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 2008  ottobre 10 Venerdì calendario

La Stampa, venerdì 10 ottobre Tutti in salvo dal decreto salva-banche. La parola d’ordine, non esplicita ma comune, che da ieri circola nel mondo del credito, è questa

La Stampa, venerdì 10 ottobre Tutti in salvo dal decreto salva-banche. La parola d’ordine, non esplicita ma comune, che da ieri circola nel mondo del credito, è questa. In primo luogo perché tutti gli istituti condividono l’opinione - espressa dal premier Silvio Berlusconi ma anche dal Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi - per cui oggi non esistono in Italia situazioni a rischio, e in assoluto nessun banchiere ventila al momento la necessità o la possibilità di una ricapitalizzazione che superi i programmi già decisi e approvati dalla stessa Bankitalia. Ma anche, come è ovvio, perché nessun istituto di credito ambisce a vedere entrare il Ministero dell’Economia nel proprio capitale o nel consorzio di garanzia di un eventuale aumento che dovesse varare. E in fondo proprio il ministro Giulio Tremonti ha offerto ai manager bancari il massimo incentivo a evitare l’abbraccio pubblico, quando ha spiegato che in caso di intervento pubblico chi ha sbagliato dovrà andare a casa. Insomma, i banchieri non prevedono cataclismi in arrivo e non ci tengono proprio a finire sotto tutela. Anche perché, come ha detto ieri il presidente dell’Abi Corrado Faissola a nome della categoria, «non hanno sbagliato». Qualche commento in più potrà arrivare già oggi dai «big» del sistema: L’ad di Unicredit Alessandro Profumo e quello di Intesa Sanpaolo Corrado Passera, sono a Washington per i lavori del Fondo monetario internazionale. «La preoccupazione di Tremonti era che i contribuenti pensassero che il governo facesse la grazia a tutti anche a chi ha sbagliato. Ma questa cosa riguarda la Banca d’Italia nella sua funzione di Vigilanza», ha spiegato ieri Berlusconi, raccogliendo l’apprezzamento di via Nazionale. E del resto, il testo pubblicato ieri chiarisce che Bankitalia avrà un ruolo sostanziale - se mai il provvedimento dovesse essere applicato - sia in tutta la fase istruttoria per certificare lo stato di necessità di una banca, sia attraverso una gamma di strumenti tra cui finanziamenti di emergenza garantiti in ultima istanza dallo Stato. La scommessa delle autorità di Vigilanza e di governo pare comunque essere proprio quella che lo strumento messo a punto serva soprattutto a dare sicurezza ai risparmiatori e a frenare la speculazione, mentre non ci sarebbe intenzione di utilizzare l’«arma finale» della nazionalizzazione parziale degli istituti di credito. Nonostante il profluvio di messaggi rassicuranti, però, ieri i titoli bancari non hanno imboccato tutti la strada del rialzo. Certo, è stato il giorno della resurrezione - si capirà nelle prossime sedute quanto duratura - di Unicredit, il cui titolo ha guadagnato il 9,2% arrivando a 2,67 euro. Può dipendere anche dal fatto che mentre giungono notizie rassicuranti sul consorzio - questo senza lo Stato - che dovrà se del caso sostenere l’aumento di capitale e che avrebbe già le adesioni per i 3 miliardi che rappresentano il suo impegno massimo, Unicredit si prospetta all’inizio dell’anno prossimo, e in assenza di brutte sorprese sugli attivi, come una delle banche più fortemente patrimonializzate in Europa. Ma simmetricamente è sceso l’altro peso massimo del panorama bancario italiano: Intesa Sanpaolo è calato ieri del 7,58% a 3,05 euro. Uno scossone che fonti vicine alla banca spiegano come assolutamente slegato dal livello di patrimonializzazione della banca e collegato invece al fatto che ieri gli operatori hanno scelto di liquidare la più resistente Intesa Sanpaolo per acquistare titoli bancari che erano molto scesi nelle ultime sedute. Tra chi vende non c’è però Romain Zaleski: la sua Tassara, su richiesta della Consob, ha fatto sapere che non ha diminuito la quota del 5,89% in Intesa Sanpaolo, e anzi che non ha venduto alcuna partecipazione e che non ha avuto richieste di rientrare da nessun finanziatore. Peraltro, chi si aspettasse l’indebitatissimo Zaleski angosciato davanti ai monitor di Borsa resterà deluso. Il finanziere è in questi giorni a Pechino, componente della squadra francese ai primi Mondiali di Bridge e di «sport mentali». Peggio di Intesa Sanpaolo ha fatto un’altra banca per la quale analisti e operatori prevedono una futura probabile ricapitalizzazione. La manovra del governo dà «sicurezza e tranquillità ai cittadini e ai risparmiatori», ha detto il presidente della Popolare di Milano Roberto Mazzotta, proprio mentre il titolo perdeva l’8,85% a 4 euro. Il decreto, tra l’altro, ha delle clausole specifiche per l’intervento nelle banche popolari, prevedendo ad esempio che il Tesoro non debba sottostare al limite di possesso dello 0,5% del capitale. Francesco Manacorda