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 2008  ottobre 06 Lunedì calendario

Studiare da Mata Hari. Abiti sexy, eleganti, occhiali scuri: il primo giorno di scuola delle donne-spia

Studiare da Mata Hari. Abiti sexy, eleganti, occhiali scuri: il primo giorno di scuola delle donne-spia. Il primo giorno di scuola per spie è nell’aula magna dell’Università di Cosenza. Sono 51 aspiranti 007, rigorosamente selezionati da tutta Italia, tra loro ben 17 sono donne. Più di un terzo di quanti si specializzeranno nel primo «Master in Intelligence» appartengono al gentil sesso. Frequentare in Calabria una scuola in parte dedicata al contrasto della ’ndrangheta, non è roba per mammolette. Le Mata Hari del futuro sono gran belle donne, età media 30 anni, molte le laureate in legge, alcune madri di famiglia, ma tutte spinte da inguaribile passione per il mondo dei servizi segreti. «Questo afflusso di donne non può che farci piacere - dice Mario Caligiuri, Direttore del master - Difficile superare i pregiudizi, ma in Calabria ci siamo riusciti». Tra i tanti esperti in materia farà lezione il giudice Rosario Priore, i generali Carlo Jean e Fabio Mini, l’ ex direttore del Sisde Vittorio Stelo, l’ex Presidente della Commissione Antimafia Francesco Forgione. Francesco Cossiga è presidente onorario del comitato scientifico, e da casa segue tutto via teleconferenza. Le novelline e i duri Con le «novelline» sui banchi gente già del mestiere, sono Ufficiali dell’ Esercito, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza. Alcuni veterani di missioni «fuori area», persone che hanno svolto compiti delicati si mimetizzano tra le colleghe di corso. Tra le matricole in gonnella, molte sono in tiro da discoteca, ma non trattengono l’ euforia di trovarsi in mezzo a tanti «duri» di professione. Un giovanissimo comandante dei Carabinieri, con esperienze in Libano e per anni operativo nella zona di Locri, prende appunti della lezione introduttiva di Caligiuri e sbircia il block notes della bionda Adele Greco, avvocatessa bolognese in tacchi a spillo, che siede davanti a lui. La ragazza fa coppia fissa con la bruna Valeria Biafora, penalista calabrese: «Il vero sogno sarebbe entrare nei servizi». Quando le due si alzano per consegnare il questionario, coscia lunghissima e tacco 12 da Charlie’s Angels, la «copertura» dei loro colleghi va a farsi benedire e comincia lo scambio dei numeri di cellulare. Per confermare il nuovo corso il benvenuto «istituzionale» ai corsisti arriva da un’incantevole signora: è Adriana Piancastelli, la responsabile del centro documentazione e stampa del Cesis. Anche lei bionda ed elegantissima esordisce affermando che «Togliere i veli all’ intelligence, fa bene all’ Intelligence», spiega il compito delicato di «Gestire la paura e l’ incertezza» parla di open sources, di sicurezza per i figli....Insomma sembra veramente che il tocco femminile sia la costante della scuola di spie. Tra le allieve anche Giovanna La Terra, comandante della polizia Municipale di Gioia Tauro. E’ femmina, ma non certo un’acqua cheta. «Ho i gradi di Generale, due anni fa però mi sono vestita di nero e ho fatto lo sciopero della fame sotto al palazzo della Regione!». Si erano inventati una legge per non pubblicare le delibere su appalti e consulenze, lei si è messa di mezzo e hanno dovuto fare marcia indietro. Ora studia da spia. Le Bond Girl Tra le Bond Girl del Cosentino, però il caso più singolare è quello di Eleonora Bonaldi. Una trentenne di Verona emigrata in Calabria perché spera di trovare lavoro nei servizi segreti. «Se serve, per mantenermi al corso farò la baby sitter. Due anni fa mi sono laureata a pieni voti in Scienze Diplomatiche a Gorizia, ma dopo aver provato ogni strada sono ancora disoccupata».: Una tesi sperimentale di 400 pagine sugli errori della diplomazia nei tre conflitti del Kosovo, Afghanistan, Iraq. Per documentarsi Eleonora ha passato mesi in Israele, a Boston, in Francia. Fino a che qualcuno le ha detto che per entrare in diplomazia è utile frequentare la corte di un politico. Una sera è stata avvicinata da un paio di portaborse che l’ invitavano a una «festicciola tra amici che potevano aiutarla». Lei ha capito l’aria, così è tornata nella sua Bussolengo. Però il suo eroe è il generale Jean: «Non ci posso credere che potrò parlarci». Sbatte gli occhioni commossa, ma subito dopo inforca gli occhiali scuri. Nel gergo dei servizi i giornalisti sono classificabili tra le «fonti aperte»: vanno usati, ma senza dar loro troppa confidenza, ed Eleonora sta già imparando.