Paolo Colonnello, La Stampa 7/10/2008, pagina 11, 7 ottobre 2008
La Stampa, martedì 7 ottobre Quando il pm Eugenio Fusco finisce di fare i suoi conti e tira finalmente le somme, nell’aula del processo Parmalat c’è un attimo di sbandamento: «13 anni, senza attenuanti, per Calisto Tanzi
La Stampa, martedì 7 ottobre Quando il pm Eugenio Fusco finisce di fare i suoi conti e tira finalmente le somme, nell’aula del processo Parmalat c’è un attimo di sbandamento: «13 anni, senza attenuanti, per Calisto Tanzi. Quello di Parmalat è stato un aggiotaggio irripetibile», dice. E poi, a seguire, 6 anni per l’ex funzionario di Bank Of America, Luca Sala, 5 anni per il suo compare Luis Moncada e 3 anni e 6 mesi per un altro funzionario Antonio Luzi; 5 anni per l’ex consigliere d’amministrazione «indipendente» Luciano Silingardi; 5 per il suo collega Paolo Sciumè e 4 anni per Enrico Baracchini; 3 anni e 6 mesi per il responsabile del comparto venezuelano, Giovanni Bonici; 900 mila euro di sanzione infine per l’unico soggetto giuridico imputato, l’Italaudit ex revisori GrandThorton. «Signor presidente - incalza il pm Fusco - è vero che gli imputati sono tutti incensurati ma quando ci si trova di fronte a un reato perpetrato per anni e anni, non sempre si possono tenere in considerazione delle attenuanti. Dell’enorme danno causato ai risparmiatori, questi se ne sono sempre infischiati. E allora...». I superstiti di un processo che aveva già visto altri 11 patteggiamenti tra i protagonisti di uno dei più grandi scandali imprenditoriali e finanziari degli ultimi anni, vedono i loro avvocati vacillare. Perché una richiesta del genere, per un reato come l’aggiotaggio, seppure così «grave e irripetibile», ancora in Italia non si era mai sentita. E loro, che erano rimasti al dibattimento convinti di potersela cavare alla fine con pochi danni, si trovano improvvisamente su una graticola dalla quale sarà difficile scendere. Almeno in questo primo grado di giudizio. «Sapevano e hanno taciuto», conclude la sua requisitoria il procuratore aggiunto Francesco Greco. Perché in fondo il reato di aggiotaggio altro non è che una variante dell’omertà mafiosa in campo finanziario. E diventa subito chiaro che quello dei magistrati milanesi è un monito preciso che in tempi cupi come questi suona assai sinistro per i protagonisti della «finanza creativa». Il processo Parmalat doveva essere un banco di prova per i futuri dibattimenti che ancora annaspano nelle udienze preliminari, dalla scalata Antonveneta a quella Bnl-Unipol, fino all’inchiesta ancora in itinere sui derivati. Per questo il finale affidato al procuratore aggiunto Francesco Greco diventa sferzante soprattutto con il sistema bancario, anche se nel mirino si ritrova ora solo Bank Of America, in questo caso citata per responsabilità civile e per il ruolo che giocarono i suoi due ex funzionari, Luca Sala e Luis Moncada, seduti idealmente sul banco degli imputati. I prodromi di quanto sta accadendo in questi giorni nel mondo occidentale, per i magistrati si ritrovano già tutti lì, a Collecchio, nella sede del lattaio più famoso d’Italia, il cavalier Calisto Tanzi. «Nessuno venga a dire di non esserci stato» aveva avvertito la settimana scorsa il pm Carlo Nocerino nella prima parte della requisitoria. Non le grandi banche internazionali, che però sono a giudizio in un processo separato che ora rischia di ricominciare da capo per un vizio di forma; non i cosiddetti «amministratori indipendenti» che in cambio di sontuosi gettoni e prebende professionali di varia natura non si accorsero mai dei suggestivi bilanci di Collecchio dietro i quali si nascondevano vertiginose voragini finanziarie. Non i sindaci, i revisori dei conti, gli analisti che si guardavano bene dal segnalare le palesi incongruenze dei bilanci. Non le banche che continuavano ad emettere bond per finanziare una struttura decotta, facendo ricadere i costi sui piccoli risparmiatori. Ma i pm l’hanno chiarito subito: «Questo è soprattutto il processo a Tanzi, è lui il vero artefice di tutto». E sarà lui a pagare di più. I suoi difensori, Giampiero Biancolella e Fabio Belloni, commentano: «Sorprende la discrasia tra le pene patteggiate e questa richiesta esorbitante». E Tanzi ha commentato: «Una richiesta di pena esagerata per il ruolo che ho effettivamente avuto in questa vicenda». Paolo Colonnello