Alberto Alesina, Il Sole-24 Ore 17/9/2008, pagina 1, 17 settembre 2008
Il Sole-24 Ore, 17 settembre I dipendenti di Lehman Brothers che lasciano con gli scatoloni gli uffici ricordano le immagini della crisi del 1929 e i media hanno subito sfruttato l’analogia
Il Sole-24 Ore, 17 settembre I dipendenti di Lehman Brothers che lasciano con gli scatoloni gli uffici ricordano le immagini della crisi del 1929 e i media hanno subito sfruttato l’analogia. Ma il paragone è errato: il crollo finanziario del’29 si tramutò in una tremenda recessione per clamorosi errori di politica economica. Dato, che questi sbagli non sembrano ripetersi, la crisi finanziaria di oggi potrà avere sì delle conseguenze sull’economia reale, ma nulla di paragonabile ad allora. Dopo il ”29 il Pil americano scese del 30% e la disoccupazione sali al 25%, l’economia europea soffrì quasi altrettanto. Oggi anche le previsioni più pessimistiche sugli Usa parlano di un paio d’anni di crescita negativa dell’1 o 2%. L’ordine di grandezza è totalmente diverso. Numerosi furono gli errori di allora che non dovranno essere ripetuti oggi. Il primo fu commesso dalla Fed che ritirava liquidità invece di fornirla al sistema. Il ragionamento scambiava la causa con l’effetto: siccome le banche avevano cessato di fare prestiti non avevano bisogno di liquidità. Un grave errore di teoria economica della relativamente giovane e inesperta Fed. Né la Fed di oggi né la Bce stanno neanche lontanamente ripetendo questo sbaglio. Il secondo fu politico: il presidente Herbert Hoover, che era un ingegnere e non un economista, non pose il veto alla famigerata tariffa Smooth Hawley che iniziò una guerra commerciale tra gli Usa e il resto del mondo. Il presidente ignorò la raccolta di firme di 1028 economisti, che lo scongiuravano di bloccare questo ritorno del protezionismo. Il risultato fu un collasso delle esportazioni americane con pesanti conseguenze sulla crescita e l’occupazione. Non solo, ma Hoover trasferì sull’Europa parte di questi costi, dato che anche gli europei adottarono politiche protezionistiche in risposta a quelle americane. Mentre la politica monetaria di oggi sembra in buone mani, sul nazionalismo economico invece bisogna mantenere la guardia elevata: tendenze protezionistiche sono rinate, come spesso accade in periodi difficili. Terzo errore: Hoover adottò una strategia punitiva contro gli "speculatori" di Wall Street, introducendo una serie di pesanti regole che limitavano le operazioni finanziarie. Invece che facilitare la stabilizzazione dei mercati finanziari, queste regole la ostacolarono. Anche oggi si respira un po’ di quest’aria. Alle più che giustificate critiche a chi ha contribuito a creare la crisi dei subprime e che dovrà pagare e sta pagando, si mescolano slogan un po’ superficiali su speculatori e regolamentazione dei mercati finanziari. Gettarsi a regolare può avere conseguenze altamente indesiderate. Furono regolamentazioni superficiali e la commistione di politica e mercati che contribuirono alla crisi del subprime (come ha ben spiegato Lugi Zingales sul Sole 24 Ore del 9 settembre). Il quarto: Hoover avviò delle politiche molto interventiste (per l’epoca) sulle contrattazioni salariali. Obbligò le imprese a non tagliare i salari nominali. In un periodo di recessione e di deflazione, molte aziende non riuscirono a mantenere i salari nominali costanti e chiusero i battenti. L’aver interferito in modo grezzo nel mercato del lavoro fini per essere controproducente: invece di mantenere il potere d’acquisto dei salari per sostenere la domanda, finì per ridurla aumentando la disoccupazione e la miseria. Infine lo stesso presidente non capì che in un periodo di recessione bisognava accettare una crescita del deficit pubblico. Invece decise di aumentare le imposte, e di molto, dando cosi un’altra scossa negativa all’economia. Oggi i Paesi che sono stati più virtuosi fiscalmente hanno lo spazio per far salire i deficit, quelli che hanno già un debito alto come l’Italia sono più in difficoltà, ma sicuramente questo non è il momento di alzare le tasse, che vanno invece ridotte controllando la spesa. La crisi del 1929, insomma, insegna che furono politiche economiche errate a causare le conseguenze per l’economia reale di una crisi finanziaria. La lezione su cosa fare e non fare è forte e chiara. Alberto Alesina