesi. «E’ il Picasso o il Van Gogh delle arti marziali», sentenzia uno dei produttori, Yu Shengli. Girato fra Macao, la Thailandia, gli Usa e persino l’Italia, il serial ha come protagonista Danny Chan Kwok Kuen, attore che anche alla figlia di Lee, Shannon, appare identico al padre. Giurano i creatori che un terzo di quanto si vedrà in tv è frutto dell’immaginazione, due terzi è fedele alla verità (e la verità dovrebbe includere anche la sua fobia per gli scarafaggi e i suoi trionfi come campione di ballo da sala). Il mito Lee è tale che il regista Zhang Yimou, ora in vacanza dopo le fatiche delle regie olimpiche, medita un film sullo stesso tema. Di questi 50 episodi si dibatte già fra appassionati. La produzione avverte che «il finale è aperto», come se non si chiudesse con la morte per emorragia cerebrale, un destino che l’epica vorrebbe invece più misterioso. Ciò che turba, più che altro, sono le voci di una scena in cui Lee verrebbe battuto da un americano. «Schifezze», si lamentano gli ultrà. Secondo indiscrezioni inverificabili sul web si tratterebbe di un momento edificante «per far vedere che bisogna essere umili». Marco Del Corona sketch. «Lei dice che non vuole il dialogo con il Pd, ma viene qui da noi», ha scherzato un altro iscritto. Il premier ha dispensato battute e strette di mani a tutti. Ma Renato Vigalotti, tesoriere un po’ burbero e memoria storica della sezione, ha tirato indietro la mano. «Vedete che siamo diversi, voi non siete allegri », ha scherzato ancora il capo del governo. «Non la saluta perché è juventino», hanno detto gli altri militanti per giustificare il piccolo sgarbo. «Non gli ho dato la mano perché io sto all’opposizione e lui non mi è simpatico, non avevo piacere a dargli la mano», ha invece detto «Renatino». Il premier non se l’è presa, anzi uscendo ha salutato il «ribelle» con un grande sorriso e un vistoso cenno della mano, mentre altri militanti illustravano la targa della sezione: « dedicata a Guido Rattoppattore, era un giovane partigiano fucilato dai tedeschi a Forte Bravetta. Questo è il partito che ha cacciato i fascisti». Ma Berlusconi ha tirato dritto, senza replicare. Lo spettacolo è poi continuato fuori. Sulla strada. «Come vanno gli affari?», ha chiesto ai commercianti affacciati all’ingresso dei negozi. «Male, male », hanno replicato gli esercenti. «Tenete duro, sistemeremo tutto», è stato l’incoraggiamento del premier. «Ma presidente lei è preoccupato per i processi e le inchieste in corso?», ha chiesto un gioielliere al Berlusconi. «Io di tutte queste cose me ne frego, tanto sono tranquillo. Negli ultimi anni per ben 18 volte stato assolto», ha risposto. Berlusconi è stato poi fermato da alcuni calabresi in visita a Roma. «Non dimentichi la nostra regione, ci sono tanti problemi da risolvere», gli hanno detto. E lui: «Non dimentichiamo il sud, stiamo facendo tante cose importanti. E il Ponte sullo Stretto si farà, le gare per gli appalti già ci sono». Arrivato a largo Argentina, il premier è entrato in una tabaccheria. «Qui gli affari vanno malissimo», ha detto il titolare del negozio. «Abbia fede, il commercio si riprenderà, senz’altro si riprenderà. E la crisi finirà». La passeggiata si è conclusa in via del Plebiscito, sotto Palazzo Grazioli, residenza di Berlusconi. «Presidente, che mi consiglia acquisto azioni Eni?», ha chiesto un uomo di mezza età. «Sì, adesso è il momento di comprare», ha detto il leader del Pdl, prima di infilarsi nel portone. Paolo Foschi