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 2008  ottobre 08 Mercoledì calendario

l’Unità, mercoledì 8 ottobre «Il ciclismo deve essere fermato. Io denuncio e continuerò a denunciare il doping perché amo questo sport e non ho paura di nessuno, nonostante abbia tanto da perdere, anche perché non c’è una volta che quello che ho detto non sia poi accaduto e se è successo ho le spiegazioni»

l’Unità, mercoledì 8 ottobre «Il ciclismo deve essere fermato. Io denuncio e continuerò a denunciare il doping perché amo questo sport e non ho paura di nessuno, nonostante abbia tanto da perdere, anche perché non c’è una volta che quello che ho detto non sia poi accaduto e se è successo ho le spiegazioni». Parole e pensieri di Ivano Fanini, 57 anni, un bel po’ spesi a fare la Cassandra sul doping nel mondo del ciclismo. Il presidente dell’«Amore & Vita» non ha mai smesso di denunciare questa piaga. Anzi, di recente ha dichiarato che di doping si muore. Fanini, ha anche le prove di quello che afferma? «Un centinaio di morti tra i professionisti e altrettanti tra i cicloamatori, spesso dimenticati, mi sembra che possano bastare. Guardi che ne farei a meno di andare in giro a denunciare cose e persone se il mondo del ciclismo fosse pulito. Io dico la verità e sfido chiunque a denunciarmi, a querelarmi, così i giudici potranno indagare in profondità ciò di cui vado parlando da circa dieci anni. Denunciatemi, non aspetto altro, cosa posso fare di più! Ho scelto di lottare contro il doping e finché avrò fiato lo farò nei modi e nei tempi che reputo opportuni». Sei suoi ragazzi sono scomparsi negli ultimi anni: Fois, Cox e Galletti, ma gli altri tre chi sono? «Delben è stato trovato morto nel letto dalla moglie, in viaggio di nozze. Ramacciotti è deceduto mentre giocava a tennis, si è chinato per raccogliere una pallina e non si è più rialzato. L’ultimo è un dilettante, il cui nome, non so perché, non vogliono che si sappia: se n’è andato mentre giocava a calcetto. Correva nella nostra squadra all’inizio degli anni ’90. morto qualche anno dopo...». Anche Piepoli sembra aver commesso l’errore di Riccò… «Logico. Che anche lui fosse dopato per me non è una sorpresa, ha preso meno roba e ci è voluto di più per trovarla, tutto qua. Ma quando l’anno scorso lo hanno beccato con i certificati fasulli perché non sono intervenuti? Perché non lo hanno squalificato? Come Riccò, mi dispiace ma andrebbe radiato, non è la prima volta che lo beccano con i valori sballati e ha solo 23 anni. Ora tanti giornalisti stanno prendendo le sue difese per fargli dare una squalifica più leggera e questa è una vergogna: se ha collaborato è soltanto perché lo hanno preso con le mani nel sacco, altrimenti avrebbe continuato a stare nell’omertà e a prendere in giro tutti». La maggior parte dei ciclisti fanno gli struzzi finché non cadono nella rete. «Sono consigliati male, gli dicono di restare omertosi, al massimo si beccano due anni, poi faranno appello. Cercano di uscirne con il minor danno possibile, i soldi non gli mancano e il sistema continuerà a premiarli». Molte delle sue accuse sono circostanziate con tanto di nomi e cognomi: secondo lei perché nessuno la querela? «Pantani disse che mi avrebbe querelato ma non l’ha fatto. Bettini potrebbe sempre farlo, ma sono sereno perché in vita mia non ho mai raccontato bugie. Io ho due amori, la famiglia e il ciclismo, e in entrambi questi ambiti ho sempre improntato il mio comportamento alla correttezza e alla trasparenza. Da quando ho iniziato a denunciare tutto e tutti la mia squadra vince pochissime gare di un giorno, se accade è per sola fortuna o perché ho dei talenti naturali sia in volata che in salita. Eppure avrei sponsor come la McDonald’s e capacità per fare uno squadrone imbattibile, ma ho deciso di fare la guerra al doping». Tra i pro circola il Cera: e tra i dilettanti e i ragazzi? «L’Epo lo prendono tutti o quasi. Juniores, dilettanti o donne che siano, hanno valori tra 48 e 51, quando per i carichi di lavoro che fanno dovrebbero avere 38-41 di ematocrito, ma se glielo chiedi negano di usarlo». Il presidente Di Rocco, a proposito delle sue esternazioni, l’ha invitata a portare in Procura le prove. Affermando un po’ sibillinamente che la sua squadra è tesserata in Polonia... «Iniziò con la famosa nave che a Brindisi trasportava tutte le squadre del Giro d’Italia, se le avessero prese allora non ne avrebbero trovata una pulita, compresa la mia, ma ci fu una soffiata. Lo scandalo sarebbe stato così forte che avrebbero per forza dovuto inasprire leggi e squalifiche. Da allora ogni volta che parlavo mi squalificavano, un modo come un altro per tapparmi la bocca. Così portai la mia squadra in Inghilterra, poi in Polonia grazie anche alla mia amicizia con Giovanni Paolo II. Perché Di Rocco non dice quante squadre italiane sono tesserate qui? Io credo poche. E, comunque, vanno all’estero per ovvi motivi, che non sono certo i miei». Chi è Armstrong, riletto oggi? «Un corridore avanti di vent’anni su tutto ciò che è doping, mentre i nostri lo sono, ma solo di dieci. Se al Giro d’Italia e al Mondiale non hanno ancora beccato nessuno è solo perché i controlli non hanno funzionato. In Francia li stanno perfezionando, ma da noi si prende solo in giro la gente. Com’è possibile che dei corridori vadano forti come le moto? Se fosse vero avremmo dei fenomeni». Cosa si può e si dovrebbe fare? «Inasprire le pene. Se io squalifico un corridore 5 anni, 4 se collabora, poi alla seconda lo squalifico a vita, così come il suo ds o team manager che sia, vedresti come cambierebbero le cose. Ma evidentemente non si vogliono cambiare. La Milram, per esempio, ha cacciato Stanga, gli ha dato dei soldi per stare fuori: perché l’Uci e la Federazione non hanno fatto niente? Perché non sono intervenuti?». Lei ha detto che i ciclisti pizzicati quando smettono di correre da dopati si danno ad altre dipendenze, come la cocaina. più facile credere, però, che questa ci sia stata anche prima: cosa ne pensa? «Penso che molti atleti professionisti, non solo nel ciclismo, facciano uso di cocaina, donne, feste e cavolate del genere. Poi c’è l’aspetto della depressione, del campione che è lasciato solo e diventa facile preda di queste porcherie. Adesso va molto di moda anche il viagra, quasi tutti i ciclisti ne fanno uso per nascondere altro». Di fronte a tutto questo perché non andarsene? «Perché posso aiutare qualcuno a smettere di correre e a collaborare con i Nas, come ho già fatto con quattro-cinque. Ancora oggi mi ringraziano per averli tolti da una brutta situazione. Perché voglio dire basta ai Basso e a quelli come lui, che continuano a prenderci in giro. Perché nel ciclismo, così come in altri sport, ci sono troppi ex, come Moser e Saronni, tanto per fare un esempio concreto, che replicano pratiche delle quali sono stati i precursori». Francesco Caremani