Sergio Romano, Corriere della Sera 9/10/2008, pagina 45., 9 ottobre 2008
Corriere della Sera, giovedì 9 ottobre Le riporto alcune frasi dette da Ahmadinejad davanti all’intera platea Onu: «La dignità e l’integrità e i diritti del popolo europeo e americano sono lo zimbello di pochi sionisti
Corriere della Sera, giovedì 9 ottobre Le riporto alcune frasi dette da Ahmadinejad davanti all’intera platea Onu: «La dignità e l’integrità e i diritti del popolo europeo e americano sono lo zimbello di pochi sionisti... minuscola minoranza che domina i mercati finanziari e i centri politici... Europa e America ubbidiscono a un piccolo gruppo avido e invadente e hanno perso ogni dignità, prigionieri dei delitti, delle minacce e delle trame dei sionisti». Parole raccapriccianti e sfacciatamente urlate. Parole per le quali il novello dittatore potenzialmente genocida ha ricevuto applausi a scena aperta e strette di mano. A che serve questa Onu? Che cosa consiglia il realismo in queste circostanze? Come si può continuare a puntare il dito contro la presunta irruenza di chi non vuole che un Paese con a capo un dittatore del genere possegga l’arma suprema? So che le mie domande e le mie proposte possono sembrarle provocatorie (motivo per cui non le pubblica quasi mai, ma non me la prendo minimamente perché so come la pensa) ma la prego di provare a rispondermi. Massimo Bassetti adrepans@libero.it Caro Bassetti, Conosciamo male il curriculum vitae di Mahmud Ahmadinejad. possibile che abbia partecipato al sequestro degli impiegati dell’ambasciata degli Stati Uniti nel 1979 e abbia partecipato con le formazioni dei pasdaran alla guerra contro l’Iraq fra il 1980 e il 1988. Sappiamo comunque che proviene dall’ala militante della rivoluzione iraniana e ha conquistato forti consensi popolari, quando era sindaco di Teheran, con una politica populista e uno stile demagogico. Ma il suo successo nelle elezioni presidenziali del 2005 fu dovuto principalmente a tre fattori: un diffuso sentimento di delusione per i risultati della presidenza del suo predecessore (il moderato Mohammad Khatami), lo scarso afflusso alle urne e la pessima reputazione nazionale del suo concorrente, l’ayatollah Rafsanjani, uomo abile e intelligente, ma incline a considerare i propri personali interessi non meno importanti di quelli dello Stato. Eletto al secondo turno, Ahmadinejad non ha mantenuto le promesse fatte durante la campagna elettorale e ha perso probabilmente una buona parte del consenso iniziale. Nonostante l’aumento del prezzo del petrolio, le condizioni economiche dei ceti sociali meno favoriti sono andate progressivamente peggiorando. Ne sono una prova alcune significative manifestazioni di malumore sociale, esplose quando il governo decise di razionare la benzina e di aumentarne il prezzo. Queste premesse possono servire a comprendere il tono delle sue dichiarazioni. Il nazionalismo, la rigorosa ortodossia religiosa, l’antisionismo e l’«anti-imperialismo» sono diventati i «diversivi» dei suoi focosi discorsi e dei suoi interventi nelle maggiori sedi internazionali. Leggendo le sue parole lei, caro Bassetti, prova sentimenti di indignazione. Giusto. Ma a me sembra più interessante cercare di capire perché un tale linguaggio possa suscitare simpatia in molti Paesi, non soltanto musulmani. Se debbo giudicare le azioni e le parole di un individuo, posso cavarmela con una censura morale. Se constato che quell’individuo dice parole gradite a una larga platea mondiale, non posso cavarmela sostenendo che i suoi estimatori sono tutti stupidi, ignoranti e incurabilmente faziosi. Debbo cercare di comprendere quali siano i punti di forza della strategia oratoria di Ahmadinejad. Il primo di essi è la politica internazionale della presidenza Bush. La frettolosa e inconcludente guerra afghana del 2001, le false motivazioni della guerra irachena, la frequente violazione di alcuni principi giuridici nazionali e internazionali( Guantanamo, Abu Ghraib, le «consegne straordinarie », le detenzioni a tempo indeterminato) e l’atteggiamento di passiva complicità di fronte all’ininterrotto aumento delle colonie israeliane nei territori palestinesi, hanno creato ondate di ostilità che Ahmadinejad ha saputo sfruttare. Il secondo punto di forza del leader iraniano è la questione palestinese. Mentre i principali Stati arabi badano soprattutto a non turbare i propri rapporti con gli Stati Uniti, Ahmadinejad può permettersi di cavalcare i sentimenti di rabbia e di frustrazione delle società musulmane. Ogni qualvolta i giornali riferiscono che Israele prepara incursioni aeree contro l’Iran, Ahmadinejad guadagna consensi, non soltanto nel suo Paese. Il terzo punto di forza è il nazionalismo iraniano. Il boicottaggio degli Stati Uniti e il modo in cui Washington ha lasciato cadere alcune aperture iraniane all’epoca di Khatami, hanno garantito ad Ahmadinejad un certo sostegno popolare. Se un referendum chiedesse oggi agli iraniani: siete favorevoli alla sospensione dell’arricchimento dell’uranio?, la risposta sarebbe molto probabilmente un sonoro «no». Sergio Romano