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 2008  ottobre 10 Venerdì calendario

Avvenire, venerdì 10 ottobre Pietra miliare nella storia dell’Africa, nel 1792, la fondazione di Freetown (’Città libera’), capitale della Sierra Leone, patria degli schiavi africani liberati

Avvenire, venerdì 10 ottobre Pietra miliare nella storia dell’Africa, nel 1792, la fondazione di Freetown (’Città libera’), capitale della Sierra Leone, patria degli schiavi africani liberati. Quella data segna, almeno ufficialmente, la fine del traffico di flotte negriere verso l’America. Culturalmente, la Sierra Leone diventa il Paese guida del continente. Ma, due secoli dopo, un popolo che ha spezzato le catene rischia di diventare nuovamente schiavo. Contro il nuovo giogo, quello della povert, si batte Monty Jones, considerato a livello mondiale uno dei maggiori ’scienziati dell’agricoltura’. ­direttore del Forum per la ricerca agricola in Africa e nel 2004 ha vinto il World Food Prize, il ’Nobel’ per l’alimentazione e l’agricoltura. Jones, che domani alle 9.30 interverr a Bergamoscienza su­Salute ed emergenze nei Paesi poveri(centro Giovanni XXIII)­il padre di Nerica, il ’nuovo riso per l’Africa’ che ha ottenuto combinando le migliori qualitafricane e asiatiche. Donatori e organizzazioni non governative collaborano con i Paesi africani per favorire la diffusione di Nerica, riso che resiste alla siccit, dgrandi raccolti ed­ricco di proteine.­In questo modo – scrive il Centro africano per il riso – una concreta speranza di vita viene offerta a milioni di poveri contadini. Dottor Jones, in che cosa consiste il suo progetto? Il riso, in Africa,al tempo stesso mezzo di sostentamento e fattore di sviluppo. Ho sempre creduto in questo principio; ha guidato la mia esperienza nella ricerca e nel management. Alla ’scienza del riso’ ho lavorato nel mio Paese, poi ho raccolto la sfida che veniva dall’Istituto internazionale di agricoltura tropicale e con un team siamo riusciti ad accrescere in modo significativo la produzione di riso nel Camerun. Quindi, dopo aver fatto ricerca con il Centro afircano per il riso, ho arricchito la mia conoscenza e ho puntato a sviluppare il riso Nerica, che si coltiva sull’altopiano.­stato decisivo l’incrocio tra diverse varietdi riso: da una parte gli antichi risi africani, di cui abbiamo catturato il potenziale genetico, che sono resistenti anche se meno produttivi, dall’altra i risi asiatici che rispondono molto meglio e danno grandi produzioni. Il successo di questo ibrido sivisto con il formidabile incremento dei raccolti, e ha assicurato mezzi di sussistenza, e benessere, a tante famiglie africane, alleviandone la povertà. Edavvenuto in Africa, con la sola forza delle idee. In Africa, fame e malattie sono un fenomeno complesso. Il cibo­scarso, la salute delle persone­veramente scadente e le famiglie non hanno mezzi per affrontare il costo delle cure.­difficile, quando non impossibile, bere acqua potabile. Il grado di alfabetizzazione ­basso, percianche l’accesso all’informazione, alla conoscenza, all’innovazione e quindi alla produttivit, ­insufficiente. Il mio progetto ha puntato sulla capacitdi recupero del riso africano, e ha ottenuto un risultato di cui sono fiero. Il successo­dovuto a due contributi fondamentali: la sapienza degli agricoltori africani e la capacitdel riso asiatico di potenziare le caratteristiche genetiche del riso africano. La qualite i raccolti abbondanti hanno stimolato le preferenze dei consumatori e animato il mercato locale. Un’avventura coraggiosa. C’era il rischio di ritrovarsi con una varietsterile. Come lo avete superato? Applicando modeste ma indovinate biotecnologie. Abbiamo vinto soprattutto con l’attiva partecipazione delle donne coltivatrici pipovere. Hanno seminato e hanno verificato i risultati della selezione. Il progetto ha attinto non solo alla scienza degli agrobiologi ma anche all’esperienza delle famiglie contadine che, per generazioni e generazioni, avevano coltivato riso nell’aspro ambiente africano. Quali le difficoltquotidiane per superare ostacoli apparentemente insormontabili? Le sfide pidiverse si presentavano ogni giorno, ma non ci inducevano a rinunciare alla battaglia. Sviluppare Nerica comportava una continua tensione intellettuale, che derivava non solo dai problemi scientifici e tecnologici da affrontare: si trattava anche di coordinare e catalizzare i diversi processi e i tanti soggetti in Africa e fuori. Non mancavano le emozioni contrastanti ma su un punto eravamo irremovibili: non permettere mai che la disperazione l’avesse vinta sulla speranza. Quando ha avuto la prima intuizione di questa impresa? Sapevo che in Africa il riso aveva un ruolo preminente nel paniere alimentare: una scoperta avrebbe riaperto le porte alla ricerca, portando nuova fiducia e nuove risorse. Fu allora che concepii l’idea: perchnon accertare – in base alla preferenza dei consumatori – se il riso africano e quello dell’Asia possono allearsi? Il risultato­evidente: dall’impatto che Nerica ha sulle famiglie africane pipovere. Quanti bambini Nerica ha strappati alla fame e alla estrema denutrizione? Nerica dun raccolto di enormi proporzioni. Matura presto, quando gli altri cereali non sono ancora pronti, e riempie una grande fascia della lunga stagione. Un allevatore della Guinea mi ha detto: ’Con Nerica posso assicurare cibo alla mia famiglia, pagare le tasse scolastiche per i miei figli e avere da mangiare per tutto l’anno’. In Uganda un altro mi ha confidato: ’Nerica ha cambiato il nostro livello di vita. Le entrate sono cresciute: abbiamo potuto comprarci i vestiti, la bicicletta e una casa’. Quanto­diffuso, attualmente, il riso Nerica? In base alle pirecenti rilevazioni, la coltura copre duecentomila ettari in Africa. Attraverso varie agenzie, promuoviamo la diffusione di Nerica anche perchle sue alte rese possono ridurre la difficoltdi procurarsi cibo nelle famiglie colpite dall’Aids. Quali ostacoli sbarrano ancora il cammino di Nerica? La maggior parte dei coltivatori che lo usano non ha accesso alla tecnologia. E invece la produttivitdeve superare i confini, nel quadro di una collaborazione multilaterale che giabbiamo avviato con Europa,Usa e Canada. Luigi Dell’Aglio