Stefano Lepri, La Stampa 4/10/2008, pagina 2, 4 ottobre 2008
ROMA Con il via libera di Regioni e Comuni, il consiglio dei ministri ha approvato ieri il disegno di legge sul federalismo fiscale
ROMA Con il via libera di Regioni e Comuni, il consiglio dei ministri ha approvato ieri il disegno di legge sul federalismo fiscale. E’ una delega, che il governo dovrà attuare entro due anni dal sì del Parlamento. Dopo si avrà una fase transitoria. Il Partito democratico muove critiche, ma è disposto a discutere. La promessa è che responsabilizzando gli amministratori locali si frenino le spese e le tasse. Ma i numeri non si sapranno per molto tempo. Nella stessa riunione, il governo ha anche distribuito denaro agli enti locali. Un decreto-legge stanzia circa 1,5 miliardi di euro: 434 milioni alle Regioni per evitare che nel secondo semestre 2009 debbano reintrodurre il ticket sulla diagnostica; 260 milioni ai Comuni per rimborso dei mancati introiti Ici, 500 milioni per Roma, 140 per il dissesto del Comune di Catania. Proprio perché si tratta di una «riforma storica», spiega il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, è «giusto e saggio» darsi un tempo di due anni; «l’entrata in vigore potrà essere differita se le condizioni lo richiederanno». Nell’attesa dei numeri, gli enti locali danno giudizi cautamente positivi. Sul rischio che la riforma costi punta Linda Lanzillotta, ministro ombra del Pd: «Tre miliardi di euro per una vittoria politica della Lega». Controllo dei cittadini L’ idea originale era che ogni tipo di ente locale avesse la sua imposta, in modo che i cittadini potessero confrontare livello della tassazione e servizi prestati. Nella versione approvata ieri, a tutti e tre i livelli si avrà una compartecipazione all’Irpef. Le Regioni conserveranno l’Irap (di cui possono manovrare l’aliquota) e otterranno in più una compartecipazione all’Iva. Responsabilità La soluzione Irpef piace a molti amministratori per due motivi. Primo, di questa imposta i cittadini attribuiscono la responsabilità allo Stato centrale, anche quando gli enti locali ne manovrano le addizionali, come accadrà per Regioni e Comuni. Secondo, l’Irpef è l’unica imposta che cresca più in fretta del prodotto lordo: in prospettiva le risorse destinate agli enti locali dovrebbero aumentare. Autonomia Gli enti locali potranno istituire nuove imposte in aree a loro riservate. Le Regioni avranno margini più ampi; i Comuni potranno istituire «tributi di scopo» legati al turismo (tassa di soggiorno) o alla mobilità urbana; e le province anche. «Alla maggiore autonomia impositiva - assicura il governo - corrisponderà una riduzione dell’imposizione statale»; «ad ogni trasferimento di funzioni dallo Stato alle autonomie dovranno corrispondere trasferimenti di personale». Chi spende tassa A ogni ente locale sarà dato non in proporzione a quanto ha speso fin qui (spesa storica) ma a quanto serve per finanziare con «una media buona amministrazione» (costi standard) le funzioni che svolge. Calcolare i costi standard sarà complicato («dovremo fabbricare una banca dati condivisa» dice Tremonti); solo per la sanità il lavoro è a buon punto. Il passaggio al nuovo sistema sarà «non traumatico» e graduale. Nord e Sud Una ripartizione basata sull’Irpef, qualora non corretta, darebbe molti più soldi al Nord e molti meno al Sud. Dunque, per le sole «funzioni essenziali» delle Regioni e «funzioni fondamentali» per Comuni e province, «sarà assicurata l’integrale perequazione». La Regione Sicilia all’ultimo momento non ha ottenuto il privilegio che nella bozza precedente le era riconosciuto, una quota del gettito delle «accise» (imposte in cifra fissa) sui prodotti petroliferi.