Edoardo Segantini, Corriere della Sera 11/10/2008, 11 ottobre 2008
DAL NOSTRO INVIATO
SAN DIEGO (California) – Già si resta colpiti entrando nella hall, dominata da un’intera parete di cristallo che elenca i 7.200 brevetti di proprietà aziendale. E il seguito della visita non delude. Siamo in un tempio dell’alta tecnologia americana, la Qualcomm, produttrice dei chip che fanno funzionare la televisione mobile.
Un colosso da 9 miliardi di dollari creato nel 1985 da sette soci tra cui l’italiano Andrea Viterbi, fuggito da bambino con la sua famiglia negli Usa dopo le leggi razziali di Mussolini.
Il panorama esterno è quello tipico della West Coast meridionale, dove la California diventa Messico: Oceano Pacifico, alte scogliere, alberi sempreverdi; l’interno è legno chiaro, lampade alogene e led luminosi, schermi a tutta parete. Qui è nata MediaFlo, la versione americana della tivù sul telefonino: una scommessa costata finora 800 milioni di dollari.
«Abbiamo creato MediaFlo – spiega il vicepresidente, Omar Javaid – dopo aver studiato Giappone e Corea del Sud, i due Paesi più avanzati del mondo, con 62 milioni di abbonati al videofonino. Negli Usa abbiamo acquistato frequenze e costruito una rete televisiva mobile che oggi è la più grande del mondo. Il nostro servizio viene fornito dai due maggiori operatori telefonici americani, At&t e Verizon, ma siamo sbarcati anche in Europa, a partire dal Regno Unito».
Nessuno in realtà può garantire a priori che la scommessa della televisione mobile in futuro sarà vincente. I punti interrogativi sono molti. Uno è la copertura delle reti mobili, che determina la qualità del segnale. Un altro è la dimensione dello schermo, ancora troppo piccolo anche nei nuovi, scintillanti supertelefonini post-iPhone. Un altro ancora è la durata delle batterie.
Quest’ultimo si sta rivelando un quesito tutt’altro che marginale, considerando le nuove abitudini del pubblico. «Alla vigilia del lancio di MediaFlo – dice Javaid – pensavamo che il tempo medio di visione sarebbe stato di due, tre, massimo cinque minuti. Ci siamo ricreduti: il tempo passato dagli utenti davanti alla microtivù è in media di 45 minuti. Più o meno la durata di una puntata di "Lost".
E il tempo sta aumentando. Per questa ragione At&t propone ai suoi abbonati un canale che trasmette film interi. Con modalità sempre più personalizzate ».
C’è ad esempio la possibilità di chattare con altri utenti per commentare i film e di intervenire nei programmi con il proprio voto. Per il servizio di televisione mobile l’abbonato spende in media 30 dollari al mese.
E Qualcomm spinge perché gli operatori offrano un bouquet di programmi gratuiti compresi nell’abbonamento (il cosiddetto free-to-air) e, a parte, un set di programmi a pagamento. La preferenza di Qualcomm per il
free-to-air è dettata da una precisa strategia: dare ai fornitori di cellulari, suoi clienti, un incentivo a produrre modelli predisposti per la ricezione della tivù mobile.
Alla Qualcomm di San Diego, sui molti video scorrono immagini da tutto il mondo: film, partite di baseball e di calcio, grandi show. «In questo studio – spiega un altro manager, Matt Milne – realizziamo la nostra miscela televisiva: parte dei programmi è prodotta dai grandi network come Abc, Cbs e Nbc. Parte dei contenuti è aggregata da noi. Come il canale di giochi X Games, che è stato pensato apposta per il telefonino».
Niente viene rivelato sulla composizione del pubblico, nel timore che il dato possa aiutare i concorrenti. Si dichiara in modo generico il target: la fascia di pubblico tra i venti e i cinquant’anni, con particolare attenzione all’audience femminile. L’obiettivo, a regime, è offrire agli abbonati una scelta di venti canali, con una distribuzione equilibrata di programmi di intrattenimento e «tivù utile» a seconda dell’ora e del tipo di clienti.
Un altro punto interrogativo riguarda il rapporto tecnologia-mercato. Finora è stata guerra tra sistemi concorrenti. In cui ognuno cerca di far prevalere il proprio standard. Soprattutto tra MediaFlo e la tecnologia europea Dvb-h, sostenuta dalla Nokia e dall’Unione Europea. Qualcomm pensa che questa guerra non faccia bene al business; e anche per questo, recentemente, ha firmato un armistizio importante con lo storico rivale finlandese. L’accordo permette a Nokia di usare i brevetti di Qualcomm sui propri cellulari e a Qualcomm di includere la tecnologia Nokia sui propri chip.
Le due aziende hanno un obiettivo comune: far decollare la televisione mobile in Europa.
Per raggiungerlo, è interesse di entrambe che parte dello spettro delle frequenze sia riservata al nuovo servizio.
Intanto gli esperti di San Diego stanno studiando un nuovo canale televisivo di economia concepito per il telefonino: così gli americani potranno seguire in diretta il crollo della finanza globale. Lo faranno?
La crisi deprime i consumi e l’umore. Forse più d’un abbonato, sentendosi perduto, preferirà guardare l’ultima puntata di «Lost».
Edoardo Segantini