Sergio Bocconi, Corriere della Sera 10/10/2008, 10 ottobre 2008
MILANO
stato il giorno nero di Intesa- Sanpaolo. E del rimbalzo di Unicredit. Le due superbanche d’Italia hanno disegnato una forbice che i tecnici spiegano con il termine «arbitraggi ». Cioè la Borsa ha comprato il titolo di Alessandro Profumo (ieri al lavoro in Piazza Cordusio, rinunciando alla trasferta a Washington per il Fmi) che ha già perso parecchio e ieri ha guadagnato il 9,2% e per fare liquidità ha venduto le azioni dell’istituto di Corrado Passera, che nella burrasca ha tenuto di più ma ieri ha lasciato sul terreno il 7,58%.
Gli analisti dicono però anche che le strade divergenti possono segnalare una reazione al decreto anti-crisi del governo, che accende un faro sulle banche meno forti sotto il profilo patrimoniale. Ed ecco che ieri la formula che circolava di più nelle sale operative era il core-tier1, il rapporto fra il capitale più solido e disponibile della banca e le attività ponderate in base al rischio. Un indicatore che non ha diretto valore ai fini della Vigilanza (che ha fissato la soglia di allarme nel Tier1, comprendente anche gli strumenti ibridi, al 4%) ma che il «sentiment» del mercato orienta da tempo intorno al 6%. Ebbene, Unicredit prima del rafforzamento di capitale deciso lo scorso weekend presentava un core-tier1 pari al 5,7%, mentre a «dado tratto» viaggia su quota 6,7%. Intesa- Sanpaolo invece, dopo l’acquisizione di Carifirenze, ha visto l’indicatore scendere al 5,7% e, pur avendo già annunciato provvedimenti per riportarlo al 6%, è ancora sotto. Possibile perciò che la speculazione insista su questo punto. Non considerando anche altri indicatori importanti: per esempio Intesa-Sanpaolo ha una posizione netta positiva sull’interbancario di 8 miliardi e, contro 22 miliardi di bond in scadenza nell’anno, ne ha già raccolto nei primi 9 mesi 26.
Di certo il rapporto «fatidico» può aver pesato parecchio ieri sul titolo Bpm, che con un ribasso del 9,21% è sceso sotto il valore nominale pari a 4 euro: il core-tier1 della Milano, dopo l’operazione su Anima, è sceso al 5,5% e nemmeno le previsioni per il 2009 lo riportano al 6% (anche se la banca sottolinea di usare oggi una procedura di calcolo più prudente). Mentre ieri non ha avuto effetti su Mps, che ha un core-tier1 al 5,1% dopo l’acquisto di Antonveneta (con misure annunciate per riportarlo in carreggiata), ma che ha perso l’1,96%. O su Banco Popolare (5,9%, atteso per fine anno al 6-6,5%) che ha chiuso quasi invariato.
Come si vede dal core-tier1 in media le grandi banche italiane non sembrano comunque presentare problemi «tosti» di capitale. E di liquidità o raccolta, che significa capacità di erogare credito? Più di un banchiere in apprensione per i bond in scadenza e da rinnovare c’è. Ma in Italia il 90% degli impieghi è finanziato dalla raccolta retail, contro il 60% della media europea. Ciò significa che la scarsità di liquidità che ha portato i tassi sull’interbancario due punti sopra quelli ufficiali può non rappresentare un problema fondamentale. E poi, le stesse caratteristiche dell’economia italiana, più lenta di altre con l’indebitamento delle famiglie pari al 30% del reddito disponibile (contro il 110% della Spagna), contribuiscono a un posizionamento migliore delle nostre banche, meno pressate dal problema mutui. Insomma: più di un analista, pur approvando il decreto del governo, scommette su un’applicazione più che moderata.
Sergio Bocconi