Alberto Bisin, La Stampa 10/10/2008, 10 ottobre 2008
Il panico si è impadronito dei mercati finanziari. Nei giorni scorsi hanno reagito con nuove significative perdite ad ogni tentativo di calmarli: dall’approvazione al Congresso degli Stati Uniti del piano di salvataggio, alla concordata riduzione globale dei tassi
Il panico si è impadronito dei mercati finanziari. Nei giorni scorsi hanno reagito con nuove significative perdite ad ogni tentativo di calmarli: dall’approvazione al Congresso degli Stati Uniti del piano di salvataggio, alla concordata riduzione globale dei tassi. Ci sono due ragioni dietro il panico di questi giorni. La prima è che negli Stati Uniti è stato ingenerato dalle autorità per indurre i cittadini ad accettare i costi di un salvataggio estremamente impopolare. La seconda ragione è che le autorità monetarie e il Tesoro americano non sembrano avere un lucido e coerente piano d’intervento. Molti vignettisti rappresentano ormai frequentemente capi di governo, governatori, ministri del Tesoro che cercano con le mani di tappare le falle di una diga (o di una fila di grattacieli) che sta crollando. La metafora è corretta, una mano per ogni nuova crepa. Ma quante mani hanno? Quanto potrà durare? responsabilità delle autorità monetarie e del Tesoro americano delineare con chiarezza gli elementi fondamentali di un piano di intervento fermo e razionale. Questo è necessario per calmare i mercati, ma anche per guidare le autorità monetarie europee e asiatiche ad affrontare una crisi che negli Stati Uniti ha principalmente origine. Prima di tutto, quanti e quali mutui saranno ristrutturati a spese del Tesoro? Il totale dei mutui negli Stati Uniti è di circa 11 mila miliardi di dollari. Di questi, anche secondo le ipotesi più pessimiste sul mercato immobiliare, non più del 30% potranno essere insolventi (ad oggi, il 3% lo sono). Su questa base, se il Tesoro ristrutturasse tutti i mutui insolventi all’80% del loro valore sopporterebbe un costo inferiore ai 700 miliardi di dollari. Questo non è affatto impossibile: 700 miliardi è proprio l’ammontare stanziato dal Congresso per il salvataggio dei mercati finanziari. Alcuni economisti, come ad esempio Michele Boldrin e David Levine, hanno suggerito che il Tesoro utilizzi buona parte dello stanziamento proprio per ristrutturare i mutui. Ad oggi il Tesoro tiene aperta la possibilità di intervenire direttamente sui mutui ma lascia purtroppo completa incertezza sull’entità dell’intervento. Questo è inaccettabile. La parte più consistente delle perdite del sistema finanziario è dovuta alle posizioni su derivati, Cmo, e altri strumenti finanziari di questo tipo. Inutile alimentare l’allarme che questi siano strumenti finanziari che i mercati non comprendono. In realtà, molto semplicemente, non sono altro che sofisticati contratti di assicurazione. Tutte queste posizioni sono all’interno del sistema finanziario: per ogni banca che si assicura c’è un’altra banca che accetta una scommessa. Non è facile «nettare» tali posizioni, ma va fatto. Le autorità monetarie delle principali piazze finanziarie internazionali devono assolutamente delineare un piano d’intervento che favorisca la «ripulitura» dei bilanci da queste posizioni. Il tentativo di ritardare questo processo, e di evitare che avvenga pubblicamente, è alla radice di molta dell’incertezza e del panico dei mercati finanziari. Continuare su questa strada può portare a effetti sul mercato del credito e sull’economia reale profondi e prolungati, come ha imparato il Giappone, in stagnazione per oltre un decennio. necessario infine procedere alla ricapitalizzazione delle banche. Le loro perdite sui mutui sono reali, distribuite tra gli istituti bancari di tutto il mondo, e vanno recuperate con capitale fresco perché le banche tornino a operare. Ci sono vari modi di ricapitalizzarle. Il governo inglese ha deciso di farlo iniettando capitale a fronte di azioni privilegiate. Il governo americano preferisce favorire consolidazioni tra banche, per limitare il flusso di denaro pubblico. Queste operazioni, così come le vendite di diritti d’acquisto (rights issue), che molti suggeriscono, comportano perdite significative per gli azionisti ma non per coloro che detengono titoli e certamente non per coloro che detengono depositi. necessario però che le autorità monetarie delle maggiori piazze finanziarie internazionali chiariscano che la ricapitalizzazione delle banche è cosa completamente diversa dal loro salvataggio: solo le banche i cui bilanci siano in ordine debbono essere ricapitalizzate. Infine quei paesi che, come l’Italia, hanno una sventurata tradizione di controllo statale del sistema finanziario, devono agire con particolare trasparenza proprio per evitare che i mercati confondano operazioni di ricapitalizzione con operazioni di salvataggio. La diga non crollerà, ma un piano lucido e coerente è ormai necessario non solo per affrontare la crisi stessa, ma anche per fermare il panico dei mercati. alberto.bisin@gmail.com < Stampa Articolo